I quattro A-Mori Rossoblù è una bella storia dal profondo del calcio, esattamente del Cagliari Calcio, scritta dagli alunni delle prime due classi, sezioni F e H, del Liceo Giovanni Maria Dettori di Cagliari, capitanati dal Dirigente Scolastico, prof. Marcello Garbati, e dal corpo docente composto da Prof.ssa Maria Lucia Sancassano, Prof.ssa Fatima Carta, Prof.ssa Maricilla Cappai e Prof Francesco Murtas. E' dedicata a tutti i cagliaritani di adozione, al loro amore per la città e per la Sardegna, ai valori positivi dello sport, per abbracciarli con la vita e per viverli con passione.
La storia è il frutto del progetto “Il CalciaStorie” che nasce dall’incontro tra la Uisp – Unione Italiana Sport Per tutti, da sempre impegnata sul fronte dell’integrazione, della multiculturalità e dell’antirazzismo, e la Lega Serie A, che ha reinvestito nell’iniziativa i fondi derivanti dalle multe erogate dalla giustizia sportiva per sanzionare comportamenti razzisti e violenti negli stadi di calcio italiani. Scopo del progetto era quello di promuovere, specialmente fra i giovani delle scuole superiori e nelle squadre giovanili di calcio, l’intercultura e la lotta contro ogni forma di discriminazione.
La memoria scritta dai ragazzi inizia così “Forse l’isola dei sardi non è Atlantide, forse non è neppure Scheria, l’isola di Nausicaa dalle bianche braccia, ma certamente la Sardegna è un luogo in cui lo straniero, una volta approdato, non va più via.”
Il percorso del lavoro di tanti alunni d’Italia ha posto al centro il recupero della memoria attraverso il racconto di quindici storie di calcio che hanno vissuto, ognuno in modo diverso, esperienze di discriminazione o di integrazione; gli alunni del Liceo Dettori di Cagliari hanno lavorato alla costruzione della storia di alcuni giocatori del Cagliari Calcio che in passato, e ancor oggi, sono stati contagiati da quel “Mal di Sardegna”.
“Non c’è stereotipo o pregiudizio che colpisca gli immigrati di oggi che non sia stato già rivolto, un secolo o solo pochi anni fa, a noi sardi. La Sardegna viene ancora identificata da molti come “terra di pastori e terra di banditi”, ma, in realtà è, per coloro che non hanno pregiudizi, un luogo ricco di storia, cultura e bellezze naturali. E ospitalità. Per secoli e fino a tempi molto recenti si usava l’espressione "Ti mando in Sardegna!", come minaccia soprattutto per poliziotti e militari, nulla di molto diverso dell’antica condanna ad metalla ai tempi dei Romani. Però, una volta conosciuta questa terra, aspra e ruvida solo all’apparenza, chi viene spesso vi rimane e queste sono le storie di chi ha fatto della Sardegna la propria casa. Di Cagliari in particolare.”
All’interno del racconto si susseguono quattro semplici storie di integrazione di giocatori italiani, Luigi Riva e Giuseppe Tomasini, lombardi di origine, e due stranieri provenienti rispettivamente dal Brasile, Barroso Luis Oliveira, e dall’Honduras, Carmelo David Suazo Velásquez, simbolicamente rappresentanti di diverse decine di altri giocatori del Cagliari Cacio che hanno scelto Cagliari e la Sardegna come loro luogo di residenza una volta dismessi i panni di calciatore.
Non è stato facile per gli alunni scegliere la storia da raccontare ma soprattutto quali storie rivelare, potevano raccontarne tantissime altre, piccoli racconti di episodi di razzismo subiti in campo dal peruviano Julio Cesar Uribe (il primo episodio di razzismo in Italia in un campo di gioco) o dal camerunense Patrick Mboma (al quale un presidente di una società di calcio professionistica gli ha negato il trasferimento perché la piazza non sopportava un giocatore di colore nero), o quella di Daniele Dessena, attuale centrocampista del Cagliari, una compagna, un bimbo, è stato insultato in campo e sul web per la sua scelta di mettere alle scarpette i lacci arcobaleno contro l’omofobia.
Scrivono i ragazzi “Senza demagogia, sommariamente Cagliari e la Sardegna rappresentano un’isola felice dove gli episodi di razzismo e di omofobia rimangono isolati e fini a se stessi, non attecchiscono facilmente e rimangono confinati nell’ambiente di pochi esaltati ignoranti. Le storie di amore per la città di Cagliari, per l’isola sono storie di orgoglio, di fatica e di sacrificio, che abbiamo voluto raccontare, sono storie semplici e comuni a tante altre; non è una storia di una persona, non sono storie di pochissime persone, sono storie di tantissimi calciatori che si sono integrati bene a Cagliari al punto di farne la loro città adottiva.” E ancora “Semplici giocatori capaci di farsi amare fuori dalla propria patria e dalle loro città native, per certi versi un po’ simili (ma con destinazioni differenti) a quella del sardo Gianfranco Zola a Londra (più che a Napoli), dove la società “Transport for London” gli ha intitolato il capolinea Richmond della metropolitana londinese.”
Nel percorso della memoria di queste storie di integrazione il pensiero dei ragazzi corre inesorabilmente ad altre “Storie un po’ come quelle in altri campi artistici, per esempio del genoveseFabrizio De André e il suo amore per la Sardegna “Mi sento più contadino che musicista. Questo è il mio porto, il mio punto d’arrivo. Qui voglio vivere, diventare vecchio”, nonostante le sue disavventure con la moglie Dori Ghezzi che nel 1979 restarono prigionieri dei loro rapitori per ben centodiciassette giorni. Da quella esperienza il cantautore genovese seppe trarre e trasmettere una grande lezione, artistica e di vita.”
Ai nostri “quattro ‘A’-Mori Rossoblù”, titolo nato un po’ per gioco tra la parola Amore e il simbolo della Sardegna e del Cagliari Calcio, i 4 Mori, così come a tutti i giocatori del Cagliari Calcio, che hanno amato e si sono fatti amare dalla Sardegna, e dalla Città di Cagliari in particolare, e soprattutto a quelli che hanno scelto di rimanervi per sempre, non può che andare il più sincero ringraziamento per le tante emozioni che hanno saputo regalare all’isola sui campi di calcio, “rendendola invincibile come mai le era capitato nella sua storia” così come scrisse il giornalista cagliaritano Nanni Boi.
“A si biri in paxi e cun saludi (traduzione dal sardo “Arrivederci in pace e con salute”)” termina la storia che avrà un continuo nel prossimo avvenire perché, ci scommetteremo, saranno altri giocatori ad essere inesorabilmente colpiti da quel “Mal di Sardegna”, l’ultimo della lunga lista è stato quel “Daniele Conti” figlio di Bruno, il Capitano, così come lo ricordano i tifosi cagliaritani.
A Milano in occasione dell’evento di chiusura de “Il Calciastorie”Vincenzo Manco, presidente Nazionale UISP ha dichiarato: “Con il CalciaStorie abbiamo raggiunto migliaia di giovani in tutta Italia, che hanno risposto con creatività ed entusiasmo. Il calcio può migliorare la convivenza civile e la vita quotidiana, combattendo le discriminazioni e il razzismo”.
Ed è stata effettivamente così, un'esperienza bella, positiva, educativa, condivisa con tanti alunni e coordinatori di tutta Italia il giorno della memoria a Milano in occasione dell'evento conclusivo finale.
UISP Cagliari attraverso la sua Lega Calcio ha così voluto peronare, col suo impegno nel coordinamento locale di questo progetto, la vita di Cagliari e della Sardegna inclinata ad un quotidiano SI ad ogni forma di inclusione e integrazione, noi cagliaritani l'abbiamo provato, è stato ed è ancora bellissimo. Proviamolo tutti perché è bellissimo. Per non dimenticare mai ...
(fonte ufficio stampa UISP Cagliari)