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E' morta Marisa Rodano, partigiana in bicicletta

Il cordoglio dell'Uisp. Riproponiamo "Le ragazze del '43 e la bicicletta", documentario realizzato da Uisp e Udi con una sua intervista
 
Nella notte tra il 1° e il 2 dicembre è morta a 102 anni Marisa Rodano, che fu partigiana e parlamentare, italiana ed europea. L’Uisp esprime cordoglio per la scomparsa e si stringe intorno ai familiari.
 
Insieme a Rodano, ed altre tre partigiane, l'Uisp realizzò nel 2015 il video "Le ragazze del '43 e la bicicletta": “La bicicletta in quegli anni serviva per scappare, per questo i nazisti la vietarono a Roma durante l’occupazione, con un editto del 1943. La stessa cosa avvenne in altre città italiane”, disse Marisa Rodano nel corso dell’intervista realizzata dall'Uisp insieme all'Udi-Unione donne in Italia.
 
 
Con lei se ne va un altro pezzo importante di storia antifascista e della lotta partigiana del nostro Paese: rimane in tutti noi il sentimento di gratitudine per chi si è sacrificato per la libertà e la democrazia. Valori sempre vivi, da custodire, trasmettere e tramandare.
 
Marisa Rodano, classe 1921, ebbe un ruolo attivo nella lotta partigiana a Roma, per la sua militanza venne arrestata nel maggio del 1943. Uscì dal carcere a luglio, dopo la caduta del regime fascista, e partecipò alla Resistenza negli anni successivi. Nel 1946 animò il comitato a favore del diritto di voto per le donne. Dal 1948 al 1968 fu deputata, poi fino al 1972 fu senatrice, e poi ancora consigliera provinciale a Roma dal 1972 al 1979. Nel 1979 venne eletta al Parlamento Europeo e mantenne il seggio fino al 1989. Tra le altre cose, ebbe anche un ruolo nella scelta della pianta di mimosa come simbolo particolarmente diffuso in Italia per la Giornata internazionale della donna.

Sono proprio le parole di Marisa Rodano ad aprire il documentario realizzato dall'Uisp per celebrare il ruolo delle donne nella Liberazione, durante la seconda guerra mondiale. "Mi arrestano nel maggio del '43 ed esco dopo il 25 luglio. Quello è stato il periodo in cui abbiamo utilizzato tanto le biciclette". Dopo di lei il documentario, diretto da Francesca Spanò, raccoglie le testimonianze di Tina Costa, Luciana Romoli e Lidia Menapace.
 
"Mi ricordo la gente che quando c'erano le retate apriva i portoni, faceva entrare gli uomini e li nascondeva, in cantina o in casa - racconta Rodano - Dopo l'8 settembre c'è proprio un'azione di massa delle donne, per nascondere gli uomini in casa, i soldati che avevano combattutto a Porta San Paolo, li fanno cambiare, gli danno abiti civili per consentirgli di scappare. Perchè ormai l'esercito era dissolto, la gente era consapevole dei rischi che corrva però l'odio contro i nazisti e la situazione sempre più penosa, aveva creato un forte stato in insofferenza. Si cercava di organizzare un movimento contro la guerra, fare propaganda, parlare con le persone, distribuire volantini. Attivarsi per partecipare alla Resistenza per me era nell'ordine logico delle cose. La bicicletta era fondamentale: fino a quando furono vietate dai nazisti, era il mio normale mezzo di locomozione, anche quando andavamo a fare riunioni fuori Roma, ci andavo in bicicletta".
 
Il generale tedesco Albert Kesselring quando arriva a Roma punta al controllo di tutti gli uomini, e la bicicletta era un modo per fuggire, serviva per scappare dopo aver tirato una bomba o aver fatto una scritta su un muro, quindi prestissimo ne fu vietato l'uso. 
Il ricodo della bicicletta è anche legato ad un momento drammatico della vita di Marisa: "La mattina che arrestarono mio marito mi misi subito in bici e cominciai a girare per Roma, andai ad avvertire le mogli di altri partigiani perchè mettessero al sicuro i propri mariti. Mi ricordo una mattinata di corse disperate per Roma per avvertire tutti dell'arresto. Senza la bicicletta non ce l'avrei fatta".