Diverse organizzazioni internazionali hanno accolto con favore, nei giorni scorsi, il “Rapporto sul diritto di partecipare allo sport per persone trans, di genere diverso e intersessuale” curato da Alexandra Xanthaki, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti culturali.
“Dal livello di atleta d'élite al livello di comunità - si legge nel rapporto - dove si concentra la maggior parte della partecipazione agli sport, tutte le persone, comprese le persone trans, gender diversity e intersessuali, devono essere in grado di realizzare il loro diritto umano a partecipare agli sport come elemento essenziale per impegnarsi nella vita culturale. Chiediamo approcci inclusivi che mettano in primo piano il ruolo positivo che gli sport svolgono nella società e garantiscano che tutte le persone, indipendentemente dalla loro identità di genere e dalle loro caratteristiche sessuali, possano partecipare agli sport in modo sicuro ed equo”.
Ai giorni nostri l'uguale inclusione di tutti nello sport continua a essere minata dall'ascesa di movimenti che si oppongono all'universalità dei diritti umani e promuovono interpretazioni retrograde di norme e standard. In particolare si rileva una discriminazione dilagante contro le persone trans, gender diversi e intersessuali nello sport. Molti organismi per i diritti umani hanno chiarito che il divieto di discriminazione basata sul sesso è sancito nei principali trattati internazionali sui diritti umani e include la discriminazione basata sul genere. Come ha evidenziato la relatrice speciale nel campo dei diritti culturali nel suo rapporto del 2024 all'Assemblea generale, dal 2010, il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne ha chiarito che "la discriminazione contro le donne si riferisce sia al sesso che al genere. Il diritto internazionale protegge tutte le donne, comprese le donne intersessuali e trans; tale protezione include il loro diritto a partecipare allo sport". La relatrice speciale avverte, inoltre, che gli sforzi per escludere le donne trans, gender diversity e intersessuali dagli sport femminili e classificarle come "maschi" sono "inaccettabili" e "possono essere considerati incitamento all'odio".
La retorica e la disinformazione sulle donne e le ragazze trans, hanno conseguenze nella vita reale: perpetuano stereotipi dannosi e una comprensione fissa e binaria di genere e sesso, aumentando il rischio di violenza contro le donne e le ragazze trans, gender diverse e intersessuali all'interno e all'esterno dello sport. L'esempio più recente è stato osservato durante le Olimpiadi di Parigi del 2024, dove due atlete che hanno gareggiato nel pugilato femminile, Imane Khelif e Lin Yu-ting, sono state pesantemente esaminate e prese di mira senza sosta usando una retorica d'odio che speculava sulle loro caratteristiche sessuali e travisava il loro genere. Questo discorso d'odio è stato alimentato da una pratica altamente discriminatoria e violenta negli sport competitivi: la pratica invasiva e dannosa del "test del sesso", un esame dei genitali, dei cromosomi e dei livelli ormonali di donne e atlete per cercare di "dimostrare" o "verificare" il loro sesso.
“In generale, gli atleti le cui caratteristiche sessuali, identità di genere o orientamento sessuale non sono conformi alle aspettative normative - prosegue la relatrice Onu - incontrano gravi ostacoli nella partecipazione allo sport, poiché subiscono regolarmente molestie e abusi, indipendentemente dal livello di sport a cui praticano. I sondaggi condotti sulle persone LGBTIQ+ nello sport in Europa hanno dimostrato che una stragrande maggioranza ritiene che l'omofobia e la transfobia siano un problema nello sport e ha assistito all'uso di tale linguaggio in contesti sportivi”.
La violenza subita dalle atlete trans può essere considerata la manifestazione estrema di una violenza e discriminazione generalizzata e sistemica contro le donne e le ragazze nello sport, inclusa la violenza e gli abusi sessuali e non sessuali perpetrati da allenatori, istruttori, sponsor e altri. Garantire la salute, la sicurezza, la privacy, l'autonomia corporea e l'integrità di tutte le donne e le ragazze nello sport è fondamentale, comprese le atlete trans, gender diversi e intersessuali. La falsa rappresentazione di queste persone come una minaccia per i diritti e la sicurezza delle donne cisgender comporta l'alto rischio di distogliere l'attenzione da queste questioni critiche e impedisce alle donne che subiscono questo tipo di violenza di accedere alla giustizia.
Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno evidenziato, come notano anche l'Unesco e UN Women, che "tutte le donne e le ragazze atlete sono suscettibili alla violenza, ma gli atleti LGBTIQ+, con disabilità e provenienti da contesti razziali, etnici, migratori e/o socioeconomici svantaggiati sono particolarmente a rischio". I relatori speciali delle Nazioni Unite hanno chiesto la rimozione delle politiche che richiedono alle atlete, comprese le atlete trans, di genere diverso e intersessuali, di sottoporsi a procedure mediche non necessarie per partecipare agli sport e hanno chiesto di rivedere le regole relative alla partecipazione agli sport per garantire il rispetto degli standard sui diritti umani.
"Per garantire la partecipazione libera e sicura di tutti allo sport, devono essere adottate ulteriori misure da parte degli Stati e delle associazioni sportive - conclude il rapporto - La partecipazione allo sport deve sfidare gli stereotipi di genere radicati e promuovere l'empowerment, contribuendo a una maggiore uguaglianza di genere, fornendo alle donne, alle ragazze e alle persone con diversità di genere piattaforme per dimostrare le proprie capacità e leadership. Deve essere prioritaria la partecipazione paritaria delle persone appartenenti a minoranze e gruppi emarginati. Programmi sportivi adattati e inclusivi svolgono un ruolo cruciale nel promuovere l'inclusione e la partecipazione delle persone con disabilità, sfidando lo stigma sociale e avanzando i diritti e la dignità di tali persone".
Foto: Facebook Uisp Torino