Nazionale

#DopOut: Alex Schwazer e Sandro Donati faccia a faccia con gli studenti

Il progetto Uisp si rivolge ai giovani per trasmettere maggiore consapevolezza sul problema doping. Parlano A. Schwazer e S. Donati

 

Giovedì 5 aprile presso l’aula magna della scuola paritaria cattolica Arcivescovile di Trento è stato organizzato un incontro sulla legalità con Alex Schwazer e Sandro Donati. Successivamente a questo incontro, è stato dato spazio agli studenti per presentare il progetto #DopOut promosso dall'Uisp, ai 500 coetanei  presenti in sala.

“E’ stata la possibilità - conferma Andrea D’Andretta responsabile del progetto - per mettere di fronte i ragazzi ad una storia molto conosciuta e far riflettere loro sulla complessità e sulle motivazioni che portano un atleta ad interessarsi al doping”. La mattinata si è sviluppata partendo dai successi di Alex, riflettendo sull’uomo fragile che doveva riconfermare le proprie prestazioni e su un mondo spietato, quello dello sport moderno, che pretende la vittoria e lo spettacolo ad ogni costo.

“E’ stato importante capire - continua D’Andretta - che utilizzare sostanze dopanti può essere davvero dannoso per la propria salute e che l’ossessione per la vittoria rischia di portare l’attenzione ad aiuti esterni di ogni tipo sottovalutando l’impegno e le capacità personali”.

“Penso che il messaggio più importante che si siano portati a casa i ragazzi sia che uno sport pulito sia ancora possibile e che loro sono i futuri protagonisti di quel mondo; il fatto che i due ospiti abbiano lasciato feedback molto positivi sul progetto, ha dato loro maggiore consapevolezza dell’importanza educativa delle loro azioni per i loro coetanei”.

La marcia è fatica e tecnica, parola di Alex Schwazer. Ma anche polvere. Nel giugno 2016 la «non negatività» delle sue urine comunicata a ridosso dell’Olimpiade di Rio, costò a Schwazer (recidivo) la squalifica di 8 anni. Il caso non è affatto chiuso, il giallo delle sue urine è nelle mani del laboratorio di Colonia e il tribunale di Bolzano ha scoperchiato il pentolone, inchiodando nel gennaio 2018 alle loro responsabilità alcuni personaggi con incarichi federali.

ASCOLTA L'AUDIO del GrsWeek realizzato dal Giornale radio sociale con gli interventi di Schwazer e Donati

Il doping è un fenomeno complesso e grave, dove a debolezze ed errori individuali si addizionano responsabilità dell’intero sistema sportivo, in alcuni casi infiltrato da pratiche e personaggi che appartengono alle mafie e alle criminalità organizzate. Non a caso l’associazione Libera, presieduta da Luigi Ciotti, insieme a Sandro Donati, stanno accompagnando Schwazer in questo suo percorso di denuncia.  Qual è il nemico principale?  “La solitudine – spiega Schwazer – e invece è importante parlarne, io non ho trovato le persone giuste con cui consigliarmi e dalle quali ascoltare parole assennate. Io avevo vinto le Olimpiadi di Pechino. Vedevo la scorciatoia a portata di mano. Al tempo d’oggi tutto deve essere veloce ed io ho sbagliato. Ha prevalso la debolezza e quando prendi la via del doping non sei più lucido”.

“Ho pagato per questo con una lunga squalifica. Poi nel 2016 ho deciso di mettermi alla prova e ricominciare. Grazie a Donati ho riscoperto la voglia di allenarmi ed ho pensato che con queste nuove motivazioni sarebbe stato bello tornare a gareggiare”.

Allora: per sconfiggere il doping occorre rompere il muro del silenzio e della solitudine. Progetti come #DopOut possono dare contributi concreti e positivi: “La mia esperienza oggi mi fa dire che è importante far capire ai giovani che il tema doping non deve essere un tabù, è un problema che esiste e se ne deve parlare – dice Schwazer - Se uno non ne parla e non incontra persone con esperienza da ascoltare, non se ne esce”. Non si capisce che il doping non fa miracoli, che ogni risultato costa sacrificio e allenamento. (Andrea D'Andretta e Ivano Maiorella)

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