Il 31 gennaio è morto a Brescia l'ex commissario tecnico della Nazionale Azeglio Vicini, che avrebbe compiuto 85 anni a marzo. È stato uno dei ct più amati della storia della nazionale di calcio italiana. Prese il posto di Enzo Bearzot sulla panchina azzurra dopo il fallimento dei Mondiali del Messico del 1986, quando l'Italia venne eliminata agli ottavi di finale dalla Francia di Michel Platini. Vicini ricostruì la nazionale sui ragazzi dell'Under 21: da Vialli a Giannini, Mancini e Zenga. Guidò l'Italia agli Europei del 1988 in Germania e soprattutto ai Mondiali di Italia '90 chiusi al terzo posto dopo la semifinale persa ai rigori a Napoli contro l'Argentina di Maradona. “Il ricordo di Vicini ci riporta ad un calcio d’altri tempi – commenta Alessandro Baldi, responsabile Struttura di attività calcio Uisp – Ci trasmette un’idea di calcio pulito, perché si tratta di una persona emblema di correttezza e trasparenza. Il calcio di quei tempi, leggero e senza drammatizzazioni, vicino e coinvolgente per il pubblico, si accosta bene all’immagine di persone come Vicini, o Bearzot prima di lui. Viene da pensare che una situazione come quella attuale della Figc e della Lega di serie A sarebbe stata inconcepibile a quei tempi”.
Infatti, giovedì 1 febbraio, si è riunita la Giunta straordinaria del Coni che ha nominato Roberto Fabbricini, segretario generale del Coni, commissario straordinario della Figc, mentre il presdiente Giovanni Malagò diventerà commissario della Lega Serie A. Si tratta delle due più importanti associazioni che governano il calcio italiano, ma la mancata elezione del nuovo presidente FIGC è stata l’ultima conferma delle divisioni fra leghe, club e associazioni calcistiche italiane: le stesse che impediscono e ostacolano le riforme di cui ha bisogno il movimento calcistico nazionale. Fra queste la Serie A è la più ingovernabile: da un anno infatti è senza presidente perché i dirigenti delle venti squadre del campionato non riescono a trovare un accordo per eleggerne uno. Alle elezioni federali si sono presentati tre candidati e in tre votazioni nessuno ha ottenuto i voti richiesti. Nel ballottaggio finale più del 59 per cento dei delegati ha votato scheda bianca, creando una situazione di ineleggibilità che ha portato al commissariamento da parte del CONI.
“È difficile non pensare che dietro a questo stallo ci sia più che altro il business, in queste elezioni si riflette il male del calcio attuale – continua Baldi - non si fa sintesi e non si riesce a esprime una persona che sia rappresentativa di tutti. Gli interessi governano tutto e il calcio è diventato prettamente un’impresa: oggi anche chi volesse realizzare una vera riforma troverebbe le barricate, un muro pronto a garantire i soliti gruppi di potere. Forse a quei tempi si viaggiava più con il cuore, almeno noi amanti del gioco più bello del mondo avevamo quest’impressione”. (Elena Fiorani)