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Al via le Paralimpiadi di Parigi: ci sarà anche Valentina Petrillo

Dal 28 agosto all'8 settembre nella capitale francese si svolgeranno le gare. Petrillo è la prima atleta transgender a partecipare ai Giochi paralimpici

 

Alle Paralimpiadi di Parigi, che si concluderanno domenica 8 settembre, ci saranno circa 4.400 atleti in rappresentanza di 185 comitati paralimpici nazionali, e 141 di questi saranno italiani (71 donne e 70 uomini). A Tokyo nel 2021 la delegazione italiana era composta da 113 atlete e atleti: vinsero 69 medaglie, 14 delle quali d’oro, arrivando noni nel medagliere. Gli sport paralimpici a questa edizione dei Giochi sono ufficialmente 23 e non ce ne sono di nuovi rispetto all’ultima: molti di questi sport comunque si dividono al loro interno in più discipline, come l’atletica paralimpica che comprende diverse distanze della corsa, diversi tipi di lanci e diversi tipi di salti. L’obiettivo principale dichiarato dal Comitato paralimpico internazionale è di creare «un mondo inclusivo attraverso i para sport».

Il simbolo delle Paralimpiadi non sono i cinque cerchi, come per le Olimpiadi, ma tre “Agitos”: cioè tre elementi dalla forma arcuata di colore rosso, blu e verde (i più presenti nelle bandiere nazionali). Simboleggiano movimento, e infatti il nome viene dal verbo latino agito , che significa “mettere in movimento”, ma anche “muoversi”. Il simbolo dei cinque cerchi era stato installato sulla Tour Eiffel per le Olimpiadi, mentre i tre Agitos sono stati messi sull’Arco di Trionfo, un altro dei più noti monumenti di Parigi.

A Parigi 2024 ci sarà anche Valentina Petrillo, la prima donna trans a partecipare alle Paralimpiadi. La sua storia è stata raccontata nel film documentario “5 nanomoli - Il sogno olimpico di una donna trans”, prodotto da Etnhos e da Gruppo Trans, con il sostegno dell'Uisp e di Arcigay. “L’Uisp ha condiviso con Valentina Petrillo vari momenti del suo percorso e della sua battaglia - commenta Manuela Claysset, responsabile Politiche di genere e diritti Uisp - perciò siamo molto felici che le sia stata data questa grande occasione. Si tratta di una tappa importante per lei ma anche per tutto il movimento delle sport lgbtq+, seguiremo le sue gare con entusiasmo e affetto. Nel documentario “5 nanomoli - Il sogno olimpico di una donna trans”, che abbiamo sostenuto, l’Olimpiade era ancora un sogno ed ora è diventato realtà: ottenere il riconoscimento dei suoi risultati è stato un percorso impegnativo, ma Valentina ha vinto la battaglia per gareggiare nella sua categoria rispettando tutti i vincoli imposti. Ora, e grazie a lei, si apre una nuova frontiera per i diritti delle persone trans nell'ambito delle competizioni sportive internazionali, è necessario sistematizzare le regole per permettere la partecipazione di tutte e tutti, promuovendo la serenità delle persone".

Valentina Petrillo comincia a sognare l'atletica da bambina: all'età di 7 anni resta folgorata dalla vittoria di Pietro Mennea alle Olimpiadi e inizia a immaginarsi con la maglia azzurra. Ma nel proiettarsi all'interno della gara sportiva più prestigiosa di tutte, lo fa pensandosi con un corpo diverso, con un corpo femminile. Nel 2019 fa coming out e intraprende un percorso di affermazione di genere. “A un certo punto sono scoppiata - ha raccontato Valentina alla redazione del Giornale Radio Sociale che l'ha intervistata nel 2020 alla vigilia dei Campionati paralimpici di Jesolo - non ce l’ho fatta più a vivere una vita che non era la mia e ho deciso di intraprendere il percorso di transizione. La stessa cosa è successa nello sport: piuttosto smetto di correre, mi sono detta, ma non sono più disposta a violentarmi per correre tra gli uomini. Io amo correre, mi piace la corsa veloce e l’emozione che mi dà: da ipovedente le gambe rappresentano la mia sicurezza, e la corsa è il momento in cui mi sento più libera e sto bene con me stessa. Per me correre è una necessità, amo partire dai blocchi, sentire lo starter, l’emozione di essere tutti sullo stesso blocco per gareggiare insieme”.

ASCOLTA L’INTERVISTA INTEGRALE DEL GIORNALE RADIO SOCIALE A VALENTINA PETRILLO

La torcia paralimpica è stata accesa a Stoke Mandeville, un paesino a ovest di Londra, e non a Olimpia come quella olimpica : il motivo è che a Stoke Mandeville fu organizzata nel 1948 la prima forma di Giochi paralimpici, su iniziativa del neurologo tedesco ed ebreo Ludwig Guttmann, che fuggì nel Regno Unito poco prima dell’inizio della Seconda guerra mondiale. Lì fu nominato direttore del Centro nazionale per le lesioni del midollo spinale, che si trovava appunto a Stoke Mandeville, e cominciò a lavorare alla riabilitazione dei reduci di guerra proponendo una terapia alternativa che si rivelò efficace sia dal punto di vista fisico che psicologico: la pratica sportiva, il contrario di quello che fino a quel momento veniva loro raccomandato, cioè di stare il più possibile a riposo.

Nel 1948 i Giochi olimpici si tenevano a Londra, e Guttmann pensò di sfruttare quella visibilità per organizzare parallelamente i Giochi di Stoke Mandeville, che in quella prima edizione prevedevano solo una gara di tiro con l’arco tra atleti e atlete in carrozzina. L’evento ebbe successo e Guttmann cominciò a organizzare i Giochi con cadenza regolare, fino a che a partire da Roma 1960 non si decise di renderli un evento associato stabilmente alle Olimpiadi. Nacque così ufficialmente il movimento paralimpico (dal greco para, che significa «accanto» o «al fianco», vista la sua posizione parallela alle Olimpiadi). Dopo varie tappe, la torcia paralimpica dovrà arrivare a Parigi mercoledì, in tempo per la cerimonia di apertura.

Foto: pagina Facebook di Valentina Petrillo

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