Nazionale

L'Uisp ricorda Pietro Mennea, campione di umiltà

Fiaschi, Lega atletica Uisp: "Abbiamo perso un compagno di strada". Ripubblichiamo ultima intervista Mennea ad Atletica Uisp

Aveva concluso il suo ultimo libro, “La corsa non finisce mai”, con una frase di Tommie Smith: “Non siamo mai i più grandi per lungo tempo. L’atletica è una scuola di umiltà”. E con grande umiltà, quasi in silenzio, è scomparso questa mattina Pietro Paolo Mennea, dopo una lunga malattia di cui solo pochi intimi erano a conoscenza.

Nato a Barletta nel 1952, aveva ben presto abbandonato la sua città d’origine per Formia, città all’avanguardia negli anni ’70 per l’impiantistica sportiva. Protagonista indiscusso dell’atletica italiana e internazionale degli anni ’80, divenne in breve tempo uno dei velocisti più longevi al mondo con un record sui 200 metri imbattuto dal 1979 al 1996 con un tempo di 19’’72. Partecipò a 5 Olimpiadi e a 528 gare, di cui 52 con la maglia della Nazionale. Malgrado il successo, non dimenticò mai le sue umili origini (il padre era sarto e la madre casalinga), battendosi anche a carriera conclusa per uno sport più umano, lontano da ogni eccesso agonistico e da ogni esasperazione mediatica. “Io sostengo che la crescita agonistica di un atleta deve andare di pari passo con quella culturale. Non si possono mettere i valori della persona in secondo piano. Una vittoria raggiunta per interesse economico è un fatto relativo, quello cui dobbiamo tendere è la crescita della persona, come può rendersi utile anche dopo la sua stagione agonistica”: questo il più bel lascito che Mennea ci ha regalato in un’intervista rilasciata alla Lega atletica Uisp tramite la sua rivista on-line (leggi l'intervista in formato PDF, pag. 10).

“La sua scomparsa ci lascia un grande vuoto - è stata la prima dichiarazione del presidente della Lega atletica Uisp Fabio Fiaschi - è una perdita enorme non solo per l’atletica ma per tutto lo sport italiano, era una persona che aveva ancora tanto da dare per la grande coerenza sempre dimostrata e per il grande impegno che ha messo in tutto quello che ha fatto. Non dimentichiamoci che è stato uno dei pochi sportivi a battersi in più di un’occasione per la lotta contro il doping e che a fine carriera aveva anche aperto una Fondazione per promuovere progetti a sostegno della ricerca scientifica e per la diffusione della cultura verso i soggetti più svantaggiati. Abbiamo perso un compagno di strada prima che un campione sportivo”. (di Donatella Vassallo, Redazione Uisp atletica)