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Olimpiadi e diritti umani: i tempi sono maturi

Lo storico dello sport Patrick Clastres, si interroga sulla mancata inclusione nella Carta Olimpica dei diritti umani. Che cosa aspetta il Cio?

 

Che cosa aspetta il Cio ad includere i diritti umani nella sua Carta Olimpica? Se lo chiede lo storico dello sport Patrick Clastres, insegnante presso l’Università di Losanna, in questo articolo dello scorso aprile su Le Monde

Una mancanza che stride con il ruolo sociale ed educativo che lo sport gioca, in tutto il mondo. “Oggi, o il CIO e le altre organizzazioni sportive continuano sulla strada della neutralità, che significa compromesso, oppure cambiano il loro software – scrive Clastress - Il CIO non ha incluso i diritti umani nella sua Carta olimpica, non è vincolato a nessun testo internazionale”.

E allora, dopo l'invasione russa dell'Ucraina, il 24 febbraio, perchè il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha raccomandato un inedito divieto di partecipazione ad atleti russi e bielorussi? Per lo storico dello sport e dell'olimpismo Patrick Clastres, il CIO è soprattutto realpolitik per garantire la sopravvivenza del sistema olimpico: “Non stiamo assistendo a una svolta di 180 gradi, non ci sono argomenti teorici sviluppati dal CIO per spiegare le sue raccomandazioni, a parte il fatto che la Russia non ha rispettato la tregua olimpica”.

In sostanza, questa è la tesi di Clastres: “il CIO temeva di essere superato da alcune federazioni e dagli atleti – diventati un attore importante nel gioco della diplomazia sportiva – e di vedere annullate le competizioni per mancanza di concorrenti. Il CIO non ha deciso nulla per se stesso, non escludendo i propri membri russi, e ha riferito alle federazioni internazionali la responsabilità di bandire Russia e Bielorussia”.

Quindi altra occasione mancata per il Cio di aprirsi e democratizzarsi: la questione dei diritti umani continua a rimanere la grande assente, sia dalla Carta olimpica, sia dai documenti richiesti sinora alle città candidate ad ospitare i Giochi, ovvero Requisiti Operativi e piano di attuazione dei Giochi. La difesa dei diritti umani è sempre stata lasciata al protagonismo individuale e al coraggio dei singoli atleti, che hanno sfidato a loro spese le regole imposte dal Cio e dai loro Paesei. Per approfondire clicca qui

Dal 4 al 20 febbraio si sono tenuti i XXIV Giochi Olimpici Invernali 2022 a Pechino e le autorità cinesi sono state chiare, sin dall'inizio: chi non rispetterà il codice di comportamento sarà sottoposto a severe sanzioni. Pur non dichiarando mai quali sarebbero state queste sanzioni, si sono richiamati all’articolo 50 della Carta Olimpica che stabilisce che “non saranno permessi manifestazioni o propaganda politica, religiosa o razziale in alcuna sede olimpica”. Il controllo è stato nelle mani delle autorità cinesi anche se il Cio ha chiarito che gli atleti sono liberi di esprimere le loro opinioni su qualsiasi argomento in interviste, ma non durante le cerimonie di consegna di medaglie o durante le competizioni.

Eppure nella Carta Olimpica, tra i Principi Fondamentali dell'Olimpismo, si legge: “la pratica dello Sport è un diritto umano. Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport, senza discriminazioni di alcun tipo, con spirito di amicizia, solidarietà e fair play e nello spirito Olimpico, che richiede intesa reciproca”.

Negli anni il CIO si è cullato in una visione idealistica dello sport moderno, così come l’aveva disegnata il Barone Pierre de Coubertin 125 anni fa, il quale immaginava gli eventi sportivi internazionali alieni dal contesto storico-politico. Una sorta di sospensione che si è progressivamente allontanata dall'attualità concreta: lo sport e la politica sono sempre più interconnessi, come lo sono diplomazia e nazionalismi, media e mercato. Una relazione solleticata dai nazionalismi che progressivamente si sono affermati rispecchiando, in chiave simbolica, una gerarchia tra Paesi, sistemi, civiltà. Non osteggiata dal Cio e amplificata dai media. Sebbene nella Carta Olimpica si legga che i Giochi sono una competizione tra individui.

Anche in questi aspetti affiora una mancata democratizzazione e apertura del sistema sportivo internazionale e del Cio, che sembra incapace di cogliere tutte le potenzialità educative e sociali del fenomeno sportivo, alieno dal volersi aprire al tema dei diritti umani e custode di un sistema di regole refrattario ad autoriformarsi e incline a decidere caso per caso, secondo un sistema di coerenze (e incoerenze) dettato dalla convenienza e non dal diritto. (Ivano Maiorella)

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