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"Comunicare vuol dire fiducia": il libro di Fabrizio Minnella

Comunicare è responsabilità di tutti nel terzo settore. Come fare? Strade nuove: "approccio partecipativo" e "comunicatore condiviso"

 

E tu, che comunicatore sei? Comunicatore trattore o comunicatore condiviso? E già, perché comunicare non è utile e necessario soltanto a chi ne fa “la sua professione, ma a tutti quelli che operano nel sociale”, scrive Stefano Consiglio, presidente di Fondazione con il Sud, nella prefazione al libro "Comunicare vuol dire fiducia" (ed. Rubbettino, 2025), scritto da Fabrizio Minnella, giornalista. E "la fiducia è una cosa seria, che si dà alle cose serie", diceva così il Carosello degli anni '60 che pubblicizzava una nota azienda di formaggi, per sottolinearne genuinità e qualità.

Il titolo evidenzia l'importanza della fiducia nella comunicazione, specialmente in ambito sociale e per il cambiamento. Significa che per stabilire una comunicazione efficace e creare un cambiamento positivo, è fondamentale instaurare un rapporto di fiducia tra chi comunica e chi riceve il messaggio. 

Pertanto, quando si parla di comunicazione, è essenziale considerare non solo il contenuto del messaggio, ma anche la sua credibilità e l'affidabilità del canale attraverso cui viene veicolato. La fiducia è quindi un elemento chiave per il successo di qualsiasi strategia comunicativa, sia essa personale, professionale o sociale.  

Il libro di Minnella scava nel profondo della comunicazione sociale pur attraverso una scrittura scorrevole, è pieno di esempi e aneddoti che l’autore ha tratto dalla sua lunga esperienza di responsabile della comunicazione di Fondazione con il Sud. Non un semplice manuale per addetti ai lavori, anche se non mancano i consigli e le indicazioni. Come quella rivolta alle organizzazioni sociali del terzo settore, che ricorre in vari passaggi del libro, seppure con diverse formulazioni: “Occorre guardare alla comunicazione non più come a un costo, un onere o una formalità richiesta da qualcuno ma come un investimento, se la vediamo in modo propositivo e di rilancio”. E qui il riferimento al “capitale umano” come capitale sociale e all’importanza della valorizzazione delle competenze del terzo settore, si ispira a quanto ha spesso detto e scritto Carlo Borgomeo, i cui insegnamenti diretti e indiretti sono ricorrenti nel libro.

La comunicazione sociale riguarda il terzo settore, la filantropia, le istituzioni e sempre più anche il mondo profit. Interessa le persone. Il volume si rivolge a coloro che nel percorso di cambiamento hanno o dovrebbero avere un ruolo di “narratore”: giornalisti, studenti, comunicatori, creativi, amministratori, dirigenti, operatori e volontari. Non a caso, tra le varie esperienze citate in termini di sinergie e reti da attivare (“approccio partecipativo”), Fabrizio Minnella fa riferimento alle iniziative promosse con il Giornale Radio Sociale e ai cicli di formazione organizzati con gli Ordini dei giornalisti e con le Fondazioni bancarie territoriali sui temi del linguaggio, del territorio e delle comunicatà educanti. Delle quali sono parte anche i giornalisti e i comunicatori. 

In un progetto sociale, ad esempio, la comunicazione non rappresenta una strettoia obbligatoria alla quale si è dato seguito quando si è risposto ad un bando ma qualcosa che “deve saper allargare la rete formale del consenso”. Ovvero: è una variabile di sviluppo per il soggetto del terzo settore che promuove un determinato progetto e ne è responsabile, verso la comunità e verso il soggetto erogatore, molto spesso pubblico. In quanto, spiega Minnella, rappresenta sicuramente un vantaggio competitivo: “Sarà più difficile tirarsi indietro per un ente locale se c’è la consapevolezza che tale servizio – o tale progetto - gode della fiducia e dell’apprezzamento della propria comunità”. Ecco che la comunicazione, in particolare la comunicazione sociale (che ha bisogno di credibilità e di soggetti competenti e riconoscibili, non improvvisati) diventa anche atto politico, strategico e di “innovazione”.

E il comunicatore sociale, “anche se è esperto, non può essere ‘isolato’ ovvero deve stare dentro il processo di cambiamento promosso attraverso l’iniziativa sociale. Stare dento vuol dire impostare una strategia di comunicazione coerente e condivisa, gestire tempi, modi e risorse in modo adeguato”. Ecco, questo libro ha il pregio non comune di indicare un metodo, di non fermarsi ai modelli teorici ma provare a "sporcarsi le mani", come ci spiegava una ventina d'anni fa il compianto Giorgio Bonelli. E di indicare un sentiero, sul quale camminare e ricamminare, affinchè la comunicazione sociale diventi una strada. Il metodo dell' "approccio partecipativo" e del "comunicatore condiviso", ad esempio. (a cura di Ivano Maiorella)