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Cop28 in corso a Dubai

anche lo sport deve trovare una via alla sostenibilità. La conferenza dell'Onu sul clima si tiene a Dubai fino al 12 dicembre. Tra incoerenze e speranze di cambiamento.

 

Il 2023 non è ancora terminato e si è già aggiudicato il titolo di anno più caldo di sempre: per 86 giorni, le temperature hanno oltrepassato gli 1,5 gradi rispetto all’era pre-industriale. Un “ciclo mortale” che ora i leader devono “interrompere”, ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres alla vigilia della 28esima Conferenza della parti della Convenzione Onu sul clima (Cop28), in corso a Dubai fino al 12 dicembre. I 197 Stati sottoscrittori più l’Unione Europea si riuniscono per negoziare la road map con cui cercare di contenere il riscaldamento globale. Nessuno sa se lo sforzo porterà a decisioni stringenti, come chiesto, da scienziati ed esperti. Intanto, in apertura di Conferenza è stata approvata l’immediata entrata in funzione del fondo per aiutare le nazioni più vulnerabili a far fronte ai danni inferti dal riscaldamento globale. “Un buon auspicio” per l’avvio dei negoziati che dovranno indicare la rotta per arginare la crisi climatica, ha sottolineato il presidente del summit, il sultano Ahmed al-Jaber, la cui designazione era stata molto criticata poichè si tratta dell’amministratore delegato della compagnia petrolifera statale Adnoc.

Sulla carta, i motivi di scetticismo sono forti. A cominciare dalla complessa congiuntura internazionale, segnata dal moltiplicarsi dei conflitti, dall’Ucraina al Medio Oriente. Gli effetti collaterali delle tensioni belliche smorzeranno anche le proteste ambientaliste a Dubai, annunciate con l'hashtag #BoycottCOP28UAE. Nella metropoli emiratina le manifestazioni di piazza non sono bene accette anche in tempi meno agitati. 

La sede stessa delle trattative è in sé una sfida: gli Emirati, infatti, sono una delle dieci petro-potenze. “La scelta della sede appare abbastanza inopportuna - commenta Francesco Turrà, responsabile politiche ambientali Uisp - si tratta di un Paese tra i primi paesi al mondo ad arrivare all’overshoot day (Giorno del sovrasfruttamento della Terra): il 13 marzo hanno già consumato le risorse prodotte. Si esaspera una tendenza all’incoerenza: gli Emirati arabi uniti fondano l’80% della loro economia sul fossile e poi dovrebbero impegnarsi per la riduzione dei combustibili fossili. Negli ultimi anni, soprattutto dopo Parigi, sono stati dati strumenti e indicazioni chiari, però il trend che abbiamo davanti è negativo. Anche nei temi trattati non vedo grande innovazione, al centro ci sono transizione e monitoraggio, ma non c’è corrispondenza nei fatti. Aspettiamo di vedere che documenti verranno firmati, perchè negli ultimi anni, dopo le novità del 2015 a Parigi, purtroppo la conferenza si è stabilizzata su posizioni di propaganda politica”.

Dove si posiziona lo sport in queste strategie? “C’è una questione importante legata alla sostenibilità dello sport rispetto alle emissioni di gas serra - prosegue Turrà - l’erogazione della pratica in alcuni casi comporta valori insostenibili a livello ecologico, pensiamo all’impiantistica e agli sport invernali. Pensare uno sport sostenibile vuol dire fare i conti con l’insostenibilità di alcune discipline, è una questione che va affrontata: anche i sani stili di vita, se attuati tramite pratiche insostenibili, arrecano danno alla collettività pur portando benefici all’individuo. E’ necessario trovare un equilibrio tra i due aspetti, che altrimenti rischiano di annullarsi a vicenda”. (A cura di Elena Fiorani)

(Foto: Martina Palazzini)

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