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Manco, Uisp: “Movimenti coraggiosi: lo sport è terzo settore”

La relazione introduttiva del presidente nazionale Uisp all'Assemblea Congressuale Nazionale Uisp di Chianciano terme

 

Il tema dell’autoriforma dell’Uisp ha tenuto banco in questa Assemblea Congressuale Nazionale in corso di svolgimento a Chianciano Terme. Un percorso già avviato in autonomia dall’associazione da qualche anno, un'autoriforma interna che ha coinciso con una diffusa consultazione dei gruppi dirigenti ad ogni livello. Oggi, alla luce di quanto prevede la riforma legislativa del terzo settore e di quanto richiesto dall’ordinamento sportivo, l’Uisp è chiamata a consolidare questo cammino attraverso un adeguamento statutario.

Alla presenza di alcuni tra i più rappresentativi esponenti del terzo settore e della promozione sportiva italiana, i lavori sono stati aperti nel pomeriggio di venerdì 14 giugno dalla relazione di Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp: “Questo importante passaggio assembleare della Uisp si colloca a pochi giorni dal voto per le elezioni europee ed amministrative. Smentendo le previsioni funeste dei nazionalisti, l’Europa c’è ed ha resistito attraverso la sua base elettorale che è rimasta solida. Grazie ad un aumento complessivo dell’affluenza alle urne, infatti, la sua legittimità democratica oggi è addirittura rafforzata. Tuttavia non c’è da nascondersi che oggi l'Europa si è ridotta ad un coacervo di nazioni che si contendono lo spazio per difendere ciascuno la propria pretesa identità. Tecnocratica e sempre più lontana dal sogno dei padri fondatori, non è più la bandiera della fraternità né tantomeno quella della solidarietà, bensì un'idea divenuta addirittura detestabile, bersaglio dei pensieri più turpi, capace di alimentare paure ed  egoismi”.

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“Le priorità dell’Europa futura dovranno riguardare la difesa dei beni comuni, nel settore dell’istruzione, dell’energia, dell’immigrazione e della sicurezza. Ma la vera grande attenzione va prestata alla dimensione sociale per costruire nuovi sistemi di welfare e di protezioni, di cooperazione e solidarietà, garantire diritti, tali che in futuro le cittadine ed i cittadini europei possano davvero identificarsi con l’Unione. L’unica possibilità per uscire dall’angolo dell’euroscetticismo diffuso è rifondare l’Europa e le istituzioni europee su pilastri inclusivi e partecipativi, che rendano possibile una riappropriazione delle stesse istituzioni da parte dei cittadini europei”.

“Noi siamo tra quanti dicono che di fronte alle disuguaglianze crescenti c’è bisogno di un nuovo umanesimo capace di riconnettere forme di infrastrutturazione sociale per promuovere solidarietà ed inclusione, animazione culturale, nuovi diritti, partecipazione e coesione. Proposte radicali di giustizia sociale che siano in grado di redistribuire ricchezza per lungo tempo, negli ultimi anni soprattutto, concentratasi nelle mani di pochi. Per fare ciò è necessario alimentare il senso di appartenenza delle persone ed il loro fecondo coinvolgimento nella comunità. E una sfida chiara per il futuro dell’Europa: il Pilastro Sociale Europeo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu”.

“E’ di fronte a questo scenario, particolarmente inedito dal dopoguerra ad oggi, assolutamente nuovo nel rapporto con la nostra stessa storia associativa che vogliamo trovare le forme di un rinnovato protagonismo e della soggettività Uisp, della nostra capacità di promuovere tessiture sociali che devono necessariamente assumere una dimensione europea ed internazionale. Noi possiamo essere tra coloro che producono l’alimento necessario alla democrazia per restituirle il potere di guidare e di non subire il futuro. E l’occasione ci è stata offerta proprio dal percorso, per noi spesso accidentato, che ha caratterizzato la riforma del terzo settore”.

“Il filo rosso che ha legato l’impegno dell’Uisp dal 2013 ad oggi è quello di immaginare l’orizzonte di un’associazione aperta, riformata e riformista. Con riferimento al bisogno di ricostruire un’etica dell’esempio che desse chiaro il segnale fuori e dentro di noi, con la responsabilità di chi deve individuare strade e modelli organizzativi per profonda riflessione sul sistema dei valori che ancora oggi costituiscono il cuore della nostra mission”.

Siamo in attesa di risposte precise  da parte del Coni e del Governo che avevano garantito controlli e regole certe per definire fino in fondo quali fossero gli Enti di promozione sportiva che davvero organizzano la promozione sportiva, che predispongono una formazione di qualità e che procedono al tesseramento di persone seguendo le regole previste dallo stesso regolamento di cui sopra. Sia chiaro, noi andremo fino in fondo. Fino a quando non avremo avuto pieno riscontro di tutto ciò che da tempo abbiamo denunciato e che è esattamente sotto gli occhi di tutti. Basta con le affiliazioni di associazioni di secondo livello, basta con i diplomifici, basta con le realtà mascherate da attività sportiva che non fanno altro che rendere ancora più sleale ed iniqua l’accessibilità alle risorse pubbliche. Sarebbe sufficiente prendere la tabella del bilancio del Coni che si approva ogni anno, relativa all’incidenza del contributo atteso sul valore della produzione complessiva di ogni Eps, per fare delle scelte che sono ormai non più procrastinabili”.

“La riforma del terzo settore ha aperto ulteriori nuovi scenari rispetto ai quali l’Uisp è stata capace, però, di reagire allo spaesamento iniziale, presidiando costantemente tutti i tavoli istituzionali, quelli del sistema sportivo e del terzo settore. Assumendo comportamenti di totale correttezza nei confronti dei vari soggetti, esprimendo la nostra autonomia di pensiero e continuando caparbiamente a perseguire l’obiettivo di predisporre le condizioni per ottenere il riconoscimento di Associazione di Promozione Sociale – Rete Associativa Nazionale e parimenti quello di Ente di Promozione Sportiva da parte del Coni, avendo recepito le normative della nuova legislazione di riferimento".

 “Il futuro è più vicino: lo sport per tutti è terzo settore! Al risultato, che oggi presentiamo alla nostra platea congressuale per le decisioni conseguenti, ci siamo arrivati con la piena consapevolezza della portata della scelta, che è data dal salto qualitativo che la riforma produce. Ovvero consentire il passaggio del terzo settore italiano da un regime concessorio ad un pieno riconoscimento giuridico. Questo è il punto centrale che, dopo la prima fase di negoziazione della riforma, ci ha spinti a leggerne le opportunità. Nonostante ci sia ancora bisogno di qualche intervento interpretativo su alcune questioni specifiche che, insieme al Forum del Terzo Settore, abbiamo avuto modo di individuare per poterle poi sottoporre all’attenzione del Ministero”.  

“Nella sostanza: per prima cosa la riforma disegna un perimetro. La definizione di terzo settore è fondamentale perché non basterà più essere non profit ma occorrerà avere anche finalità civiche, solidaristiche, di utilità sociale e attuare il principio di sussidiarietà. Viene ancora riconosciuto che il terzo settore si basa in primis sulla partecipazione volontaria, libera, autonoma e spontanea dei cittadini. Il primo prodotto, pertanto, di un ente di terzo settore, è la creazione di capitale sociale, di fiducia, di coesione sociale”.

“L’assemblea congressuale diventa allora l’occasione per ribadire fino in fondo il nostro orgoglio, per avere avuto il coraggio di affrontare anni fa una riforma interna, per archiviare e semplificare il vecchio modello organizzativo. Siamo stati anticipatori, buoni profeti del cambiamento e ciò ha permesso di registrare un vantaggio competitivo nel rapporto con le novità legislative. Ci siamo allenati, abbiamo messo fieno in cascina, lavorato pancia a terra, tutte e tutti. La direzione nazionale, il consiglio, i responsabili della governance ma soprattutto i comitati territoriali, regionali e le strutture di attività, gli uffici. Grazie per il lavoro immane che abbiamo messo in campo dal 2013 ad oggi”.

“In questa nuova dimensione diventa ancora più agevole affermare che lo sport è cultura e cittadinanza. La prima funzione che svolgono l’attività motoria, il movimento, la pratica sportiva è di produrre una frattura con la sedentarietà, mettendo in circolo sentimenti e pensieri positivi favorendo relazioni con altri corpi, socialità, conoscenza e incontro con persone che provengono da altre culture. Una nuova cultura sportiva, pertanto, considera lo sport come movimento che contribuisce ad un nuovo welfare generativo e realizza sussidiarietà orizzontale. Benessere, solidarietà, salute, sostenibilità, rigenerazione e sviluppo del territorio, diritti e partecipazione democratica. Vuol dire mettere al centro la persona in ogni età della propria esistenza e considerare lo sport alla pari nelle politiche pubbliche, nel rispetto delle diverse autonomie. Così il Forum del Terzo Settore, il Comitato Olimpico, il Forum Disuguaglianze e Diversità, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, le altre reti nelle quali esprimiamo la nostra rappresentanza, nonché lo stesso rapporto con alcune aziende che sono impegnate sulla responsabilità sociale, con marchi etici, nell’economia circolare, diventano per noi luoghi di scambio, di contaminazione, di arricchimento e crescita. Che auspichiamo possano anche determinare la diffusione di una maggiore conoscenza del valore sociale dello sport".

“La sfida: realizzare una vera dimensione nazionale. I lavori di questi giorni ci servono anche per capire insieme a che punto siamo con gli indirizzi assunti al Congresso del 2017, in cui abbiamo indicato cinque impegni sui quali dare mandato alla Direzione Nazionale ed ai vari responsabili della governance. Attività, formazione, progettazione, società sportive ed impiantistica. Molte energie sono state impiegate nel rapporto con le Strutture di Attività per definire i regolamenti tecnici ed i nuovi moduli formativi ma credo si possa dire che con l’inizio della nuova stagione avremo chiuso il faticoso e complesso lavoro”.

“Concludo dicendo che per affrontare la vera sfida che abbiamo davanti a noi abbiamo bisogno di  realizzare in modo fattivo una vera dimensione nazionale, in un rapporto circolare tra centro e periferia, tra nazionale e territorio. Le disuguaglianze e le criticità organizzative dei territori alla lunga penalizzano tutti. Non c’è vera associazione nazionale se tutti non si sentono e non vivono la partecipazione con un senso di responsabilità collettiva a prescindere dal ruolo ricoperto. Siamo tutti chiamati a trovare forme che garantiscano pari opportunità di sviluppo”.

“Noi abbiamo unito idealità e concretezza, questa è la nostra forza. Abbinata ad una visione di un mondo giusto, equo, solidale, inclusivo. Dobbiamo assumerci la fatica di rappresentare tutte le nostre basi associative, coinvolgere i nostri soci nel cammino che abbiamo ancora da fare. Con un rinnovato ruolo pedagogico ed il riferimento costante ai valori costituzionali. Agire come bene collettivo a disposizione del paese, così potremo contribuire a risvegliare le coscienze ed essere un nuovo lievito per la crescita dello sport per tutti e del terzo settore italiano. Occorre farlo come la nostra storia ci insegna assumendo scelte attraverso Movimenti Coraggiosi. Avanti, che siamo sulla buona strada!”. (A cura di Ivano Maiorella e Elena Fiorani)