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Il messaggio di Arrigoni: "Restiamo umani"

La morte di Vittorio Arrigoni è un colpo al movimento internazionale per la pace e per i diritti umani. Arrigoni era un volontario e collaboratore de Il manifesto, peacereporter ed AgoraVox Italia, rapito a Gaza da un commando di estremisti salafiti. Filippo Fossati, presidente nazionale Uisp: "Facciamo appello all'associazionismo e al movimento pacifista affinchè i funerali di Arrigoni rappresentino una grande occasione di vita, un modo per ritrovarsi e rilanciare i temi della pace, dei diritti umani, dell'impegno sociale. C'è un popolo dietro il messaggio di questo ragazzo. E' il momento per uscire allo scoperto e valorizzarne il sacrificio: Vittorio ha creduto sino in fondo alla possibilità di combattere l'ingiustizia che opprime il popolo palestinese, attraverso l'impegno e la testimonianza".

“Vittorio Arrigoni era un uomo di pace che non si era arreso alla brutalità di questo mondo e soprattutto alla indifferenza di tanti verso una situazione drammatica di tanti popoli come quello della striscia di Ghaza – dice Raffaella Chiodo, del Dipartimento internazionale Uisp - Aveva messo in gioco la sua vita per stare al fianco degli oppressi, per testimoniare come vivono due milioni di persone prigioniere a cielo aperto da ormai tanto tempo. La sua morte è ancora più ingiusta per il fatto che Vittorio era là proprio per il suo profondo senso di solidarietà umana, per invitarci tutti a ‘Restare umani’ , come diceva lui stesso, per un'informazione giusta che aiutasse a risvegliare la coscienza civile assopita dell'umanità”.

”In questo momento di profondo sgomento e angoscia, esprimo solidarietà e cordoglio ai familiari e a tutti suoi cari. La sua voce si è spenta. A tutti noi che alla pace crediamo caparbiamente e che proviamo ogni giorno ad agire per essa in tutti gli angoli della Terra, da questo assurdo assassinio viene l'invito a non arrenderci di fronte a qualunque violenza,a  sviluppare e a tessere l'impegno per la Pace in Medio Oriente, a portare avanti la solidarietà concreta al popolo palestinese.
Ricorderemo Vittorio ad Assisi, oggi 15 aprile e domani il 16, in occasione dell'incontro nazionale per preparare la Marcia Perugia Assisi organizzata della Tavola della Pace, così come a Roma e in altre città dove si svolgeranno veglie e iniziative per ricordare la sua solidarietà umana e il suo impegno”.


Vittorio Arrigoni è stato invitato dal Centro sociale Oltrefrontiera di Pesaro nel febbraio 2010 e Tatiana Olivieri insieme a Simone Ricciatti, l'ha intervistato. “Sono scossa da questa morte. Lo avevo conosciuto attraverso ciò che scriveva sul Manifesto e sul suo blog – ricorda Tatiana Olivieri, membro della Direzione nazionale Uisp e dirigente Uisp Pesaro – per questo il Centro Oltrefrontiere decise di chiamarlo per raccontarci la sua attività di testimonianza delle cose che vedeva ogni giorno in Palestina, della violenza e delle atrocità della guerra. Arrigoni ha sempre lavorato per la pace. Era una persona bella e solare, gioiosa e tranquilla. Con i suoi racconti sulla realtà palestinese, fatta di violenza quotidiana anche contro i bambini, riusciva a parlare e ad avvicinare tutti. Era un ragazzo come tanti altri con la capacità di far conoscere il dramma in maniera semplice. Arrivava diretto al cuore e alla testa delle persone, soprattutto i giovani”.
“Per questo abbiamo deciso di dedicargli il kit didattico di educazione alla mondialità e alla pace che stiamo per ultimare insieme ad Ivan Lisanti, per conto di Peace Games, la Ong dell’Uisp. L’intervista che leggerete di seguito la realizzammo a caldo, subito dopo l’incontro al Centro sociale Oltrefrontiere di Pesaro, che è partner Uisp in molte iniziative contro il razzismo”.

Pubblichiamo l'intervista a Vittorio Arrigoni che gentilmente ci è stata concessa dagli autori, Tatiana Olivieri e Simone Ricciatti (febbraio 2010, fonte www.uisp/pesaro2.it)

VITTORIO ARRIGONI, OSPITE DEL CSA OLTREFRONTIERA DI PESARO, FIRMA L’APPELLO
CONTRO L’OMOFOBIA PROMOSSO DALL’UISP.
Il RESTIAMO UMANI GAZA TOUR di Vittorio Arrigoni fa tappa a Pesaro.
Abbiamo incontrato l’autore, pacifista italiano ed attivista per i diritti dei palestinesi, al CSA Oltrefrontiera. In primis complimenti per la conferenza e grazie per le informazioni preziose che ci hai dato.
“No, grazie ai ragazzi del CSA Oltrefrontiera – risponde Arrigoni - e a voi: oggi è difficile fare controinformazione su quello che succede a Gaza, i media sono sempre molto schierati e mistificano la realtà”.
Senti, io sto lavorando per l’UISP: Peace Games, la ONG della Uisp, con il progetto “ Il diritto di giocare in pace” ha portato in Italia delle donne palestinesi perché potessero raccontare la loro esperienza nel centro estivo di Al Zohur, all’interno del Campo progughi di
Shu’fat...campo profughi previsto per 3000 persone, in cui abitano in 34000. Abbiamo chiesto ad alcune associazioni di sinistra di potere parlare dell’argomento… ma ci hanno risposto che doveva esserci una controparte israeliana. Ora, io ho avuto da sempre una impostazione di sinistra, e ti chiedo: da quando abbiamo difficoltà a distinguere i colpevoli dai carnefici? È necessario avere l’opinione del vincitore per parlare dei vinti?
“Me lo domando anch’io! Di chi è la colpa? Di D’Alema, forse? (ride). A parte gli scherzi, ti capisco benissimo perché è successo anche a me. Ero in Germania a parlare della situazione palestinese e mi è stato fatto notare che sarebbe stato corretto avere al mio fianco un israeliano… ma io non sono un palestinese, sono un italiano che si occupa di diritti umani.
Fossi vissuto in un altro periodo sarei stato dalla parte dei neri d’’America, di Martin Luther King…
degli ebrei durante la persecuzione nazista. Voglio dire: se avessi voluto parlare dell’olocausto avrei dovuto chiamare un nazista come controparte? Mi pare assurdo, davvero. Guarda, per capire la differenza tra chi sono vittime chi e carnefici, perché di questo si tratta, basta leggersi il Rapporto Goldstone sui crimini di guerra israeliani a Gaza. Il 7 Dicembre hanno bombardato le caserme della polizia… e i media di cosa hanno parlato? Di un bombardamento ai danni di Hamas. Non è possibile: io conoscevo quei ragazzi, non sono guerriglieri, sono povera gente che, non avendo nemmeno da mangiare, va a dirigere il traffico. Il rapporto Goldstone li classifica come civili. Civili, capisci? Stiamo parlando di guerra, non di definizioni…. La verità è che hanno bombardato dei civili”.

E i media…
“Hanno veicolato la vicenda, distorto la verità. Ho addirittura saputo, ma me l’hanno raccontato, non so se sia vero, che Fassino allora manifestò per la difesa di Israele… la difesa??? “

Guarda, un componente dell'ufficio stampa di Fassino è di Pesaro, lo conosco, e durante quel
massacro ha continuato a scrivere su Facebook di non boicottare i prodotti israeliani…
“Perché sono ebrei… immagino. Siamo alle solite con il solito qualunquismo. Come me, la stragrande maggioranza dei palestinesi non crede che la miglior risposta all'occupazione israeliana e a questo massacro in corso siano gli attentati, i "kamikaze" e i "razzi" su Sderot. Il boicottaggio è pacifista, non violento, la migliore risposta umanamente accettabile, all'imbarbarimento di un conflitto che rende disumano ogni gesto”.

Vorrei chiederti una cosa: abbiamo ospitato qua a Pesaro i Leader di Pace Israeliani e Palestinesi di Me Peace.
“Non la conosco, ormai sono talmente tante queste organizzazioni”.

Infatti… ma ti dicevo, durante il dibattito èn venuto fuori che anche là ci sono ragazzi israeliani che criticano duramente la scelta politica del governo israeliano… è vero?
“Ti racconto una storiella: A Parigi, a fine ottocento, lo scrittore Guy De Maupassant odiava la
Torre Eiffel. La odiava a morte… non la poteva proprio guardare. Nonostante questo, ogni giorno andava a mangiare nel risorante della torre. Ogni santo giorno, finchè qualcuno gli fece notare la contraddizione. Ne parli sempre male, gli dissero, eppure frequenti ogni giorno il suo ristorante… come mai? Sai cosa rispose Maupassant?”

Che cosa?
“Disse: “Quel ristorante è l’unico di Parigi in cui si possa mangiare senza vedere quell’orrore!”
Questa somiglia un po’ alla situazione Israeliana. Molti ci vivono dentro e non vogliono accorgersi
del vero problema. Urlano magari “viviamo in pace!” ma quello che cercano è una vita senza rischi.
I “pacifisti” israeliani spesso parlano di pacificazione e non di una pace giusta. Io, ad esempio, sono molto critico verso la “triade” degli scrittori pacifisti israeliani, quelli che tanto vengono osannati in Occidente, Amos Oz, A.B. Yehoshua, David Grossman: se si ascolta bene quel che dicono si vedrà come spesso le loro posizioni siano di fatto funzionali alla politica israeliana. Diverso è il caso del poeta e scrittore ebreo Aharon Shabtai, che coraggiosamente da anni manifesta la sua radicalissima opposizione nei confronti del militarismo di Israele, lo stato in cui vive”.

Quindi non c'è alcuno opposizione dentro a Israele?
“C’è un movimento, ma minimo. Ti posso dire che esiste la realtà dei refusnik ( militari israeliani che si rifiutano di prestare servizio nei territori occupati della Palestina) in cui i ragazzi rifiutano la leva. Non è come da noi: lì essere un militare non significa difendere il Paese, significa sparare ai civili,ai bambini, ai contadini, ai pescatori…ma anche chi rifiuta di fare questo è una goccia nell’oceano. Conosci Ilan Pappe, che fu cacciato perché scrisse un libro:“La pulizia etnica in Palestina”?”

Purtroppo no.
“Devi leggerlo… è bellissimo e si legge velocemente. Parte dal ’48, quando nacque lo Stato d’Israele…ed ebbe luogo anche la Nakba, che significa catastrofe, ovvero la cacciata di circa 250.000 palestinesi dalla loro terra. Oggi sono 750.000 i cacciati e 531 i villaggi dati alle fiamme. Pappe non inventa nulla: si avvale di documenti declassificati dei Servizi Segreti, da cui viene fuori tutto, altroché ebrei fuggiti dall'Olocausto che han fatto “rifiorire il deserto”. Metti il nome di questo autore nella tua intervista, è molto importante”.

Non ti preoccupare, lo farò sicuramente. Ti parlavo di Peace Games prima:noi con PROSVIL CGIL abbiamo collaborato a Shu’fat, a un progetto per il contrasto all'uso di sostanze negli adolescenti attraverso le attività sportive. Quello che i nostri volontari riportano ogni volta è una totale assenza di speranza, che crea un vuoto che molti riempiono con le droghe.
“Con gli psicofarmaci, soprattutto. E soprattutto i giovanissimi. Ma è la stessa Israele a favorire l'entrata di droghe nei territori occupati perché è funzionale alla sua politica. In una realtà come quella di Gaza trovare la soluzione nello stordimento pare logico, ma c’è una minoranza che non ci sta. Mi vengono in mente dei musicisti… oddio, musicisti per quel che possono.
Fanno Hip Hop, e riescono a far coincidere la rabbia con la musica… ma una rabbia vera e
giustificata, non quella dell’Hip Hop americano, soprattutto autocelebrativo. Ti faccio avere qualcosa per mail, se vuoi”.

Volentirei. Tra l’altro a me l’Hip Hop piace, peccato che non capirò una parola.
“Peccato, sono molto politici e Hamas li mal sopporta perché si tratta di un genere musicale
americano. Comunque mi parlavi di speranza. Quale, scusa? La situazione a Gaza è sconcertante… centinaia di Palestinesi non possono uscire dal loro territorio,nemmeno se hanno delle borse di studio per l'estero,e lì non arrivano non solo generi alimentari (possono entrare nei territori solo otto tipi di alimenti) ma neppure i libri nelle scuole di testo. Capisci? Un embargo sui libri di testo… non sono mica manuali per costruire le bombe! È un disegno ben preciso. Fin troppo facile.
Un popolo mantenuto nell’ignoranza non raggiunge l’emancipazione. È matematico… come è logica la voglia di fuga”.
Un amico di Sarajevo, ai tempi del conflitto, mi ha detto “non voglio fuggire, voglio lasciare la
mia terra da uomo libero”.
“A Gaza gli darebbero ragione in pochi. Chi riesce ad istruirsi viene ostacolato in tutto, e appena può opta per andarsene. Così il cerchio si chiude… e chi potrebbe davvero fare un passo in avanti per emancipazione, viene indotto alla fuga. La verità è questa. Noi siamo là con i nostri risparmi, e grazie a delle persone che credono in noi… mi chiamano giornalista, e a volte cooperante. Mi offendo molto quando mi danno del cooperante! Il più delle volte i cooperanti sono ragazzotti che vengono a Gaza ad aiutare i palestinesi e poi vanno a ballare nelle discoteche israeliane di Tel Aviv. Certo, ci sono delle eccezioni, c'è una minima parte di gente che ci crede, i più sono quelli che hanno trovato il modo di fare la bella vita, con stipendi molto buoni e pochi ideali. Non sono né l’uno né l’altro… magari utopista sarebbe più appropriato”.

Bene… io non avrei più domande da farti. Ti ringrazio, e se vuoi firmare l’appello contro l’omofobia…
“L’ho già firmato. Anzi scusa se sono un po’ stringato, ma mi hai detto di avere registrato tutta la conferenza no?”

Sì.
“Allora lì c’è anche quello che mi sono dimenticato di dirti adesso”.

Grazie ancora, Vittorio.
“Grazie a te”.
Di: Tatiana Olivieri – Simone Ricciatti