Parla di un Cio refrattario a “democratizzarsi” e che “non segue una linea etica per le sue decisioni” ma solo calcoli geopolitici. E parla dello sport come uno “degli ultimi luoghi in cui il razzismo si esprime pubblicamente”. E si chiede: “Perché gli atleti non dovrebbero potersi esprimere liberamente come gli artisti?”.
Viene da chiedersi chi sia questo Robespierre dell’ordine sportivo costituito. Non sorprenda che si tratti di uno dei massimi storici mondiali dello sport, docente nell’Università di Losanna, città sede del Cio. E se le analisi del professor Patrick Clastres, poco tradotto e seguito in Italia, fossero invece la strada per indicare al Cio un futuro nuovo, più al passo con i tempi, più democratico? E quindi meno conformista di quello che è attualmente, con l’obiettivo di preservarne e attualizzarne i valori decoubertiani?
“Per diventare compatibile con i diritti umani – scrive Patrick Clastres - l'olimpismo potrebbe porre fine ai suoi demoni e diventare, perché no, il mito democratico ed emancipatorio che afferma di essere”. Ma l’olimpismo vuole davvero “porre fine ai suoi demoni”?
Per saperlo lo abbiamo raggiunto telefonicamente ad un mese dall’inizio dei Giochi olimpici di Parigi. Ci ha concesso questa intervista con la semplicità e la disponibilità che è propria dei grandi interpreti del nostro tempo. D’accordo con il professor Clastres pubblicheremo l’intervista su Uispress (divisa in tre parti, le altre nei prossimi numeri) e questa prima parte diventa anche uno speciale del Giornale Radio Sociale, curato da Elena Fiorani.
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Alla vigilia dei Giochi olimpici di Parigi, alcuni nodi cominciano a venire al pettine. Affiorano emergenze sociali e ambientali. Sullo sfondo ci sono gli irrisolti venti di guerra in Ucraina e Palestina. E gli interessi economici e politici che accompagnano un grande evento globale come i Giochi vanno letti alla luce dell'aggrovigliata tornata elettorale del 30 giugno e 7 luglio in Francia, dopo il terremoto delle elezioni europee di soli venti giorni fa.
Che cosa rimane dell'ideale olimpico? Qual è il senso dei Giochi olimpici in questo contesto? Eppure Parigi è una città simbolo della libertà e della democrazia: il fatto che i prossimi Giochi si svolgeranno qui, servirà ad ‘aprire’ il Cio a nuove istanze?
"Il Comitato Olimpico Internazionale è un’organizzazione estremamente conservatrice - risponde Patrick Clastres - che affonda le sue radici nelle élite dominanti, alla fine del XIX secolo. Da allora, si è perpetuata cooptando se stessa. Non ci sono elezioni democratiche per eleggere i membri, un po’ come avviene in Vaticano in cui i cardinali stessi si scelgono tra di loro e successivamente eleggono il Papa. Ciò significa che il Cio oggi è composto da 106 persone che provengono da 70 paesi diversi, mentre il Cio riconosce 206 Comitati olimpici nazionali, quindi ci sono più di 130 nazioni che non sono rappresentate all’interno del Comitato olimpico internazionale. La neutralità del Cio non esiste e le sue radici ideologiche sono estremamente conservatrici, la storia ha dimostrato che i membri del Cio sono stati dalla parte dei regimi autoritari".
Ci sono stati cambiamenti negli ultimi anni? Qual è la situazione rispetto ai diritti umani?
"Ci sono stati degli sviluppi negli ultimi vent’anni, abbastanza evidenti, con l’ingresso dei democratici liberali, ma non si può dire che all’interno del Cio sia rappresentato l’intero orizzonte politico. La istituzione si sta evolvendo sotto la pressione dei movimenti di cittadini, con l’integrazione di tematiche più orientate al rispetto dell’ambiente e dei diritti umani, anche se i diritti umani sono stati formalmente inclusi nella Carta Olimpica solo nel 2023".
"Per quanto riguarda Parigi, teniamo presente che la responsabilità principale del Comitato organizzatore dei Giochi di Parigi non è del governo francese e nemmeno del Comitato olimpico francese, ma è direttamente il Cio. È tutto un gioco di trattative che si svolge tra il governo francese e il Cojo, il Comitato organizzatore, che ha la decisione finale sulle questioni come la sicurezza dell'evento. La realizzazione della logistica dei trasporti e il finanziamento delle infrastrutture sportive spettano al governo francese, ma tutto l’ambiente culturale è responsabilità del Cojo. Lo abbiamo visto durante il viaggio della fiamma olimpica: per la prima volta, il Cojo ha concesso l'utilizzo della fiamma olimpica ai Dipartimenti, le suddivisioni territoriali francesi, chiedendo loro un corrispettivo economico. Sessanta Dipartimenti su 100 hanno pagato 180.000 euro, più 120.000 euro di spese aggiuntive, solo per accogliere la fiamma sul proprio territorio, con effetti turistici irrilevanti. In alcuni casi questa somma rappresenta la metà del budget destinato allo sport per tutti in un Dipartimento. Alcuni hanno dovuto rateizzare questo pagamento in tre anni, il che significa che per tre anni avrà un impatto sui sussidi concessi allo sport di base".
"Per quanto riguarda la Francia, terra di libertà, nell'attuale situazione politica, suscita dubbi sulla sua reale capacità di avere un effetto a catena di democratizzazione. Possiamo sperare che la democrazia trionfi, ma possiamo anche avere dubbi sul futuro dei Giochi che potrebbero offrire spazi a partiti considerati xenofobi, razzisti e antidemocratici. Questo è un pericolo che stanno vivendo anche altri Paesi in Europa, come l’Italia, l’Ungheria, la Polonia".
GUARDA LA PRIMA PARTE DELL'INTERVISTA (in francese)
L’eco delle notizie che arrivano da Parigi parlano di difficoltà ambientali e sociali, che cosa ci guadagna una città come Parigi dai Giochi olimpici?
"In francese si dice: i Giochi valgono la candela? Abbiamo in qualche modo un ritorno sull’investimento di questa spesa di denaro pubblico? Se guardiamo all'urbanistica e ai trasporti, e questo vale per tutte le città che hanno ospitato i Giochi Olimpici, possiamo dire che ci sono stati dei progressi nel sistema dei trasporti e la riqualificazione di quartieri abbandonati, occupati da cittadini disagiati. Il problema è che il rinnovamento di questi spazi porta a quella che geografi e urbanisti chiamano “gentrificazione”, vale a dire che le popolazioni più povere vengono spinte sempre più verso le periferie e devono abbandonare gli spazi centrali che vengono reinvestiti in uffici e poi in abitazioni per l’alta borghesia o semplicemente per l’edilizia abitativa che entra in Airbnb, nuovo sponsor del Cio. Da questo punto di vista raramente i risultati sono positivi".
"La questione ambientale è stata sollevata fin dai Giochi di Sydney del 2000. A Parigi la Senna non è più balneabile da molto tempo. Quello che ci guadagniamo è che sarà decontaminata e se non ci sarà brutto tempo potremo nuotare in tutta sicurezza. Si tratterà probabilmente di un guadagno, quello che il Cio definisce un’eredità per Parigi. Quello che è piuttosto preoccupante, dal punto di vista del funzionamento delle nostre istituzioni, è che ci sia bisogno di un evento come i Giochi Olimpici per generare politiche igienico-sanitarie e politiche di rinnovamento urbano, mentre potremmo immaginare che possa avvenire a prescindere da questo evento".
"In Francia abbiamo una particolarità, la stratificazione amministrativo-politica. Ovvero, quando hai il governo, la regione, il dipartimento e la città che non sono dello stesso versante politico, è molto difficile trovare accordi. Allora dov’è l’interesse pubblico? Non è forse l'interesse pubblico che dovrebbe dominare e non gli interessi di parte a ogni livello della stratificazione politico-amministrativo? Ciò solleva interrogativi sul senso pubblico dei funzionari eletti nelle nostre moderne democrazie" (1-continua) (intervista realizzata da Ivano Maiorella. Ha collaborato Francesca Spanò per la traduzione)