Nazionale

Emergenza sanitaria, sport e carceri: il tempo sospeso

Da Roma a Milano per approfondire le proposte Uisp e la situazione di carceri e detenuti, con le limitazioni imposte dalla pandemia

 

L’arrivo, improvviso e quanto mai destabilizzante, del Covid-19 ha prodotto una sospensione nel corso delle vite di ognuno di noi. Stop ai contatti sociali, vite lavorative stravolte se non interrotte, affetti lontani e non raggiungibili. Ma cosa è accaduto a coloro i quali già vivevano da prima dell’emergenza sanitaria una sospensione del corso della propria esistenza? Cosa accade nelle carceri italiane, ora che a scandire le giornate non ci sono più visite, attività culturali e sportive, ma la paura di un contagio? Lo scopriamo da due punti di osservazione importanti: Roma con le voci di Gabriella Stramaccioni e quella di Cosimo Rega per farci giungere la voce di chi vive l’emergenza Covid-19 in un istituto di pena e quella di Paolo Strano, presidente della Onlus Semi di Libertà, per due iniziative legate al mondo del carcere, e Milano, con gli operatori Uisp che hanno realizzato attività on line specifiche per l'istituto minorile Beccaria.

Gabriella Stramaccioni, Garante delle persone private della libertà per il Comune di Roma, una lunga esperienza nell’associazionismo, prima con Uisp e poi con Libera, nazionale italiana di maratona, da sempre impegnata nella difesa dei diritti civili e per la giustizia sociale, ci racconta l’attuale situazione degli istituti cittadini: “A Roma ci sono cinque istituti penitenziari per adulti - spiega Gabriella - più un istituto minorile e un Cir a Ponte Galeria (per detenzione amministrativa). Abbiamo quindi circa tremilacinquecento persone che sono recluse negli istituti. C'è un forte sovraffollamento soprattutto a Rebibbia Nuovo Complesso ed a Regina Coeli. Con l’emergenza sanitaria sono state eseguite alcune misure, in realtà già previste ed attuate nel corso del tempo, come l’accesso a misure alternative alla detenzione al di sotto di dei 18 mesi di residuo pena, oppure la possibilità di accedere ai servizi sociali o alla detenzione domiciliare per gli over 60. Questo ha permesso, in questa situazione così difficile, di poter far uscire almeno 300 fra uomini e donne. Il mio impegno di Garante in questi mesi è stato concentrato proprio sull'individuazione di percorsi alternativi alla detenzione con continue sollecitazioni alla Magistratura di sorveglianza e soprattutto in stretto contatto con i servizi del comune di Roma, della Regione Lazio e del privato sociale, con l’obiettivo di limitare il rischio di contagio. Un lavoro di gruppo che ha permesso di far fronte alle innumerevoli richieste giunte. E’ stato deciso, inoltre, da parte delle autorità competenti il blocco dei colloqui con i famigliari e questo ha creato ulteriore stress, anche se sono stati predisposti colloqui telefonici e via Skype, sempre al fine di limitare i rischi”.

Un tema, quello dei percorsi alternativi alla detenzione, tornato alla ribalta nell’ultimo periodo non senza polemiche sulla stampa: “Sulle scarcerazioni è stata fatta tanta confusione - conclude Gabriella - è stato fatto passare il messaggio di una scarcerazione di massa tramite decreto, di detenuti per reati di mafia. Ovviamente non è così. Sono stati scarcerati solo tre detenuti anziani che non potevano essere curati in carcere. Il Codice Rocco del 1930 e la Costituzione hanno previsto il diritto alla salute anche in carcere".

Il tempo sospeso dell’emergenza Covid-19 riporta al tempo sospeso del carcere. Ce lo spiega Cosimo Rega, ora attore e regista, trentotto anni scontati di una pena che non terminerà mai: “La realtà che stimo vivendo oggi ricorda un po' la perenne condizione di limite che si respira dentro. Io che sono abituato a stare al chiuso sono, però, avvantaggiato. Scherzi a parte, non è facile per niente e mi ritengo fortunato perché posso andare a lavoro, dove sono attentissimi a prendere ogni precauzione, posso usare la mia auto senza dover prendere mezzi pubblici, posso comunicare con i miei figli grazie a Skype”.

La percezione del tempo, fra dentro e fuori sembra ora somigliarsi molto: “Stiamo vivendo un momento in cui si diventa malinconici con facilità. La malinconia, se vista dalla giusta angolazione, può essere fertile come la gioia. Ma non in carcere, lì non puoi distrarti, sfogarti con niente, sono bloccati anche gli incontri ed i colloqui con i familiari ed ecco che la malinconia porta all'incupimento e quando si è cupi nascono solo pensieri negativi e aumenta lo stress emotivo”.

Ed entra in gioco anche la paura: “Il terrore e l'ansia che da un momento all'altro qualcuno possa ammalarsi è un pensiero fisso e vivendo in spazi ridottissimi il contagio sarebbe veloce ed inevitabile. E' difficile riuscire a pensare positivamente in una condizione del genere. Non puoi difenderti, il contagio potrebbe avvenire in tanti modi. Quando poi il pericolo non si vede, mette ancora più timore e complica le relazioni fra detenuti. L’altro diventa qualcosa di cui aver paura, da cui star lontano. Del resto sono state la paura e ansia a generare le ultime rivolte in carcere”.

Una condizione resa ancor più complessa dall’assenza di possibili valvole di sfogo: “Sembra banale ma non lo è per nulla, lo assicuro. Lo sport è fondamentale durante la detenzione. Aiuta a scaricare tensioni, a sfogarsi fisicamente, a liberare la mente dai pensieri negativi. Ad oggi, in queste condizioni, non si può fare niente, nemmeno lo yoga e la meditazione, perché la dimensione ridotta delle celle non lo permette e spesso spazi e tempi non coincidono”.

Affrontare un tema come la vita in carcere durante una pandemia non trova terreno fertile. Anzi, spesso si tende a far confusione: “Se n’è fatta tanta, anzi tantissima sulle scarcerazioni. Chi non sa nulla del carcere può essere facilmente condizionato. Esistono la legge, la costituzione, il diritto alla salute, ma d’altra parte l'odio attira di più, produce più ascolti e fa notizia”, conclude Cosimo.

Nonostante il periodo per nulla facile che stanno vivendo le carceri in questo momento, c'è chi, rispettando le regole e le norme di sicurezza, non si è fermato. Parliamo di Paolo Strano, presidente della Onlus Semi di Libertà che nonostante le tante difficoltà di questi giorni, è riuscito a portare avanti insieme ad altre importanti realtà, due progetti validissimi. E' stata inaugurata pochi giorni fa l'iniziativa "Oltre il carcere", lo sportello di consulenza gratuita per i parenti dei reclusi. Un numero verde dedicato interamente al mondo del carcere ai suoi disagi e a quelli patiti dai familiari dei detenuti, bambini soprattutto.
Paolo è promotore anche del progetto “A piede libero”: l'idea nasce sempre dall'associazione Semi di Libertà Onlus che da anni si occupa del reinserimento nella società di persone in esecuzione penale. "Stiamo allestendo a San Lorenzo un laboratorio per la produzione di sandali artigianali, fatti a mano con materie prime italiane di ottima qualità. Ogni pezzo prodotto sarà unico". Il fine di questi progetti è quello di fornire ai detenuti impiegati una nuova visione della vita, che li porti ad abbandonare definitivamente quella cultura criminale con la quale erano entrati in carcere.

Anche a Milano, da molti anni l'Uisp interviene negli istituiti penitenziari per garantire la possibilità della pratica sportiva. Il progetto si chiama "Le porte aperte" e con l'arrivo dell'Emergenza Covid-19 il rischio era che l'attività si potesse fermare. L'Uisp ha invece portato il suo contributo all'interno dell'IPM Cesare Beccaria con una serie di video, registrati dall'istruttore Uisp Ivan Giuliani e coordinati dalla responsabile Renata Ferraroni, che propongono una sequenza di allenamenti da svolgere a corpo libero nelle rispettive celle dei ragazzi reclusi, così da permetter loro di continuare a praticare attività motoria, seppur in spazi ristretti e in modo autonomo.

Ma l'attività di Uisp è andata oltre, infatti sono stati organizzati una serie di incontri "live" con i trainer Uisp da effettuare presso le aule informatiche messe a disposizione dei detenuti per beneficiare dei colloqui coi rispettivi familiari. Il fine di tali video conferenze è mettere i ragazzi nelle condizioni di affrontare delle vere e proprie sedute di allenamento, offrendo una puntuale descrizione degli esercizi proposti e controllando direttamente l'esecuzione dei workout suggeriti.

"Il fine ultimo dell'attività sociale e motoria offerta negli istituti penitenziari - spiega Antonio Iannetta, dirigente Uisp – è mantenere un contatto fra 'il dentro e il fuori', creando un dialogo positivo attraverso lo sport per un futuro reinserimento nella società delle persone che hanno avuto problemi con la giustizia". "Siamo entusiasti di non esserci fatti fermare da questo momento di emergenza sanitaria – spiega Renata Ferraroni, responsabile del progetto – Il nostro lavoro e il nostro impegno, nonostante la situazione attuale, sono la nostra dedica al presidente Michele Manno, che è stato sempre molto vicino alle nostre attività e che negli anni ci ha supportato con la sua presenza e il suo lavoro. Ci mancherai Presidente". (di Simone Menichetti e Ilaria Nobili, Uisp Roma; redazione Uisp Milano)

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