Giovedì 29 febbraio Uisp Veneto ha organizzato un seminario di formazione sulle politiche per la promozione dell’attività fisica nella popolazione anziana ai fini di un invecchiamento attivo. L’iniziativa è stata promossa con Regione del Veneto in collaborazione con l’Azienda ULSS2 “Marca Trevigiana”. Obiettivo dell’incontro è stato approfondire la ricerca e l’analisi sulle leve motivazionali che sostengono gli stili di vita attivi negli anziani e sui molteplici percorsi che concorrono al benessere degli individui.
Una panoramica che, partendo dalla centralità della persona e da tutti i fattori combinati favorenti la sua salute, stimolasse riflessioni condivise e un dialogo costruttivo tra AULSS, Comuni, Uisp e altri soggetti coinvolti, in un’ottica di “one health”.
Tra i relatori è intervenuto anche Fabio Lucidi, professore ordinario di psicologia, prorettore La Sapienza di Roma, che ha illustrato i processi psicologici, ma anche sociali, che sono alla base della motivazione ad agire, per riflettere insieme su cosa fare per promuovere il movimento nella popolazione anziana, in un modo che sia efficace ed abbia effetti duraturi.
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L’analisi di Lucidi è partita dalle origini della riflessione sul movimento in età anziana: “Non è un tema recente - ha esordito lo psicologo - se ne parlava già ai tempi degli antichi romani, l’otium rappresentava il sistema di diritti ad un invecchiamento in cui si era svincolati dai doveri civici ma si continuava a partecipare in modo attivo alla vita comune. Dal punto di vista delle scienze gli studi sono più recenti: il primo articolo scientifico sugli effetti dell’attività motoria sulla salute è del 1953, del professor Jerry Morris che arriva alle sue conclusioni misurando i passi fatti dai postini rispetto agli impiegati postali, e rilevando il miglior stato di salute dei primi rispetto ai secondi. Nello stesso anno Francis Crick e James Watson scoprono la struttura del dna e la loro scoperta cambia la storia della scienza, con l’esplosione della biologia molecolare e dell’ingegneria genetica, fino ad arrivare alla mappatura del codice genetico degli esseri umani. La scoperta di Morris, invece, cambia un po’ la storia di alcune politiche ma tuttora, malgrado i miglioramenti apportati nella vita delle persone dal movimento fisico, più di un terzo delle persone dichiara di essere sedentario. L’inattività dei bambini determina effetti che successivamente si associano ad un’elevata spesa sanitaria e quindi a dolore, mentre l’inattività degli anziani si traduce immediatamente in dolore. Per questo è necessario porre grande attenzione sul tema, dato che la popolazione con più di 65 anni è anche quella prevalente”.
Negli anni sono state sperimentate molte politiche ed azioni, ma dal 1953 non è cambiato molto e i cambiamenti maggiori sono relativi all’organizzazione dei comportamenti sociali più che risposte ad azioni politiche o sociosanitarie. Le proposte politiche tese alla trasformazione dei comportamenti si dividono in due approcci: “Il primo fa riferimento a un cambiamento nell’approccio sanitario all’attività fisica, contemplando la possibilità di una prescrizione. Il secondo si basa sulle opportunità derivate dalle nuove tecnologie”.
Negli anni si sono affermati vari modelli di rapporto con la pratica sportiva, tra questi quello svedese è stato scelto dall’Unione europea per essere implementato attraverso il programma European physical activity on prescription model, un progetto triennale a cui partecipano vari Paesi per verificarne l’efficacia. “Secondo questo modello il coinvolgimento della popolazione è il risultato dell’interazione tra cinque componenti: il counseling centrato sulla persona, che è il punto fondamentale del modello; le prescrizioni scritte; raccomandazioni di attività fisica basate su evidenze scientifiche; monitoraggio; supporto basato sul coinvolgimento di una comunità. Nel contesto svedese le persone vengono spinte all’attività fisica in ambiti di quartiere, dentro uno spazio limitato e collocato nella rete di comunità, andando poi a misurare quello che succede successivamente”. L’idea alla base di questo modello è che l’individuo deve condividere il senso della proposta e comprenderne gli scopi; prevede quindi una partecipazione cognitiva e la necessità di sostenere la persona nel suo contesto facendogli percepire che agisce in una comunità di intenti e pratiche. Le conclusioni scientifiche rilevano che la prescrizione ha un effetto positivo moderato, nel 10% dei casi, ma è evidente che il risultato dipende dal ruolo della relazione, dal centro nodale rappresentato dal counseling individuale centrato sul paziente. “A determinare il cambiamento nello stile di vita non è né il medico né l’educatore ma la persona che lo mette in atto, sostenuta dagli esperti. Il tema chiave è motivazionale”.
L’altro approccio punta sulle nuove tecnologie, in particolare sull’utilizzo di dispositivi indossabili, come gli smartwatch, diventato ormai di uso comune, che permette anche un monitoraggio costante. Per quanto riguarda gli effetti i risultati sono simili: sia sul calo temporale che nell’attività fisica degli adulti è stato verificato un effetto positivo, sempre nell’ordine del 5%, ma a lungo termine l’effetto diminuisce, in entrambi i modelli.
Insieme ad altri specialisti, Lucidi sta promuovendo una nuova ricerca in cui i gruppi oggetto di analisi interagiscono con un coach reale o con uno virtuale che utilizzano entrambi due modalità comunicative diverse, quindi dando vita a quattro opzioni. “L’obiettivo è capire se la differenza è legata all’allenatore, virtuale o reale, o allo stimolo corretto. La letteratura al momento ci dice che l’efficacia dell’intervento cambia in funzione della capacità di evocare meccanismi psicologici e dare feedback adeguati lungo il percorso. Ci sono meccanismi chiari e replicabili anche nei percorsi psicologici e motivazionali: se non c’è coinvolgimento personale e adesione al percorso intrapreso il drop out sarà più veloce. Se invece c’è la convinzione di svolgere un’azione utile a raggiungere l’obiettivo prescelto è più facile ottenere la costanza".
Tra motivazione e intenzione ci sono una serie di atteggiamenti, legati a relazioni o al rapporto tra vantaggi e svantaggi, che sono assolutamente soggettivi. Intenzione e azione sono sistemi diversi, ed il secondo necessita di una pianificazione e poi del mantenimento dell’iniziativa. Ci può essere una prescrizione, una nuova tecnologia, una comunità, un medico, un educatore, ma al centro di tutto c’è una persona che ha un sistema motivazionale, degli atteggiamenti, norme soggettive, un sistema di efficacia personale: un sistema complesso che porterà ad una decisione vincolante per il singolo. "Le discussioni su questi temi spesso vertono sul piano normativo od organizzativo invece che sul dialogo centrato sulla persona: così la prospettiva è quella dell’educatore o del medico, ma quello che conta è la prospettiva dell’utente che dovrà mettere in atto quella decisione. Per questo - ha concluso Lucidi - la scoperta di Francis Crick e James Watson ha avuto più successo nel tempo: perchè non ha bisogno della motivazione e dell’intenzione dell’individuo, il genetista controlla l’azione sul codice genetico, ma è il singolo camminatore che controlla l’azione sui suoi propri passi”. (A cura di Elena Fiorani)