Empoli - Si ricorda tutto molto bene, Lutfi. La partenza da Valona su quel gommone pieno di speranza. Il viaggio di notte per stare sicuri da occhi indiscreti: in 38 su un pezzo di gomma mosso da un motore fumante. Verso il buio, non si poteva parlare, era lecito solo immaginare. Immaginare che dietro quel nulla ci fosse il tutto, una nuova vita, un futuro che per l'Albania era anche troppo promettente. L'Italia Lutfi la toccò alle 14 di un giorno di primavera, scese sugli scogli di Otranto. L'assaporò, l'amò. Aveva solo 26 anni.
Oggi Lutfi Cela è anche italiano, ha 41 anni. Non ha scordato le sue origini anche se qua ha famiglia, una moglie e due bimbe. Nel tempo libero è un calciatore e pure un arbitro di calcio amatoriale. La sua è storia ricca di fortuna e determinazione. Dopo lo sbarco a Valona ha vissuto a Roma da un cugino, poi si è spostato a Firenze. Dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, a Lutfi è servito un posto tranquillo dove vivere e l'ha trovato a Empoli. «Non avevo molti soldi - ci racconta - e viaggiavo in treno. Un giorno mi capitò di fermarmi a Empoli. Mi piacque subito la città per la sua vivibilità, conobbi delle persone, per un po' feci il manovale. Adesso è la mia città, è la mia casa».
In Albania, Cela è cresciuto tra un calcio al pallone e una stretta alla vita per non mollarla. «La passione per il calcio non si abbandona mai - dice - in Italia inizialmente l'ho potuta coltivare grazie a persone che mi vogliono bene. Iniziai allenandomi con il Montalbano, poi passai al Bar Ariston. Ora gioco nel Gabbiano e faccio anche il direttore di gara».
Il solo dei panorama. Lutfi Cela è uno dei pochissimi arbitri stranieri Uisp. Una sfida la sua? Forse sì, quello che c'è di certo è che l'ha vinta. Insieme ai protagonisti del nostro pallone. «La parola razzismo non so neppure cosa sia - dice Lutfi in tempi in cui se ne parla tanto. Sui nostri campi non ho mai subito offese pesanti. E' successo che qualcuno mi abbia apostrofato come "albanese di m...", ma i casi si contano sulle dita di una mano. A questi ho sempre risposto che più che offendere me, fanno un torto alla mia terra di origine». Lutfi l'Italia l'ha conosciuta per le strade prima, sul campo poi. «Credo che spesso il razzismo - spiega - si generi anche perché la vittima non si comporta in maniera corretta. L'Italia non è razzista, se porti avanti un atteggiamento civile e rispetti le regole, qua non hai problemi». Dal 1995 nel nostro paese, Lutfi fa il camionista, è regolare e ha una bella famiglia. Si è costruito quella vita che l'Albania non gli garantiva. Lasciare la sua terra non è stato facile, e quel viaggio non può scordarlo. «Ho pagato per sperare in una vita migliore, per attraversare il mare stipato su una piccola imbarcazione. Non può, un uomo, scordarsi di essere stato per un po' anche animale».
(da Il Tirreno del 19/01/10)