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Donne, media e sport: un successo che non basta

Si è tenuto il corso per giornalisti “Donne, media, sport” , per riflettere sull'immagine delle atlete e superare stereotipi e gap di genere

 

Venerdì 7 novembre si è svolto nella sede dell’Ordine dei giornalisti nazionale, a Roma, il corso di formazione per i giornalisti “Donne, media, sport: genere e informazione sportiva”, organizzato da Giulia Giornaliste e Ordine dei giornalisti.

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Il corso è stato aperto e moderato da Alessandra Mancuso, giornalista Rai: “Proponiamo questo corso perché è utile confrontarci sul tema genere e informazione sportiva, in particolar modo di come i media riflettano sulla rappresentazione delle atlete”.

La prima a intervenire è stata Antonella Bellutti, ex atleta olimpionica e dirigente sportiva, che ha condotto una ricerca intitolata S.I.M.O. (Sport Inclusion Modern Output) – in onore di Simonetta Valli, allenatrice di volley femminile scomparsa quest’anno - con il sostegno di Soroptimist International d’Italia. Per questa ricerca Bellutti ha raccolto oltre 800 testimonianze di atlete ed ex atlete italiane, riportando dati che delineano il problema legato allo sport italiano: “Questo progetto parte dal fatto che, nonostante ci siano dei risultati positivi delle atlete, non bisogna pensare che tutto vada a gonfie vele: lo sport femminile ha ancora delle grosse difficoltà da risolvere. Dai dati Istat emerge che le donne sono estremamente sedentarie, causato anche dal loro ruolo di cura nella vita di tutti i giorni. Le atlete di alto livello sono una minima parte; le donne in Italia fanno sport solo se iniziano fin da bambine, affrontando poi col tempo anche un percorso pieno di insidie. Nello sport le discriminazioni sono ancora molto presenti. Le atlete italiane vincono ma non contano; è fondamentale lavorare per superare questo divario”.

In seguito, è intervenuto Andrea Soncin, ex calciatore e allenatore della Nazionale femminile di calcio, rispondendo anche ad alcune domande sull’uso del femminile nel calcio e le prospettive del calcio femminile: “La comunicazione è assumersi la responsabilità del linguaggio che si usa, e da questo punto di vista era giusto fare un passo verso le ragazze. Ho cercato di condividere questo aspetto con loro per capire le loro preferenze e ho trovato molta disomogeneità: alcune preferiscono essere chiamate al maschile, altre al femminile. Per crescere, invece, bisognerebbe prendere spunto dai paesi in cui le bambine fanno molta più attività sportiva a scuola e i genitori assecondano le loro passioni, senza distinzione tra sport maschili e femminili. Poi sta a noi formatori accompagnare le bambine nel loro percorso. Questo cambiamento richiede tempo, ma i risultati della Nazionale possono incentivarlo”.

È intervenuta anche Mara Cinquepalmi, giornalista e autrice del libro “Dispari. Informazione e stereotipi di genere”, che ha parlato di come è cambiata l’informazione nello sport femminile, riflettendo sulle parole usate: “La lingua e l'utilizzo di un termine piuttosto che un altro possono aiutare ad eliminare determinati stereotipi. Nel 2019, riprendendo una sollecitazione della Uisp abbiamo ideato il manifesto ‘Media, donne, sport: idee guida per una giusta informazione’ costruito su cinque punti per superare gli stereotipi sulla donna nell'ambito delle sport: informare sulle discipline sportive femminile con competenze in merito; evitare di soffermarsi, nei testi, sull'aspetto fisico, sul look e sulle relazioni sentimentali; dare alle discipline sportive femminili visibilità al pari di quelle maschili; declinare al femminile i ruoli, le funzioni e le cariche; evidenziare le discriminazioni e differenze di genere nello sport”.

A seguire è intervenuto Tiziano Pesce, presidente Uisp Nazionale, che ha condiviso alcune considerazioni dal punto di vista dell’associazione: “È necessario sviluppare una visione in cui si metta la persona al centro, a prescindere da genere, età e provenienza, affinché si possa vivere l'attività sportiva come uno spazio di libertà, dignità e di vita perché la parità è indice di democrazia. Quando una donna fatica nello sport ad allenarsi, a dirigere, a lavorare, a essere rappresentata nei media, non è più solo una questione di ambito sportivo, bensì di diritti. Lo sport ha un valore educativo, sociale e di beneficio per la salute fisica. Bisogna raccontare la società, attivarsi per ottenere uno sport più accessibile, e i media, con le associazioni sportive, devono essere parte attiva di questo processo”.

Successivamente è intervenuta Mimma Caligaris giornalista e vicepresidente vicaria Ussi Nazionale, che ha approfondito l’immagine della giornalista nel mondo dello sport: “Sebbene nel giornalismo sportivo siamo tante donne, non c’è molto riconoscimento del nostro lavoro. La parte estetica, in particolare nel giornalismo sportivo, sembra essere più qualificante della professionalità e persiste un approccio stereotipato ni confronti delle giornaliste sportive; in merito, volevo denunciare il caso dell’intervista a Marco Landucci e i suoi apprezzamenti verso Monica Bertini. Tuttavia, da alcuni eventi recenti emergono anche dei segnali positivi: agli Europei femminili di calcio 2025 la Rai ha affidato telecronache, commenti e interviste a gruppi di sole donne, alle Olimpiadi di Parigi 2024, nei sette principali tg nazionali, le firme dei servizi e notizie sono stati quasi alla pari tra colleghe e colleghi, quindi possiamo dire che un cambiamento sia in atto”.

Infine, è intervenuto Vittorio Di Trapani, presidente Fnsi-Federazione nazionale stampa italiana, che ha parlato del potere delle parole e della visione patriarcale diffusa nello sport: “Nonostante un uso corretto delle parole non basti a correggere il gap di citazioni fatte in ambito sportivo, bisogna considerare che la parola non è neutra, è anche ciò che contribuisce e permette il cambiamento. Se l'arbitro donna lo chiamo arbitro sto commentando un errore grammaticale, dire arbitra è corretto. Nella nostra cultura ciò che è legato allo sport femminile sembra avere meno valore. Per spiegare alle nuove generazioni che per costruire una società più eguale e paritaria si passa attraverso il potere della parola, si potrebbero proporre iniziative in cui si racconta lo sport parallelamente all’evoluzione storica, parlando delle atlete all’interno della storia e della società”.

A margine, è intervenuta anche Donatella Scarnati ex giornalista Rai, che ha riportato alcuni aneddoti riguardanti la disparità di trattamento tra giornalisti e giornaliste: “Più si va in alto e meno donne si trovano, specialmente nelle telecronache. Tante meriterebbero molto di più, ma ci sono soprattutto uomini”.

Il Giornale Radio Sociale ha approfondito il tema nel suo ultimo numero del GrsWeek, che parla della lunga strada verso la parità nello sport.

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(a cura di Federico Cherubini, Elena Del Grosso, Francesca Spano)