Il Rapporto è suddiviso in sette capitoli e nel VI, quello dedicato all’educazione, al gioco e alle attività culturali ci sono i paragrafi dedicati al “Diritto al gioco” e allo “Sport e minori”. Si parla della necessità della valorizzazione della competenza educativa del “saper far giocare” e dell’aumento degli spazi destinati alle attività ludiche in ambito scolastico. “L’attività motoria e lo sport – si legge nel Rapporto - costituiscono un mezzo, un’occasione veramente privilegiata per favorire e facilitare la socializzazione del bambino e dell’adolescente”.
Il nemico da battere è la sedentarietà insieme al fenomeno del drop-out (abbandono) sportivo: la pratica sportiva, tra infanzia e adolescenza, è “una parabola discendente al crescere dell’età”.
Al Governo, al Parlamento e al Servizio Sanitario nazionale le organizzazioni della rete CrC e l’Uisp raccomandano “di intervenire per la promozione dell’attività fisica, anche non strutturata, affinchè la pratica sportiva non agonistica venga riconosciuta come attività integrante dello sviluppo psicofisico degli adolescente, riformando – ad esempio – la materia scolastica di educazione fisica, aumentandone l’orario minimo, diversificandone l’offerta e promuovendo la formazione di coloro che la insegnano”.
Nel 25° anniversario dalla ratifica in Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il 9° Rapporto del Gruppo CRC fa il punto sulla sua attuazione. Per scaricare il Rapporto clicca qui
"Come di consueto, il Rapporto è stato scritto a più mani, a testimonianza dell’impegno di numerose organizzazioni di terzo settore in quest’ambito - dice Fabrizio De Meo, responsabile politiche sociali Uisp - anche a fronte di un quadro istituzionale non sempre rassicurante: nell’anno del 25° anniversario dalla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, tanti principi enunciati nella Convenzione non hanno ancora trovato piena applicazione e le 143 raccomandazioni rivolte alle Istituzioni e contenute nel documento fanno riflettere su come il cammino sia ancora lungo".
"Vi invitiamo ad utilizzare il rapporto nel vostro lavoro quotidiano, come uno strumento per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che deve accompagnarsi a un rilancio complessivo delle politiche educative nel nostro Paese, attraverso un sistema di istruzione pubblico, accessibile a tutte e tutti, orientato all’uguaglianza, che si raccordi con misure strutturali di contrasto alla povertà, anche intesa come povertà educativa e di sviluppo di politiche per l’adolescenza. Confidiamo che il Rapporto sia utile anche rispetto al tema della libertà di movimento, dell’accoglienza e del diritto di asilo, in un momento storico in cui una preoccupante “rinazionalizzazione delle masse” sta agendo come negazione della solidarietà".
Sono 2.293.778 gli adolescenti dai 14 ai 17 anni che vivono in Italia, di questi 186.450 sono stranieri. Trascorrono le loro giornate con il telefonino in mano (il 92,6 %); fanno uso di alcol, tabacco e cannabis (63,4%), conoscono il sexting, l’11,5% di loro gioca d’azzardo on line e oltre il 50% ha subito azioni di bullismo e/o cyberbullimo; 7.000 di loro vivono in comunità, con molte incertezze sul loro futuro dopo il compimento del 18esimo anno. Studiano, ma molti di loro abbandonano dopo la scuola dell’obbligo, soprattutto gli alunni disabili. Il 2,2%, infatti entra, suo malgrado, a far parte della categoria dei “NEET” (not in education, employment or training), ovvero quei giovani che non studiano e non lavorano, e non sono inseriti in un percorso di formazione. L’Istat ne ha contati addirittura 2 milioni nel 2014, circa il 24% dei giovani tra i 15 e i 29 anni. Certo è che l’Italia è anche tra i paesi europei con il più alto tasso di dispersione scolastica: il 15% dei ragazzi tra 18 e 24 anni ha conseguito al massimo il titolo di scuola media. Nel 2015, l’8,4% degli adolescenti tra i 14 e i 17 anni ha partecipato ad associazioni culturali, ricreative o di altro tipo; e il 9,7% ha svolto attività gratuite in associazioni di volontariato (nel 2014 erano l’8,6%).
Questi i principali dati che emergono dall’introduzione del 9° Rapporto di monitoraggio sull’attuazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel nostro Paese, realizzato dal Gruppo CRC, che quest’anno viene pubblicato e diffuso in un’occasione speciale: il 25° anniversario dalla ratifica della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, avvenuta il 27 maggio 1991 con la Legge 176/1991.
La politiche per l’adolescenza vivono, tra le altre cose, in un limbo trovandosi anche a cavallo tra quelle dedicate all’infanzia e quelle rivolte ai giovani. Solo per fare un esempio non esistono linee guida sul passaggio dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale. Vengono affidate alla “ragionevolezza” di chi si incontra.
“Ragionare sulle politiche per gli adolescenti, considerandole come parte delle politiche rivolte in senso più ampio ai giovani, è importante” - sottolinea Arianna Saulini, di Save the Children e coordinatrice del Gruppo CRC – “anche perché è in corso a livello europeo un tentativo di profondo rinnovamento, che mira a promuovere iniziative che mettano definitivamente da parte la visione dei giovani come problema, riconoscendoli pienamente come risorsa, da rilanciare mediante politiche di empowerment. Occorre, inoltre, investire e progettare per garantire un supporto alle famiglie, rinforzando le competenze genitoriali, così come ben evidenziato nel IV Piano Nazionale d’azione per l’Infanzia di cui sollecitiamo l’ approvazione”.
L’adolescenza è uno dei numerosi focus presenti nel documento, alla cui redazione hanno contribuito 134 operatori delle 91 associazioni del Gruppo CRC. Il Rapporto approfondisce 50 tematiche che ricalcano i raggruppamenti dei diritti della CRC.
La mappatura della situazione individua criticità su più fronti. A partire da quello istituzionale, che vede delle importanti lacune sotto il profilo della Governance delle politiche a supporto dell’infanzia e degli adolescenti.
Numerose leggi sono ancora ferme in Parlamento, quali: la riforma del sistema di protezione e accoglienza dei Minori stranieri non Accompagnati; l’acquisizione della cittadinanza per i minorenni di origine straniera, ancora disciplinata dalla legge del 1992.
Il Gruppo CRC, inoltre, sottolinea la carenza di dati certi, completi fra loro e comparabili in riferimento alle complessa situazione delle persone di minore età fuori dalla famiglia di origine. Dati incerti si hanno anche sui minori adottabili e sulle coppie disponibili ad adottare.
Da 15 anni, infatti, manca una Banca Dati nazionale. Si è passati dalla stima di 1.900 minorenni adottabili, accolti in affido e in comunità perché non adottati da oltre due anni, al dato di 300 minorenni riportato dal Dipartimento di giustizia minorile, e infine al dato rilevato dall’ISTAT che evidenzia come nel 2013 fossero in comunità di accoglienza 779 minorenni adottabili.
In ambito sanitario ci sono ancora grandi disparità a livello territoriale, con le regioni del Sud fortemente penalizzate, sia nell’accesso ai servizi che nell’accesso alla prevenzione.
La novità più rilevante, rispetto allo scorso anno, è l’approvazione da parte dell’Osservatorio Nazionale Infanzia” del IV Piano nazionale d’azione per l'infanzia, atteso oramai da diversi anni, che però non è ancora stato pubblicato e approvato in via definitiva.
Ad oggi, la legge di Stabilità e i provvedimenti ad essa collegati si confermano lo strumento principale di intervento, con tutti i limiti che questo comporta in termini di formulazione di strategia ad ampio respiro. In positivo si evidenzia che nell’ultima Legge di stabilità è stato introdotto un Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale che garantisca in via prioritaria interventi per nuclei familiari con figli minori; nonché un Fondo dedicato specificatamente al contrasto della povertà educativa minorile.
Il Gruppo CRC sottolinea la necessità di interventi educativi qualificati, che coinvolgano sinergicamente e congiuntamente gli attori del cosiddetto “quadrilatero formativo” (famiglia, scuola, istituzioni, terzo Settore) e, allo stesso tempo, attivino le risorse dei ragazzi e delle ragazze e ne valorizzino il protagonismo.