Sabato 7 aprile si è svolto a Bologna il seminario di formazione nazionale sul tema della città, dal titolo "L’Uisp e la città. Sportpertutti, spazi urbani, reti sociali", promosso dalle politiche Uisp salute e l’inclusione, ambiente, impiantistica e beni comuni e terzo settore. Si è trattato dell’avvio di un percorso di lavoro in un’ottica intersettoriale e in raccordo con le strutture di attività, con l’obiettivo di condividere i programmi e le azioni da intraprendere per un rilancio delle politiche associative.
Proseguiamo la pubblicazione dei materiali dell’incontro con la relazione di Liliana Coppola, della Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia. “Con l’Uisp ci siamo conosciuti alcuni anni fa, quando il mondo della sanità stava scrivendo i Piani regionali della prevenzione – ha detto Coppola - in questi anni sono successe molte cose sui nostri temi, non necessariamente evolutive. Al centro delle riflessioni di tutte le politiche italiane ed europee in questi anni ci sono gli Obiettivi di sviluppo sostenibile 2030, tra i quali ne esiste uno specifico sulla salute, ma noi sappiamo ormai che la salute impatta su tutti gli indicatori legati allo sviluppo dell’umanità, quindi ha un ruolo rilevante in tutti gli obiettivi dell’ONU”.
Coppola ha evidenziato quanto sia importante ragionare di intersettorialità: “Siamo al terzo Piano di prevenzione regionale e, finalmente, il sistema sociosanitario ha riconosciuto un proprio limite e quindi una sua priorità: l’intersettorialità. In particolare la prevenzione, ad esempio delle malattie cronico degenerative, ha alla base lo stile di vita, quindi coinvolge soggetti e azioni che vanno oltre il medico e le Asl, e chiamano in causa i singoli cittadini, le comunità, le associazioni che, tutte insieme, possono promuovere prevenzione. Sono consapevolezze che risalgono agli anni '70, ma la necessità di costruire alleanze e fare reti è comparsa per la prima volta in un Piano di prevenzione nel 2014, che ha l’80% degli indicatori centrati sugli stili di vita. Devo rilevare che l’esperienza Uisp è stata più avanti di quanto non fosse il sistema sociosanitario italiano, ed è stato un grande pungolo”.
“È importante però superare la dimensione della progettualità: non mettiamo ancora in campo interventi che abbiano le potenzialità di cambiare la realtà strutturalmente, allora è meglio fare meno cose ma che cambino realmente la realtà. I progetti, così come sono applicati oggi, non garantiscono un impatto neanche a medio termine e sono assolutamente frastagliati e non coordinati. L’unica scelta possibile è avviare un piano di programmazione poliennale, con una logica di profondità per costruire presidi di equità in cui i cittadini vengano messi nelle condizioni di esercitare i loro diritti”.
Dall’intervento di Liliana Coppola emerge la necessità di riconoscere la dimensione sociale delle persone, che non vanno trattate come pazienti e isolate, ma immerse in una dimensione più ampia, in cui ci sono diversi fattori che concorrono a favorire o negare il benessere e la salute. La Carta di Ottawa del 1986 definisce il concetto di “promozione della salute” come il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Secondo la Carta di Ottawa, promuovere la salute significa: costruire una politica pubblica per la tutela della salute; creare ambienti capaci di offrire sostegno; rafforzare l’azione della comunità; sviluppare le capacità personali; riorientare i servizi sanitari. “Le strategie di promozione della salute prevedono di dare forza alla comunità e agli individui, attraverso percorsi che devono essere convergenti e coerenti – conclude Coppola – La logica dei Piani di prevenzione regionali e la programmazione con più attori coinvolti prevede di definire un canovaccio comune con gli obiettivi e le scelte di sviluppo, che viene poi condiviso e interpretato dai vari attori a seconda delle loro competenze, mantenendo una trama unica”. (Elena Fiorani)
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