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"L'azzardo non è un gioco": l'Uisp spiega il perchè

Dopo l'evento Uisp dedicato al gioco della tradizione, una riflessione per distinguere il gioco dall'azzardo. E non chiamatela "ludopatia" ma azzardopatia

 

Che cos’è il gioco? “Gioco è un’occupazione piacevole, che non ha bisogno di altri scopi che non siano altri da se” (Kant); “Disinteresse, esercizio, piacere” (Wittgestein); “Anche correre e camminare possono considerarsi un gioco: convivono play (muoversi in modo vivo, capriccioso e libero) e game (sistema regolato di gioco)”. Umberto Eco scriveva così nel 1995 in un convegno a Gradara al quale collaborava anche l’Uisp nell’ambito di Gradara Ludens. Il gioco è indefinibile e complesso, “l’equilibrio si ha, sia per l’individuo, sia per la società, quando si riescono a bilanciare in maniera armonica i giochi fisici e i giochi mentali”. Ma, che c’entra tutto questo con l’azzardo? È partito da questo quesito l’incontro "L’azzardo non è un gioco" che si è tenuto nella mattinata di venerdì 6 ottobre ad Orvieto, nell’ambito del Festival dei giochi e della tradizione organizzato dall’Uisp.  

In questa scheda ripercorriamo alcune tappe dell'impegno Uisp contro l'azzardo. 

Con l’azzardo la persona perde sempre, non c’è alcun rispetto, l'abilità del giocatore non c’entra ma conta soltanto la sorte, infatti è vietato e perseguito dalla legge in ambienti pubblici e privati. In Italia ci sono 24mila pazienti affetti da DGA - Disturbo da gioco d'azzardo, in carico presso SerT/SerD e strutture del privato sociale: sono 184 le strutture del Servizio sanitario e 95 quelle del privato sociale che prevedono attività cliniche specifiche per affrontare questa patologia. Un numero decisamente a ribasso visto che nelle relazioni che il Dipartimento delle politiche antidroga invia ogni anno al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia si stima da 300mila fino a un milione e trecento mila il numero dei giocatori patologici in Italia. Nel 2016 è ammontata a 96 miliardi di euro la raccolta, intesa come il numero delle giocate registrate in un anno, raccolta che nel 1998 era pari a 12,5 miliardi. È come se ogni italiano avesse puntato sul gioco d'azzardo 1.587 euro: pari a 132 euro al mese, sul lato delle entrate erariali. A fronte degli oltre 10 miliardi di euro incassati nel 2016 dallo Stato sotto forma di imposte sul gioco, il Paese ha pagato e continua a pagare enormi costi sociali, economici e sanitari, stimati nel 2012 tra i 5-6 miliardi di euro. A cui vanno aggiunti altri costi, difficilmente quantificabili, causati dall'alterazione del mercato della libera concorrenza e dai problemi di sicurezza derivanti dalla citata infiltrazione mafiosa nel gioco lecito, dalla crescita del ricorso all'usura, dal peggioramento delle condizioni di vita dei giocatori affetti da dipendenza cui vanno aggiunte le ricadute anche negli ambiti familiari e lavorativi. (fonti: Avviso Pubblico, Università di Pisa, Altra Economia pubblicati dal Sole 24 Ore del 21 settembre)

Grazie alla pressione dell’opinione pubblica, di molte campagne, come Mettiamoci in gioco di cui fa parte anche l’Uisp, di reti per la legalità e di contrasto alle mafie come Libera e di denunce di associazioni per contrastare la ludopatia, si fa strada nelle istituzioni la necessità di porre freni alla diffusione delle slot e delle macchine mangiasoldi. Il sottosegretario Baretta già da marzo 2017 si era ripromesso di far cambiare linea al governo (da un’intervista a Vita):  “….Al contrario, poter discutere apertamente su una piattaforma comune o comunque, come dice lei, a carte scoperte è fondamentale per dare il segno tangibile di questo cambiamento. Ecco perché credo sia davvero arrivato il momento di stabilire una nuova forma di controllo e di stimolo reciproco alla riflessione e all’azione. Le faccio un esempio: proprio sentendomi in accordo con il sentire comune, quando si è verificato il sisma a Amatrice, io mi sono opposto fermamente al fatto che, per finanziare la ricostruzione, si ampliasse l’offerta di gioco. Avremmo fatto lo stesso errore tragico commesso durante il terremoto dell’Abruzzo quando, per finanziare la ricostruzione, abbiamo inondato l’Italia di videolotteries….”

La Conferenza Stato-Regioni del 7 settembre ha realizzato un documento di intesa che ha l’obiettivo di ridurre i punti gioco del 50% e impegna il governo a produrre entro il 31 ottobre 2017 un decreto ministeriale: “L'obiettivo che lo Stato si propone, di intesa con gli Enti locali, è regolare la distribuzione dell'offerta di gioco diffusa nel territorio, tenendo conto delle accresciute esigenze sociali. Nel passato si è accettato si diffondesse l’aumento del gioco legale, in particolare delle slot, moltiplicando l’offerta nel territorio, con l'obiettivo, di porre, giustamente argine alla diffusione incontrollata dell’offerta di gioco illegale. Tutto ciò ha, però, provocato una nuova emergenza sociale che ha indotto gli Enti locali, in assenza di un quadro regolatorio nazionale aggiornato, a scelte, in generale restrittive. A fronte di questo quadro, la soluzione prospettata dal Governo e condivisa dalla Conferenza, è quella di ridurre l’offerta di gioco pubblico”.

La campagna Mettiamoci in gioco ha risposto così con un comunicato dell’8 settembre: “Per la Campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo, l’intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato Regioni rappresenta sì un piccolo passo avanti, ma assolutamente inadeguato rispetto all’obiettivo che le istituzioni per prime dovrebbero prefiggersi: ridurre drasticamente il consumo di gioco d’azzardo nel nostro paese. Tuttavia, la Campagna registra che, ancora una volta, non si è avuto il coraggio di agire in modo incisivo sul consumo del gioco d’azzardo: le vlt, dispositivi assai più pericolosi per il giocatore e più appetibili per concessionari ed esercenti, non vengono toccate e rimane in vigore la regolamentazione sulla pubblicità del gioco d’azzardo attuale, riconosciuta come insufficiente dallo stesso sottosegretario Baretta”.

Mettiamoci in gioco ritiene che un reale cambiamento nel settore sarà possibile solo nel momento in cui lo Stato deciderà una radicale riduzione delle entrate fiscali che provengono dal gioco d’azzardo. Le forze politiche devono assumersi la responsabilità di mettere la salute dei cittadini al di sopra di qualche miliardo di euro di tasse, che comunque arriverebbero in altro modo, come dimostrato da diversi studi in materia.

Oggi, l’Uisp che cosa può fare? Diffondere una nuova cultura dello sport e del gioco: al centro c’è la persona, la socialità, le relazioni, in tutte le età della vita; promuovere campagne di informazione e di contrasto all’azzardo come “Mettiamoci in gioco”; promuovere comportamenti di resistenza civica e boicottaggio delle macchine mangiasoldi e degli esercizi che le ospitano; formazione di operatori a livello territoriale; educazione al gioco libero e disinteressato, popolare e socializzante; prevenzione, valorizzando aspetti ludici e di rispetto di se stessi e degli altri in tutti gli sport, contrasto al doping e all’illecito; campagne con i ragazzi e nelle scuole; spingere il Coni a riconoscere tutte le attività che favoriscono gli aspetti ludici, non necessariamente finalizzati alle attività agonistiche o campionistiche. (di Ivano Maiorella)

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