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Il caso Morgan: spettacolo, sport, droga. Interviene S. Donati

Ci volevano le discutibili dichiarazioni di un cantante noto per ritornare a parlare di droga. Cocaina, nello specifico, un tempo “la droga dei ricchi”. L’Uisp è impegnata nel contrasto alla diffusione di sostanze dopanti e stupefacenti nell’ambito sportivo. Ma questo non fa notizia. Da alcuni giorni è partita la campagna "Sport pulito.Inviati sul campo", diretta ai giovani delle scuole. 

Del caso Morgan, della droga nello spettacolo e nello sport, delle strategie di Coni e Ministeri, abbiamo parlato con Sandro Donati, della Cvd, la Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping del ministero della Salute.

Un cantante ha ammesso di fare uso di cocaina, ne è scaturita una grande polemica sul rischio emulazione da parte dei giovani che potrebbero vedere in lui un modello. Rischio che riteniamo ancora più accentuato nello sport, dove potrebbe passare una connessione causale tra assunzione e prestazione. Non sono rari i casi di calciatori (ma non solo) pizzicati per la “polvere bianca”. Come è possibile?
“Direi che si possono individuare tre categorie di atleti che possono assumere cocaina. La prima comprende quelli che ne fanno uso a causa delle frequentazioni extrasportive. In questo caso siamo in presenza di casi considerabili alla stessa stregua di giovani non sportivi. Di fatto è un fenomeno causato dall’influenza di un gruppo di riferimento. Ci sono poi atleti che ricorrono alla coca per superare dei crolli psicologici dovuti alla mancanza di risultati. Lo sport di alto livello è ormai, in maniera eccessiva, oggetto dell’attenzione dei media. Gli atleti si rendono conto degli enormi interessi economici e politici che ruotano intorno a loro. E dunque di fronte a dei momenti difficili c’è il rischio che possano ricorrere a delle sostanza stimolanti. C’è infine una terza categoria a rischio. Sono quelli che fanno uso di anabolizzanti e testosterone, sostanze che hanno effetti euforizzanti, la cui assunzione richiede però dei periodi di pausa nei quali gli atleti vanno in depressione che cercano di superare con la cocaina, cadendo così in una doppia dipendenza”.

Dunque con il miglioramento della prestazione in sé la cocaina non c’entra nulla?
“Direttamente con la prestazione sportiva c’entra raramente anche se ci sono delle discipline in cui potrebbe influire. Quelle che richiedono ad esempio alta coordinazione e rapidità di decisione come i giochi di squadra. Ma anche quelle che richiedono una grande resistenza. Ma i casi sono isolati perché verrebbero facilmente scoperti nei controlli antidoping. Ma il problema è un altro: di fronte alle positività per cocaina il sistema sportivo si affretta sempre a dire che è ‘per uso personale’ e che lo sport nel complesso non c’entra. E’ una descrizione ipocrita che ha solo l’obiettivo di descrivere uno sport pulito ma che nasconde deliberatamente la situazione di squilibrio e di rischio in cui si trova l’atleta che assume cocaina”.

Qual è la situazione nello sport amatoriale?
“Gli atleti del livello amatoriale non fanno altro che orecchiare ciò che sentono in giro e scimmiottare quello che fanno i campioni. Il rischio è più alto visto i rari casi di controllo antidoping”.

Che ne pensa del progetto annunciato dal presidente del Comitato scientifico antidoping del Coni, Luigi Frati, per portare, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, degli esperti nelle scuole italiane per fare prevenzione e informazione?
“Ben vengano altri soggetti interessati a fare prevenzione, anche se non se ne sono mai interessati in precedenza. Il Coni, da sempre molto indulgente e assolutorio sugli atleti di alto livello, che decide di parlare al mondo giovanile mi fa pensare ad un’operazione di immagine. Sarebbe stato bene coinvolgere l’Uisp e gli altri Enti di promozione sportiva che per vocazione da sempre si occupano del tema. Ma anche la stessa Cvd.

Quindi voi non ne eravate a conoscenza?
“Ne abbiamo letto sui giornali. Comunque se il Coni decidesse di utilizzare una piccolissima parte dei 400 milioni - che riceve annualmente dallo Stato per inseguire le medaglie anche negli sport saturi di doping - per fare prevenzione in maniera seria, ne saremmo tutti ben felici”.
(F.Se)