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Nei cento anni di Rocky Marciano lo sport diventa racconto sociale

Il campione italo-americano nacque il 1 settembre 1923: il nuovo libro di Pastonesi incrocia sport, musica, emigrazione. E fa pensare a "Manodopera"

 

A volte le strade dello sport, della letteratura, del cinema, della musica incontrano quelle della vita e lo sport diventa racconto di un Paese. E l’emigrazione ne è lo specchio sociale. Cento anni fa nasceva Rocky Marciano, la “Roccia”, da una famiglia di emigrati italiani. La vita leggendaria di questo figlio d’Abruzzo è in questi giorni in libreria con Marco Pastonesi, scrittore e giornalista, e il suo “Rocky Marciano Blues. Una storia di quindici round e dodici battute” (edizioni 66thand2nd).

Ma c’è anche qualcos’altro di cui si parla in questi giorni, che lega Pierino e Pasqualina, i genitori di Marciano, a Cesira e Luigi, i protagonisti in slow motion di “Manodopera” (titolo originale: “E’ vietato l’ingresso a Italiani e cani”), che verrà presentato sabato 2 settembre al cinema Astra di Firenze, nel quale il regista Alain Ughetto racconta la storia dei suoi nonni, emigrati in Francia negli anni ’20 dal Piemonte. Il film è frutto di una coproduzione tra Italia, Francia, Germania. Occasione quindi per rileggere anche le storie di quei Paesi.

“Rocco Marchegiano. Rocky Marciano. Abruzzese d'America – scrive Marco Pastonesi nel suo libro Le radici a Ripa Teatina, il ring a Brockton, Massachusetts. Poi 49 match da professionista e 49 vittorie, di cui 43 prima del limite. Campione del mondo dei pesi massimi dal 1952 al 1956. Ritiratosi imbattuto. Cento anni dalla nascita, oggi. E 64 dalla morte, ieri. La sua vita, la sua storia, i suoi incontri, la sua forza e le sue debolezze: 15 capitoli come 15 round. E poi il blues, la colonna sonora non solo del Novecento, non solo degli Stati Uniti, ma anche della boxe. Da Bessie Smith a John Lee Hooker, da Little Walter a Miles Davis: 12 capitoli come 12 battute, frutto di coincidenze, collegamenti, situazioni, ispirazioni”. 

Il ring era il palcoscenico proletario di tanti Rocky Marciano. Il libro di Pastonesi ci porta indietro nel tempo, il quadrato e le corde erano le periferie sociali dello sport, l’ultima spiaggia per esistenze votate al fallimento. In un angolo del ring c’era lui, Marciano, senza classe né talento, la sua palestra era stata la strada. Sgraziato e brusco, come il suo destro, ribattezzato «Suzie Q», che prima o poi metteva a segno. Nell’altro angolo ci sono loro, gli uomini e le donne del blues e del jazz, con voci e armoniche, pianoforti e trombe; con le loro origini afroamericane, le storie di razzismo e, spesso, di autodistruzione. Le corde del ring e quelle della chitarra. Storie qualche volta di autodistruzione, qualche altra di realizzazione. (a cura di Ivano Maiorella)

Fonte: UISP Nazionale

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