“Siamo nati per correre - dice Alberto Cei, docente e psicologo dello sport dalle pagine di Corriere Buone notizie - invece siamo diventati in pochi anni dei sedentari. Siamo persone a cui deve essere ricordato di muoversi, perché altrimenti potremmo condurre un'esistenza passando dal letto a un mezzo di trasporto che ci conduce al lavoro, che per molti ora è diventata la stanza di casa”. L'ultimo allarme è arrivato recentemente dalla ricerca condotta da Uisp e Svimez in collaborazione con Sport e Salute Spa. I dati emersi da “Il costo sociale e sanitario della sedentarietà” hanno evidenziato che la sedentarietà ha un costo sociale e sanitario, e a pagarlo sono soprattutto i cittadini del Mezzogiorno, come evidenziato da Giulio Sensi nell’articolo pubblicato sul supplemento del Corriere della sera, martedì 5 aprile. “Nel mezzogiorno uno su due non pratica attività fisica, mentre al Centro- Nord gli inattivi sono meno di uno su tre. Il prezzo a persona, solo dal punto di vista sanitario, è di 52 euro in più in media all'anno di spese mediche private, senza considerare quelle pubbliche, mentre gli sportivi risparmiano 97 euro. Nel mezzogiorno le aspettative di vita diminuiscono e rimangono inferiori di tre anni rispetto al resto del Paese. “Un'indagine che fornisce una nuova chiave di lettura per i divari territoriali nel nostro Paese, indagando come le differenze tra Nord e Sud Italia frenino la diffusione della pratica fisica e sportiva, con conseguenze negative per la salute, la spesa pubblica e lo stile di vita della popolazione”, si legge nell’approfondimento.
La ricerca è stata presentata a Roma il 23 marzo, con gli interventi di Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp, Luca Bianchi, direttore Svimez, Vito Cozzoli, presidente Sport e Salute Spa, e Andrea Costa, sottosegretario al ministero della salute. GUARDA LA DIRETTA DELLA PRESENTAZIONE
Ne è emerso uno scenario preoccupante in particolare per i minori che, nel Mezzogiorno, hanno più limitate opportunità di praticare sport con conseguenze negative sulla loro salute: quasi un under 17 su tre residente nelle regioni meridionali è in sovrappeso rispetto ad uno su cinque al centronord. “E soprattutto in queste aree è decisivo l'apporto delle realtà di terzo settore che promuovono lo sport di base - prosegue Sensi - garantendo accessibilità, costi contenuti e cercando di contribuire a diffondere una cultura che appunto unisca i valori dello sport a quelli del benessere personale psico-fisico per giovani e adulti”.
L'ipotesi, confermata dallo studio, è che siano determinanti fattori spesso trascurati come la disponibilità di strutture organizzate, servizi e personale specializzato. Dallo studio emerge che al Nord più della metà degli sportivi utilizza un impianto pubblico, mentre al sud può farlo solo il 37,5% delle persone e, sempre nel Mezzogiorno, il 62,5 si allena solo in spazi privati.
Sul divario esistente in Italia nell’offerta di impianti sportivi è intervenuto in questi giorni anche Openpolis che, insieme a Conibambini, ha proposto un approfondimento sul tema: “Si tratta di un divario che chiama in causa tanti aspetti diversi: dalla condizione economica delle famiglie all'educazione alla salute, fino all'offerta di luoghi dove praticare sport sul territorio. È interessante osservare come in diversi casi i territori in cui tanti ragazzi non fanno sport coincidano con quelli con minore dotazione di impianti sportivi. Una tendenza da analizzare con grande cautela: la carenza di luoghi dove fare attività è infatti solo uno dei tanti motivi per cui non si pratica sport nell'infanzia. Tra questi ad esempio la mancanza di tempo o interesse oppure le disponibilità economiche della famiglia. Del resto, le città del sud si caratterizzano anche per una minore dotazione di aree sportive all'aperto. Parliamo di spazi all’aperto adibiti a campi sportivi e polivalenti, piscine, aule verdi, che possono essere utilizzate per attività ludiche, sportive e ricreative.”.
Ma a pesare sono anche le diseguaglianze socio- culturali e la ricerca vuole contribuire a colmare il gap che c'è fra nord e sud anche nello sport. “La pratica fisica - commenta il presidente nazionale di Uisp Tiziano Pesce - consente di promuovere la salute e contenere la spesa pubblica. Dobbiamo fare in modo che queste differenze di opportunità siano superate, la lotta alle disuguaglianze sociali può passare anche da una nuova visione dello sport. Ma le istituzioni a tutti i livelli devono declinare quello di base come una vera e propria politica pubblica. E farlo concretamente. Il Pnrr parla molto di sport e inclusione, ma di fatto le associazioni e gli enti di promozione sportiva sono al momento tagliate fuori dalle programmazioni. È importante rafforzare l'intervento pubblico in questo ambito per portare benefici alle famiglie e ai giovani. Insomma, c'è ancora da passare dal dire al fare”.
Le richieste sono molte: rafforzare l'intervento pubblico a partire dalle risorse del Pnrr, scommettere sulla manutenzione degli impianti preesistenti, tornare alle pratiche sportive abituali con conseguente aumento degli iscritti e del volume d'affari del settore.
Sabato 2 aprile Radio Capital ha dedicato un approfondimento alla connessione tra sport, salute e sedentarietà, partendo dalla ricerca condotta da Uisp e Svimez, con il sostegno di Sport e Salute. Tiziano Pesce è intervenuto in diretta per evidenziare le indicazioni da trarre per il futuro: "La ricerca ha messo in luce questioni importanti soprattutto per i decisori pubblici - ha detto Pesce - Nel nostro Paese c'è bisogno di investire maggiori risorse nella pratica motoria e sportiva. Infatti, la sedentarietà comporta delle conseguenze economiche, con la crescita della spesa sanitaria di circa 50 euro a persona, e si caratterizza per grandi differenze tra il centro-nord e il mezzogiorno. Il sottosegretario al ministero della Salute ha fatto una sintesi efficace: lo sport è salute, la salute è sport".
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Qualche suggerimento arriva anche da Alberto Cei: “Per stimolarci a uscire dalla sedentarietà sarebbe utile vivere in un ambiente cittadino che abbia alcune caratteristiche, quali avere accesso a spazi verdi ed esteticamente piacevoli, avere strade sicure, vedere altri camminare, avere scuole dove gli studenti camminano e un traffico ridotto. L'esperienza di Parigi conferma che mettere in atto azioni per ridurre il traffico automobilistico determina un aumento dell'uso della bicicletta. E’ evidente la necessità di modificare l'ambiente cittadino per favorire il movimento, nel contempo ognuno deve considerare i costi e benefici determinati dal proprio stile di vita e riflettere sui costi a lungo termine delle proprie scelte. …Concentrarsi sul piacere di muoversi, su cosa può offrire una camminata e partire da pensieri semplici. Non è facile entrare in questa dimensione mentale del piacere, non siamo abituati. Mettiamoci tempo e pazienza, e un certo giorno il corpo comincerà a mandare quei segnali positivi che diventeranno la base della motivazione a continuare a muoversi”.