Tutti fermi a casa in lock down. L’unica cosa che possiamo placcare è il comodino in camera. Le uniche ruck concesse sono quelle con le ciabatte sul tappeto. Ne abbiamo approfittato per far due chiacchiere con le nostre squadre, parlare di cose belle: lo spirito di squadra, la loro storia, l’impegno sociale, magnà e beve e fare festa.
RHO SABRES
Sul lago Maggiore si trova il centro di ricerca Euratom. Negli anni 80 vi lavoravano diversi ricercatori europei, alcuni dei quali rugbisti, che fondarono la loro bella squadra di rugby, con amici e colleghi. Alcuni poi sono rimasti nel giro e hanno diffuso la passione per il nostro sport: tra questi il nostro intervistato, il gallese David Berry, colonna portante del club Sabres Rugby. Fondati nel 2007 a Ranco, i Sabres agli esordi tentano il campionato di serie C ma trovano molte difficoltà, sia per il campo non regolamentare che per il tesseramento degli stranieri. Qualche anno più tardi però ci riprovano, questa volta in Uisp con miglior esito. Ma trovare tanti giocatori in piccoli centri non è cosa facile, così spesso vediamo i Sabres partecipare a tornei di beach e snow rugby. Per giocare a 15 invece hanno dato vita alla collaborazione con Rugby Rho. Questa storica società dell'area di Milano condivide con Sabres un percorso sportivo che li porta a giocare gemellati come Rho Sabres. Utilizzano alternativamente un campo e l'altro: grande e moderno il campo di Rho, selvatico il campo di Ranco, che si trova tra un bosco e il lago. Questa squadra dà un grande esempio di come il rugby sia un modo di avvicinare tra loro squadre, soggetti e gruppi di età e provenienza tra le più disparate.
TORELLI SUDATI
Spritz.it è una pagina web che oggi non esiste più, alla quale va riconosciuto il merito di aver dato i natali ai Torelli Sudati, che esistono ancora since 2008. In quell’antico blog il gruppo fondatore decise di avventurarsi nel mondo del rugby, completamente vergini di palla ovale ma guidati da un paio di giocatori. Inizia così l’avventura rugbistica di questi sudatissimi padovani, che prima di tutto devono trovare il loro terreno di pascolo. Cominciano ad allenarsi prima alla parrocchia S. Camillo, con poca soddisfazione però. L’anno dopo passano all’estremo opposto e sono dal Petrarca Rugby, ma non esattamente su un manto inglese: nella numerazione dell’impianto il loro era definito il “campo zero”, terreno ricco di fossili e minerali. La situazione migliora quando i Torelli approdano alle strutture del Cus Padova, con clubhouse annessa, che permette loro di ospitare le finali Uisp nel 2014. Ancora oggi tuttavia non hanno una casa stabile ma sono inseriti nel ricco panorama rugbistico padovano, anzi sono l’unica squadra puramente amatoriale della città, un ruolo chiave come ‘entry level’: alcuni giocatori che hanno imparato il gioco nei Torelli sono poi andati avanti e più in alto, ci spiega Roberto ‘Zompit’, alcuni in C oppure come Marco Toffanelli che arrivò a giocare in Eccellenza nel San Donà. Dal 2010 nel novero dell’associazione ci sono anche Le Torelle che hanno sempre partecipato alla Coppa Italia mentre le più determinate oggi giocano in franchigia con Villorba.
BARBAROSSA LODI
Il Barbarossa nasce come ritorno di fiamma di giocatori nuovi e vecchi del Lodi Rugby, nel momento in cui la squadra storica del Lodi Rugby stava attraversando un periodo burrascoso. Diversi giocatori cominciano ad abbandonare la società e alcuni di questi, con delle nuove leve, fondarono una nuova squadra da 15: il Paullo Rugby Gerundi. Dopo una prima ostica stagione in serie C optarono per il campionato Uisp, così da far giocare anche gli over 42. Calmatesi le acque, la neonata società confluisce agli impianti del Lodi, per darsi manforte l'una con l'altra, ma mantenendo comunque la propria identità. Si sa quanto lavoro sia necessario per far funzionare bene un gruppo sportivo: manodopera, forniture, materiale, tecnici per il minirugby (tra cui l’intervistato Umberto Pontieri), allenatori e via discorrendo. Questo lavoro fianco a fianco ha aiutato a superare le divergenze passate e ora Barbarossa e Lodi sono una società unica, per la gioia di chi gestisce la burocrazia. Il gruppo Barbarossa è quello degli infaticabili: quando ospitarono le finali nazionali tre anni fa, subito dopo aver lottato in campo, erano alle postazioni di birre e cucina per foraggiare tutti gli ospiti in un evento memorabile.
GORIZIA RUGBY
Il Gorizia Rugby nasce in un contesto regionale di confine, dove il movimento della palla ovale conta una dozzina di società. Da sempre un luogo di incrocio di etnie e culture, così a Gorizia si incontrano sloveni, italiani, civili, militari, e tutti assieme fondano una società sportiva dove prima il rugby non aveva punti di riferimento. La società viene creata nel 2016, per ottenere l’assegnazione del campo e ufficializzare l’attività, ma già si allenavano in modo spontaneo da un paio d’anni. L’impulso iniziale è rassicurante, l’amministrazione e il tessuto locale li accolgono con calore. Da subito l’attenzione della società si dirige sul minirugby e sulle giovanili, un aspetto molto importante per la crescita a lungo termine, come riconosce il presidente Federico Gabrielcig. Il loro lavoro è apprezzato anche dalle altre società friulane, con le quali le collaborazioni si svolgono con naturalezza: nella prima squadra c’è uno scambio reciproco con il Gemona, che gioca in serie C, e anche la femminile oltre alla Coppa Italia gioca unendo le forze con Gemona. Con i bimbi del minirugby possono accrescere i numeri durante i vari festival locali e le under 14, 16 e 18 vanno ad ingrossare le fila dell’Udine Rugby. Ovviamente, come ogni squadra che coltiva queste categorie, il sogno è che qualcuno cresca dalle Under fino ad arrivare in prima squadra.
VANZAGO
Ci racconta Raffaele Pisani che, se ci sono quattro amici ex-rugbisti in un bar di provincia, c'è una probabilità direttamente proporzionale al numero di birre bevute che a un certo punto fondino una squadra di rugby. Questa legge, conosciuta come “teorema di Vanzago”, eccezionalmente si è confermata anche il giorno dopo, fuori dal bar e da sobri. Così vengono coinvolti amici di Rho, Parabiago e dintorni per organizzare una squadra amatoriale esterna alla cintura di Milano. La buona volontà c'è ma gli ostacoli pure, primo fra tutti quello di trovare un campo degno. Inizialmente gli allenamenti all'oratorio di Mantegazza avvengono sul campo secondario, un fazzoletto di terra. Ovviamente per preservare il “manto” del campo da calcio principale dall’effetto zappa dei tacchetti della mischia. Da quella situazione precaria il Vanzago passa a Settimo Milanese e da lì all’attuale Cornaredo field, dove il campo viene santificato con l'erezione dei pali. Come si dice se no? Installazione dei pali? Costruzione? Erezione dei pali, senza doppi sensi. Dopo aver trovato il campo viene anche individuata la club house, o meglio il bar di riferimento che è il Kingston di Vanzago. Calcano i campi Uisp dal 2012; sempre distinti per il fair-play (pochissimi cartellini ricevuti) e per una formazione combattiva che non manca mai i playoff.
DYNAMO DORA
Questa squadra torinese nasce da amici e amiche provenienti da diverse esperienze: collettivi politici e culturali, a cui si aggregano giocatori di rugby con voglia di fare e ormai stufi delle squadre tradizionali. Un mix eterogeneo che si dimostra efficace nel tessuto di Torino, tant'è che Dynamo Dora diventa una specie di zona franca tra gruppi politici che fuori da quel contesto erano in disaccordo. Afferma Lorenzo ‘Lobo’ che in squadra la componente politica riveste pari importanza di quella sportiva: riconoscono nel rugby un terreno di socialità su cui innestare tematiche che stanno loro a cuore. Diventano centrali dunque il discorso della parità di genere, che avvicina molte ragazze a giocare per la sezione femminile (e a volte mista) in un ambiente di rispetto; la questione dell'integrazione, che li porta a coinvolgere migranti dei centri d'accoglienza nello sport; il tema degli spazi per i giovani, con la richiesta di concessioni per l’utilizzo di luoghi abbandonati, trattative puntualmente deluse dalle amministrazioni. Dynamo Dora è dunque un tipo di squadra non convenzionale, in cui non c'è una dirigenza ma un'assemblea decisionale, che riconosce la valenza culturale e conflittuale del rugby e porta avanti un'idea di sport e socialità a 360 gradi.
BOCCONI SPORT TEAM
Si legge Bocconi, ma dietro ci sono sessanta e passa anni di esperienza Chicken Rugby, classe 1956. Ma perché “Chicken”, perché i “polli”? Sicuramente per l'ironia, ma anche perché quando la squadra venne fondata si voleva trovare un equivalente anglofono ai “pulcini” del calcio e così venne fuori Chicken Rugby. A chi dice che la traduzione non è precisa cosa possiamo rispondere? Chicken fu tra i primi partecipanti del campionato Uisp 2010, tuttavia schierava molti giocatori di serie C in un girone composto perlopiù da amatori. Decisero quindi di auto-limitarsi, ossia di giocare normalmente il campionato Uisp ma di non disputare i playoff nazionali, per non falsare la competizione tra amatori (ora il regolamento consente ai giocatori di C di giocare, ma pone uno stop di almeno un anno per i giocatori di B). Insomma Chicken, la squadra di Rozzano, ha sempre avuto buoni numeri, e come ci dice Alberto Ardizzone “troppi per una squadra e troppo pochi per due”. Un giorno viene l’idea: visto che molti della squadra si allenavano nelle palestre della Bocconi, si pensa di rimpolpare la seconda squadra con gli sportivi dell'Università Bocconi. E così parte il sodalizio, e continua, tra Chicken e Bocconi Sport Team, che unisce l’accademia e il mondo del rugby.
VARIEGATI
I Variegati sono una società sportiva nata dalla tradizione rugbistica di Castellana Rugby, a Castelfranco Veneto. Il radicchio “variegato” è il prodotto locale per antonomasia ed è da lì che viene il nome della squadra, che variegata lo è anche nei fatti. Il motore originario sono i giocatori old di Castellana, che hanno portato a giocare gente che non aveva mai preso la palla ovale. Poi da lì, da quegli allenamenti di rugby touch, la crescita è stata continua: arrivano i nerd della Benetton, “quelli che conoscono le statistiche a memoria – puntualizza Giampiero Gippo – ma digiuni del gioco”, arriva l’operaio, l’imprenditore, arrivano i fijani, troppo pigri per giocare in serie B, arriva l’architetto, arriva anche l’assessore all’agricoltura del Veneto, forse attirato proprio dal radicchio. Poi si telefona ai vecchi giocatori di quando si era ragazzi, per chiedergli se hanno voglia di tornare a fare due sportellate, e la squadra è formata. Inizialmente Castellana guarda con sospetto questi brancaleone, poi però finiscono col piacergli e ora fanno anche alcuni allenamenti assieme e gli “prestano” pure il fisioterapista. Il fulcro della stagione, quando fanno l’exploit, è il viaggio natalizio: un anno sono andati alle Hawaii, un anno c’è stato lo spettacolo di burlesque, un altro anno invece sono andati a New Orleans sulle tracce dei jazzisti. Questi sono i variegatissimi rugbisti veneti che arricchiscono il rugby trevigiano con uno stile inconfondibile.
BENACENSE
Nel settembre 2010 un gruppo di amici e di fratelli decide di sviluppare il rugby nell’alto Garda. Così nasce Benacense Rugby, che riunisce vecchi giocatori e neofiti, subito attratti con un forte slancio. Tutto inizia da alcuni allenamenti in un campo inutilizzato a S. Giorgio di Arco, ma intanto la squadra continua a cercare sistemazioni più agevoli. Così trovano a Riva del Garda il loro campo attuale, il Jimmi Squilibrio. Ci spiega Tommaso ‘Cace’ che questo nome improponibile è il figlio illegittimo di una serie di scemenze pronunciate durante una cena della squadra. Lì nacque il personaggio di Jimmi Squilibrio, poi un altro burlone associò su google maps il nome del campo al signor Squilibrio e tutt’oggi il nome eroico resta. Quello è il campo ufficiale della prima squadra, mentre le giovanili si allenano sul vecchio campo di S. Giorgio di Arco. L’anno scorso il Comune di Riva del Garda annullò l’assegnazione del Jimmi Squilibrio a Benacense, cosa che lasciò stupefatta la squadra, che tuttavia non si perse d’animo: lanciarono una campagna contro l’amministrazione, fecero valere il loro numero, le loro ragioni, e ora quel campo è di nuovo loro. Benacense è una squadra aperta alle innovazioni e molto attiva, infatti sono i promotori di un circuito trentino di rugby a 7 per U16 e U18 e lavorano in franchigia con la femminile insieme a Lagaria e Belluno. Il loro evento clou è il Torneo Sommolago, un torneo estivo di rugby Seven che quest’anno vorrebbero dedicare al rugby giovanile.
CINGHIALI
Iniziano a giocare a rugby per caso nel 2005, a Pian di Setta, località dell’Appennino bolognese. Un gruppo di amici senza nessuna esperienza di rugby, ma con la voglia di fare qualcosa di nuovo: solo uno di loro aveva già giocato, Francis, mediano di mischia francese, di professione artista di strada che sarà anche il loro primo allenatore. Presenti nel campionato Uisp fin dagli esordi del 2010, i Cinghiali giocavano mescolandosi con altre squadre, ci ricorda Alberto ‘Bistecca’, e si allenavano sui campi più disastrati nei paesini della montagna (infatti il Setta è un fiume che scorre sull’Appennino). Nel 2013 avviene la ‘transumanza’ e il gruppo, che ormai riusciva a schierare i 15 in campo, si sposta dall’Appennino a Bologna, sempre però trovando difficoltà nell’utilizzo degli impianti sportivi. Difficoltà che dura fino all’edizione 2015 dei Mondiali Antirazzisti Uisp in cui, in un summit avvenuto su dei tavoli da birreria, si inaugura la collaborazione con la polisportiva Hic Sunt Leones, con cui ancora oggi condividono il campo d’allenamento. Nel corso degli anni sono nate anche Le Cinghiale, che oltre alla Coppa Italia quest’anno hanno giocato in franchigia la loro prima serie A, e la sezione minirugby Scuola Ovale. Nella filosofia cinghiala il gioco del rugby va di pari passo con la consapevolezza che lo sport, come ogni attività umana, è politica; dunque è importante averne coscienza dentro e fuori dal campo, al fine di migliorare il gioco da un lato e la società dell’altro.
BENACUM
In provincia di Brescia ci sono moltissime squadre da rugby, però stanno tutte concentrate ad ovest e nella Bassa, mentre tra Brescia e il Garda scarseggiano. Ad un certo punto nel 2014 arriva Benacum a colmare questo “rugbi horror vacui”: l’idea nasce un po’ per ridere, senza pretese di concretezza, organizzando un allenamento a Toscolano Maderno, in una zona appunto priva di altre squadre. A quell’allenamento si presentano una ventina di giocatori, un segnale che fa ben sperare: il gruppo si forma nel giro di poco tempo. Nei primi anni condividono il campo delle partite con l’altra squadra del Garda, la Benacense (che sono un po’ i loro cugini), finché Benacum non riceve in concessione un terreno sportivo a Gardone Riviera. Sicuramente una svolta però questo è un campo in sabbia, che alla lunga, si sa, rovina la carrozzeria del rugbista. Inizia quindi un lavoro di ricondizionamento chiamando una ditta di scavi per aggiungere terra. “È stato molto impegnativo – ci dice Cristian Zanini, allenatore – ci abbiamo messo le mani, tanta fatica, abbiamo tirato su i soldi con donazioni, sponsor e quote nostre, e alla fine il risultato è una soddisfazione”. Al taglio del nastro era presente il presidente di Uisp Brescia per le congratulazioni; non capita spesso che una squadra sistemi da cima a fondo il proprio campo. Così l’attività di Benacum prosegue, non solo con la squadra senior ma anche nel minirugby e nelle giovanili: le U16 e U18 giocano il girone Seven coordinato da Benacense, mentre le U14 rinforzano i ranghi del rugby Brescia.
PUTEI VECI
Il primo embrione di Putei Veci si sviluppa nel 2001, con il materiale umano della giovanile del Venezia Mestre classe 1976/77. Francesco Vianello e “il Pappo”, il capitano di quella giovanile, danno appuntamento agli amici rugbisti ai giardini pubblici, per fare un po’ di gioco. L’evento nei parchi diventa fisso ed è una vetrina importante, dove i Putei si fanno belli davanti alla città. Dopo un po’ di anni il gruppo, ormai collaudato, decide di tentare la via del Seven: all’inizio, come sempre, si arriva ultimi, ma poi riescono a conquistare un primo posto a Viadana. Siamo nel 2009 e la squadra è cresciuta, cerca una sistemazione seria e la trova a Campalto, subito britannizzato in Highfield. Qualche anno dopo abbandonano Highfield, affittando un altro terreno, un campo da calcio in semi abbandono. Tolgono le porte da calcio, mettono le H, rimaneggiano il bar e diventa un campo da rugby conosciuto oggi col grazioso nome anglo-veneto di Ghesbury Park. Ci spiega Tommaso Mingati, il presidente, che il campo però formalmente è intitolato a Umberto “Lollo” Levorato – potente giocatore veneto, 15 caps con la Nazionale - che fu direttore delle giovanili del Mestre quindi padre rugbistico dei Putei Veci. Il campo in questione non è comunale e quindi la manutenzione ordinaria e straordinaria è tutta in capo agli sforzi della squadra. I Putei Veci sono nel campionato amatoriale già dagli inizi; annoverano nel loro gruppo molti giocatori over 42, quindi Veci, ma con il grande affiatamento di chi ha condiviso la propria crescita rugbistica fin da Putei.
SAN MARINO
Nel 2004 a San Marino viene avvistata una squadra di rugby: sono un gruppo di amici che ha il sogno di generare rugby nel piccolo stato. L’attività inizia partecipando ai tornei amatoriali e Seven, anche un po’ dando manforte al XV del Rimini e un po’ allenandosi con il Bologna 1928. La politica di San Marino risponde con favore a questi entusiasti e concede loro nel 2005 un campo per gli allenamenti a Chiesanuova. Per molto tempo partecipano intensamente alla serie C della Fir. La loro attività ha un occhio di riguardo per il Seven (per il quale ogni anno cercano la qualificazione europea) il cui sviluppo viaggia in parallelo con quello del XV. Una componente vitale è il minirugby e tutto il settore giovanile, dal quale l’anno scorso sono saliti alcuni giovani a dare continuità alla squadra senior. Lo sviluppo del settore femminile – afferma Francesco Gobbi, segretario della squadra – è uno dei temi centrali: in questo momento le ragazze sono in franchigia con Rimini ma in futuro sarebbe il massimo avere una Nazionale Sammarinese. Un aspetto sorprendente di questa squadra è il grande senso di appartenenza alla propria comunità: si dedicano ad aiutare come possibile il proprio territorio, sia spalando la neve dal centro in caso di forti nevicate, sia ripulendo le campagne dai rifiuti durante iniziative ambientali. In questo momento di necessità i giocatori di San Marino aiutano chi non può muoversi da casa facendo consegne a domicilio di spesa e medicinali.
DRAGHI
I Draghi di Feltre iniziano riunendo giocatori che avevano smesso dopo le giovanili, non inquadrati nei club della zona ma con tanta voglia di giocare. Nel 2005 militano in vari tornei Seven, prima di costituirsi come associazione sportiva vera e propria. Chiusa la stagione estiva dei tornei, la squadra prosegue gli allenamenti anche d’inverno, che si sa essere la stagione migliore per stare all’aperto grazie al freddo e al fango. In questo modo presto si costituisce la formazione a 15 che organizza un girone amatoriale con Torelli, Variegati, Putei, Benacense e qualche altra veneta, che poi diventerà campionato Uisp. Il primo campo che utilizzano i Draghi è a Nemeggio, un terreno sottodimensionato però con una cucina a disposizione, quindi si può chiudere un occhio e farselo andare bene. Qualche anno dopo vincono il bando per la gestione del centro sportivo di Arten, che è bello grande, con tre campi in erba e un campo da basket. In estate diventa punto di aggregazione per tornei sportivi e feste varie. “L’obiettivo – ci dice il consigliere Daniel Vedana – è essere un fulcro per la comunità. Organizzare tante attività e seguire la manutenzione non è facile. È un lavoro che necessita di mentalità e motivazione”: la stessa passione che ci metteva Fabio dalla Corte, il pioniere dei Draghi, “che ti rompeva le balle 3 volte al giorno per andare a fare anche solo una corsetta al campo, e ci metteva così tanta voglia che poi alla fine, se già non ce l’avevi, la voglia veniva anche a te”.
CODOGNO
Balzati malauguratamente alle cronache qualche mese fa, a Codogno l’attività di rugby è stata sospesa prima che altrove. Il club Codogno Rugby celebra quest’anno i 50 anni di attività di grande tradizione. Lo scopo principe della società è di promuovere il rugby dando spazio a tutti, mettendo al centro le esigenze dei giocatori. Con questa filosofia la squadra seniores conta una settantina di tesserati che vanno dai 17 ai 51 anni. Aumentando l’età dei giocatori e diminuendo per alcuni il tempo libero a disposizione, hanno optato quest’anno per il campionato amatoriale. La stagione stava premiando questa formazione lombarda, che all’ottava giornata era in testa al girone con 31 punti e una partita in meno. L’appuntamento a Codogno è di un allenamento a settimana, per concentrare le forze di quei giocatori che devono arrivare da lontano, magari da Milano, Parma o Piacenza. “Anche allenandosi poco bisogna comunque impegnarsi e dare tutto – spiega Mattia Beghi, che allena e gioca – non si può improvvisare. Comunque non vogliamo escludere nessuno, anche chi ha appena cominciato o chi riesce a giocare solo una domenica ogni tanto. L’idea è restaurare lo spirito rugbistico dei vecchi tempi in cui tutti trovano spazio”. L’evento principale, la grigliata del 25 aprile, quest’anno non si è potuto celebrare, ma la squadra cerca di restare attiva in altri modi: hanno indetto una raccolta fondi e la cassa della squadra è stata devoluta in beneficenza per superare l’emergenza sanitaria sul territorio, con un bel gesto di solidarietà.
STELLA ROSSA
Nel 2007 un gruppo di amici stava guardando il mondiale di Francia. “Bello questo sport, perché non lo facciamo anche noi?”. Inizia così per Stella Rossa una prima fase di rugby nei parchi, nel milanese. I primi allenamenti sono nel parco pubblico di Trenno a Rozzano, sul quale verranno poi eretti pali da rugby grazie a un’iniziativa intrapresa con l’assessore allo sport. Il primo torneo a cui partecipano è di ‘rugby loisir’ a Nizza: “il nostro urlo era ‘1 – 2 – 3 – foia!’ ed è solo grazie alla foia (la grinta) che arrivammo in finale – così racconta Mico Curatolo, capitano – poi la finale l’abbiamo persa, ma quell’anno è stata la svolta”. Sui forum rugbistici entrano in contatto con il rugby amatoriale lombardo e imbastiscono le prime amichevoli. Grazie alle società di rugby milanesi (Asr Milano, Cus Milano, Amatori) ottengono un valido supporto sul piano tecnico: “è indispensabile la crescita tecnica, perché oltre ad essere una squadra popolare vogliamo esprimere il miglior rugby possibile” afferma Mico. Non solo sul campo, ma anche nelle attività sociali: è del 2010 il progetto Mud Mad Star, per insegnare il gioco a persone con disagio psichico, grazie all’aiuto di giocatori della Stella Rossa che fanno quello di mestiere. Il progetto è innovativo e trova finanziamenti pubblici ed europei, oltre alla collaborazione con eccellenze sanitarie come il Niguarda e San Paolo. Seguono così altri progetti come Mediterraneo Antirazzista, eventi per la memoria di Dax, ucciso dallo squadrismo neofascista, e di Abba, vittima del razzismo. Il prossimo passo è verso la gestione di un proprio centro sportivo per l’offerta culturale e sportiva all’interno delle periferie. Per raggiungere l’obiettivo sono in collaborazione con i calciatori del Sant’Ambros, calcio a 11 con rifugiati e richiedenti asilo, e con Sport In Zona, una rete di educatori che lavora con i giovani. Stella Rossa incarna così un modo di far politica basato sulla messa in pratica dei valori di cittadinanza attiva.
MOGLIANO
La telefonata del presidente: a un capo della cornetta (sì ok non ci sono più le cornette) c’è un giocatore di rugby amatoriale, dall’altro lato del filo (va bene, nemmeno i fili ci sono più) Maurizio Piccinin, presidente del Mogliano Rugby. Il presidente dice: “ma perché non facciamo una squadra amatoriale anche qui da noi”? Mogliano chiama, rugby amatoriale risponde: siamo La Tribù! Inizia così nel 2019 l’apertura al rugby per tutti, in questo club blasonato che può dare un ottimo supporto logistico e tecnico. Mogliano è una società storica del veneto che schiera una formazione di Top12 e una di serie B e porta con sé molti tifosi e sostenitori. La zona è ad alta concentrazione ovale, perciò incontrare giocatori che sono fermi, che vogliono ricominciare, oppure che hanno superato i limiti d’età per il campionato federale non è difficile. Ci racconta Mauro Lazzari, referente dell’amatoriale e uomo di fiducia a Mogliano, che la qualità della Tribù va alzandosi grazie all’ottimo lavoro degli allenatori, Gabriele “Broca” head coach e Denis Rossi per la mischia. Quest’ultimo porta la sua esperienza di pilone che ha giocato in seconda divisione in Sud Africa, in OverMach Parma e anche in Benetton. Sul campo La Tribù si stava dimostrando una formazione in rapida crescita e quest’anno il club avrebbe dovuto ospitare le finali nazionali. Sarebbe stato sicuramente un gran festòn; attendiamo impazienti la prossima occasione per una grande festa in cui divertirci e brindare insieme a Mogliano.
RONDONI
Costituiti come associazione nel 2015, i Rondoni nascono per rispondere all’esigenza di rugby amatoriale sul territorio. Da quest’anno gestiscono il campo comunale di Robegano, modernissimo, con ottimi spogliatoi, infermeria, irrigazione e drenaggio. La struttura era in disuso da diversi anni perché la squadra di calcio locale non riusciva a trovare un accordo economico con il comune. I Rondoni vincono il bando e decidono di investire sulla club-house, un lavoro importante che adesso resta però in sospeso. Marco Ferrarese, presidente, giocatore old e allenatore del minirugby, ci racconta delle collaborazioni che i Rondoni stanno sviluppando. Ne parla con la passione e la vivacità di chi sembra dover riprendere l’attività domani mattina: “innanzitutto il legame con le società storiche del territorio come Paese, Treviso, Mirano, Spinea… dalle quale affluiscono giocatori amatoriali per la seniores. Poi la collaborazione con il minirugby Spinea, avvicinando le squadre dall’U6 all’U12 per aiutarci a vicenda. Anche con Mirano Rugby è in corso un progetto di sviluppo sportivo per i ragazzi dell’U18”. Il progetto è semplice e innovativo: alcuni giovani che salgono di categoria, come entry-level per la seniores vanno a giocare con i Rondoni, prima di entrare nel Mirano serie B. In questo percorso vengono accompagnati dai tecnici di Mirano negli allenamenti con i Rondoni, con beneficio per entrambe le società. Con questi accorgimenti i Rondoni incentivano il movimento del rugby in sinergia territoriale, dalla propaganda alle giovanili fino alla seniores. “Ci manca solo una cosa per raggiungere l’alto livello – conclude Marco Ferrarese – concludere questa benedetta club-house per dare il meglio di noi al terzo tempo”.
OLD CESENA
Da una costola del Cesena Rugby nascono gli Old Cesena, che nel 2010 abbandonano la casa madre per fondare la propria società. La divergenza fondamentale con il club di partenza è sull’impostazione del minirugby, che per gli Old deve essere offerto a un prezzo accessibile, in un contesto sportivo di auto gestione. Camminando sulle proprie gambe, gli Old Cesena cercano un loro campo da gioco, con le difficolta usuali in questa ricerca. Approdano sul terreno di una parrocchia di campagna, con un piccolo campo, un circolo di tennis, una club-house ma niente campo da rugby. “A fianco della parrocchia c’era un campo coltivato – racconta Massimo detto Toto – e il contadino ci metteva semenza per il prezzemolo. Sono andato da lui e gli ho chiesto: quanto ci guadagni all’anno col prezzemolo? Se vuoi te lo affittiamo noi per 1000€. Neanche a dirlo, al contadino gli sono brillati gli occhi”. Per una fortunata coincidenza il fratello del contadino lavorava in Comune e ha curato le questioni burocratiche. Così gli Old Cesena hanno creato il loro campo da gioco su quel terreno: “prima abbiamo fatto i lavori di fatica, poi abbiamo fatto la giornata della semina tutti assieme, anche con i bambini, è stato tanto bello”. Dopo aver sistemato la club-house, con le varie competenze artigianali dei giocatori, il gruppo è diventato sempre più grande: alla squadra old originaria si sono aggiunti man mano anche giocatori giovani, mantenendo però inalterato il nome Old Cesena. Anche la pratica dell’auto gestione si è strutturata sempre di più, con l’aiuto e la partecipazione che arriva dai soci, permettendo di portare avanti anche il minirugby.