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La parola "condivisione" è medaglia d'oro ai Giochi di Tokyo

Rara nello sport di livello, molto diffusa in quello sociale. Con Tamberi e Barshim sale sul podio, con i mixed-gender team event è protagonista in campo

 

Citius, Altius, Fortius, ovvero "Più veloce, più in alto, più forte". In questa edizione si è aggiunta la parola Communiter (insieme), per riconoscere il valore unificante dello sport e l'importanza della solidarietà. Così recita il motto olimpico proposto da de Coubertin e ideato da Didon. Mai frase fu più azzeccata per descrivere le Olimpiadi e i protagonisti azzurri. Dalla giornata di ieri, infatti, abbiamo l’atleta più veloce del mondo e quello che salta più in alto. Senza dimenticarci le medaglie che si stanno accumulando giorno dopo giorno. Ma sono anche le Olimpiadi nelle quali è forte la voce dei diritti, della parità di genere, del supporto alla comunità LGBTI, della squadra dei Rifugiati Unhcr. E dei record, naturalmente. 

Eccola la parola "condivisione" salire sul podio più alto. E la vedi nelle facce e nei sorrisi di Tamberi e Barshim. Ma anche in quelle degli atleti e delle atlete delle specialità miste, mixed-gender team events, che ci hanno regalato la medaglia d'oro più recente, nella vela Nacra 17, con Ruggero Tita e Caterina Banti. E poi le staffette, in pista e in corsia. E gli sport di squadra.

Difficilmente riusciremo a dimenticarci quei dieci minuti in cui abbiamo scosso il mondo dell’atletica e abbiamo gioito insieme. Una delle più straordinarie pagine di sport di tutti i tempi come ha sottolineato il presidente nazionale Uisp, Tiziano Pesce. Due storie incredibili che iniziano dal riscatto. Chi, come Jacobs, nuovo campione olimpico sui 100 m, ha dovuto costruirsi una carriera con il supporto della madre e non del padre e chi, come Tamberi, nuovo campione olimpico nel salto in alto, ha dovuto reinventarsi per poter gareggiare nuovamente a livelli alti dopo l’infortunio al legamento della caviglia sinistra alla vigilia di Rio 2016.

Due esempi che fanno tanto bene allo sport e non solo. La pagina finale che ha portato l’oro a Gianmarco Tamberi è stata la degna conclusione della gara e uno spunto importante per ricordare quanto possa essere inclusivo e forte lo sport. Dopo che Tamberi e Barshim (amici da molti anni) avevano fallito tutti i tentavi a 2 metri e 39, il giudice di gara si è avvicinato ai due atleti spiegandogli che la loro sfida si poteva concludere in due modi: con la vittoria dell’atleta che supera l'ultima altezza saltata o con la condivisione dell’oro olimpico. A quel punto, un semplice sorriso scrive la storia portando i due atleti sul tetto del mondo.

L’Olimpiade non può essere considerata una manifestazione sportiva come le altre. Se i mondiali o gli europei si alternano ogni due anni, l’evento internazionale organizzato dal CIO si ripete ogni quattro anni. 1460 giorni nella vita di un’atleta sono tanti, forse troppi, durante i quali può accadere di tutto e i sogni possono avverarsi come svanire. Si, perché a differenza di altri sport di squadra (vedi il calcio o la pallacanestro) negli sport individuali non puoi confidare nel supporto dei compagni e tutto si racchiude in pochi attimi. Attimi in cui conta la preparazione fisica, mentale e soprattutto individuale. L’Olimpiade è un treno che può passare quindi una volta sola visto che infortuni, imprevisti, problemi personali (e quest’anno con la ginnasta Biles l’abbiamo visto) possono mettersi in mezzo e rovinare il momento decisivo.

Il gesto fatto dai due campioni, che hanno passato lo stesso tipo di infortunio, non può essere letto come un fattore di convenienza. Deve essere anzi un esempio per diffondere lo sport che unisce e include e non separa e divide. Infatti, dietro agli atleti bisogna ricordarsi che ci sono sempre le persone. Se lo sport è fatto di attimi, istanti e decisioni che decretano il successo di una persona o di una squadra, i due altisti hanno scritto una pagina indelebile della storia delle Olimpiadi condividendo il loro maggior successo al culmine di una gara entusiasmante. Tamberi e Barshim hanno deciso di salire sul gradino più alto del podio insieme, consapevoli che era il loro momento e che quella medaglia non poteva appartenere a uno dei due, ma era destinata a entrambi. Questi dovrebbero essere i messaggi delle Olimpiadi, questo è lo sport che deve essere insegnato e fatto vedere alle giovani generazioni. Uno sport che segna la vita di un atleta e che aiuta a realizzare i propri sogni. (di Sergio Pannocchia)