In Italia, i diritti delle donne sono ancora frequentemente messi in discussione, e lo sport è quasi esclusivamente associato alla figura maschile. Questa disparità mette in luce la necessità di interventi mirati che promuovano l'uguaglianza di genere. In questo contesto, l'iniziativa della Uisp Firenze di offrire un corso di nuoto riservato a donne di ogni etnia, cultura e credo religioso presso la piscina di Figline Valdarno rappresenta un esempio virtuoso.
Lo sport è una spia importante per capire gli orientamenti profondi di una società (Beha & Ferrarotti, 1983), e gli enti sportivi hanno la responsabilità di creare spazi sicuri e accoglienti per tutti, in particolare per coloro che si trovano spesso ai margini della partecipazione attiva. Se è vero che lo sport può fungere da veicolo, modello e specchio di conoscenza e autocoscienza (Barba, 2021), iniziative come quella della piscina di Figline riportano l’attenzione sul diritto delle donne a praticare sport senza il timore di essere giudicate per le loro scelte. Offrire momenti specifici in cui le donne, indipendentemente dalla loro fede o etnia, possano praticare sport in un ambiente protetto rappresenta un chiaro esempio del principio di equità.
In un paese in cui il corpo femminile è spesso percepito come un campo di battaglia su cui tutto è concesso (Bernardini, 2022), alcune persone potrebbero interpretare questa iniziativa come escludente. Tuttavia, è fondamentale chiarire che l'obiettivo non è creare divisioni o "escludere" nessuno, ma piuttosto garantire a tutti – in questo caso alle donne – le stesse opportunità di accedere alla pratica sportiva. L'uguaglianza non significa trattare tutti allo stesso modo, ignorando le differenze culturali, religiose o personali; al contrario, richiede di riconoscere le diverse esigenze e di rispondere a esse, creando condizioni in cui ciascuno possa sentirsi a proprio agio e partecipare attivamente. L'accesso delle donne allo sport non è solo una questione di uguaglianza, ma anche di salute e benessere. Oltre ai benefici fisici, lo sport rappresenta uno spazio di incontro, di costruzione di reti sociali e di emancipazione.
Molte donne, specialmente migranti o appartenenti a minoranze religiose o etniche, affrontano enormi ostacoli nella loro partecipazione alla vita pubblica. Per loro, l'iniziativa della piscina di Figline rappresenta una preziosa opportunità per uscire di casa, interagire con altre persone e vivere il proprio corpo in un ambiente sicuro e solidale. Attraverso la pratica sportiva, queste donne possono sperimentare un senso di appartenenza, sentirsi parte di un progetto collettivo e trovare il loro posto in una società che a volte le rende invisibili.
La scelta di garantire la presenza di istruttrici femminili risponde a esigenze legittime che meritano rispetto e consente di ampliare le opportunità di partecipazione sportiva. Sostenere tali iniziative non è solo un passo verso l'uguaglianza, ma anche un modo per arricchire la nostra società, promuovendo una cultura di inclusione e rispetto reciproco. (Davide Valeri)
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Davide Valeri, sociologo specializzato nel legame tra sport e migrazioni, attualmente dottorando presso l'Università di Padova
Bibliografia
Barba, B. (2021). Il corpo, il rito, il mito. Un’antropologia dello sport. Torino: Einaudi.
Beha, O., e Ferrarotti, F. (1983). All’ultimo stadio. Una repubblica fondata sul calcio. Santarcangelo di Romagna: Rusconi.
Bernardini, G. (2022). Velata. Hijab, sport e autodeterminazione. Alessandria: Capovolte.