Nazionale

Accoglienza, sorrisi e sport: il viaggio di Vivicittà a Suceava

Vivicittà al confine tra Romania e Ucraina, un mix di emozioni: ha vinto ancora una volta lo sport. Il racconto di Sergio Pannocchia e Daniela Conti

 

Domenica 3 aprile Vivicittà, la corsa per la pace dell’Uisp, è atterrata in Romania, precisamente a Suceava, una cittadina rumena a 40 km dal confine con l’Ucraina. Una delegazione, composta da Loredana Barra, responsabile Politiche educative e inclusione Uisp, Daniela Conti, responsabile Politiche interculturalità e cooperazione Uisp, Alessandro De Paolis, direttore impianto Fulvio Bernardini Uisp Roma, Sergio Pannocchia, responsabile comunicazione Uisp Roma, e Alberto Ricci, operatore Uisp Roma, è volata fino a lì con l’obiettivo di portare aiuti e medicinali all’associazione Sport for All Suceava, partner Uisp a livello internazionale. Inoltre, l'Uisp ha voluto portare la storica manifestazione Uisp in un luogo vicino al conflitto ucraino per portare un messaggio di pace.

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La missione ha coinvolto la delegazione Uisp in un viaggio lungo i vari centri di accoglienza predisposti in Romania. Da un liceo a un palazzetto dello sport, da un’associazione nata per percorsi di riabilitazione per ex detenuti a un planetario universitario. In tutto il Paese sono state aperte innumerevoli porte per accogliere, parole fondamentali che abbiamo constatato in ogni singolo attimo della nostra visita. Al centro, come sempre, lo sport per tutti che è riuscito nel suo intento, quello di abbattere confini tra popoli mettendo in primo piano il divertimento e il sorriso di un bambino. Vivicittà a Suceava ha unito e portato con sé i valori della pace, dell’accoglienza e della fratellanza.

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Per comprendere quello che abbiamo vissuto in questi quattro giorni, vi lasciamo al racconto di Daniela Conti, dal titolo “Frammenti dalla Romania”.

"Le differenze culturali esistono da quando i primi uomini si sono riuniti in gruppi diversi e hanno sviluppato proprie abitudini, usanze, lingue, fedi. Esistono le differenze, che disegnano un mondo variegato e stimolante - scrive Conti - Inutile dire che per pensare così, bisogna aver allenato noi stessi a superare i nostri pregiudizi, le nostre paure, perché le abbiamo tutte e tutti. Soprattutto, bisogna aver imparato a fare i conti con la Storia, quella con la S maiuscola perché è enorme e fatta dalle singole storie di ogni singola persona, che ha preso decisioni, che ha provocato conseguenze e fatto deviare la rotta.

Ed è proprio di fronte alla Storia che ci troviamo in questo momento: un cambiamento epocale che coinvolge il nostro continente, che ci sconvolge dalle fondamenta e scuote le nostre coscienze sopite, che si erano abituate alla pace, che forse si stavano anche dimenticando della bellezza della parola democrazia.

Da lungo tempo siamo come in un limbo, una bambagia fatta di tranquillità e di normalità, perché sì, nonostante le difficoltà che ogni persona vive quotidianamente, noi siamo i fortunati. Un tempo in cui abbiamo dato per scontato che viviamo in paesi dove possiamo parlare, discutere, esprimerci, essere liberi di essere chi vogliamo. Non abbiamo conquistato tutti i diritti, ma di base viviamo in paesi liberi. Eppure, non ci bastava, e i populismi hanno attaccato questo popolo europeo un po’ sonnacchioso, che ha fatto fatica ad animarsi quando alcune associazioni domandavano più diritti, più ecologia, più pari opportunità.

E poi all’improvviso una guerra è venuta a sconvolgere il bel quadro che pensavamo di ammirare a distanza, che da lungo tempo non spolveravamo più, tanto che si è quasi scolorito. La terza guerra mondiale, perché tale è, c’è chi la sta combattendo con le armi e chi con l’economia. Le bombe fanno morti, le sanzioni fanno vittime. Tutti ci perdono, o meglio, come sempre i più poveri ci perdono.

E il nostro viaggio in Romania è stato un viaggio nella Storia. Perché il nostro chaperon Mihai ci ha raccontato la storia della sua terra, la storia di confini più volti spostati, ridisegnati. Di terre sottratte e riconquistate, di stereotipi e pregiudizi sul popolo rumeno.

E ancora una volta abbiamo sbattuto il naso sulle frontiere invisibili eppure reali. Quei confini che quando ero piccola osservavo sulle carte geografiche, piene di diversi colori; mi domandavo come sarebbero stati visti dell’alto e poi lo stupore di non vedere nulla di segnato, un mondo magico e colorato che viveva in perfetta armonia. Dall’alto sembra così, a terra ci accorgiamo che non lo è".

Per leggere il racconto in versione integrale clicca qui

(Articolo e foto: Sergio Pannocchia)

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