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Gole del Raganello. Ricostruire dopo la tragedia

“In Italia di casi come il Raganello ne esistono tanti e la sua gestione oculata potrebbe definire una nuova stagione”: parla Santino Cannavò

 

Il 20 agosto dieci escursionisti sono morti in seguito alla piena del torrente Raganello, nel parco del Pollino, in Calabria. Tra le vittime anche una ragazzina di 14 anni. Il gruppo di escursionisti stava facendo canyoing, camminando nel canyon del torrente Raganello, era stata diramata l’allerta a causa delle condizioni meteo instabili. Nonostante il maltempo previsto il gruppo di escursionisti si è messo in cammino verso le gole. La forza del fiume in piena, che nel frattempo si era ingrossato a causa delle forti piogge nell’area, ha travolto gli escursionisti. I loro corpi sono stati trascinati per cinque chilometri dal luogo in cui sono stati sorpresi dalla piena.

“In Italia di casi come il Raganello ne esistono tanti e la sua gestione oculata potrebbe definire una nuova stagione”: parla Santino Cannavò, responsabile nazionale politiche ambientali Uisp e presidente Uisp Messina.

“La tragedia del Raganello rimette in campo il tema della gestione delle attività in outdoor e come sempre in questi casi all’indomani del fatto c’è chi invoca i divieti - scrive Cannavò - Una soluzione che evita il problema a monte escludendo ogni ipotesi di poter continuare a svolgere tali attività. Per metafora è come se accettassimo che a causa delle morti in mare o in montagna si possa vietare l’accesso al mare e alla montagna. Davvero irreale. Aldilà della limitazione delle libertà individuali tutto ciò arrecherebbe un danno economico incalcolabile a quei territori e a quelle popolazioni che su questa attività hanno costruito il loro presente e futuro. Il vero problema invece è svolgere le attività outdoor in sicurezza!".

"La mia risposta - continua Cannavò - è accrescere la conoscenza e la gestione di tali discipline sapendo che, nel caso specifico del Raganello la crescita esponenziale dei frequentatori di tali gole, per lo più turisti neofiti, impone urgentemente un maggior controllo, una regolamentazione ed una gestione dell’area interessata. Non si tratta quindi di proibire l’accesso in maniera indiscriminata, ma grandi concentrazioni di turisti richiedono da parte delle amministrazioni locali misure straordinarie. Una presa in carico del fenomeno. Bisogna attrezzarsi. Non improvvisare. Non lasciare la gestione ai praticoni. Le Gole del Raganello, come tante altre attrazioni naturali, di cui l’Italia è ricca possono diventare un valore aggiunto per i territori e le popolazioni locali. In Europa, citando il caso del Verdon in Francia, tali attività hanno sviluppato un indotto economico importante senza per questo sacrificare la sicurezza dei frequentatori e la tutela ambientale. Il pericolo, oggi, è che lo sviluppo socio-economico di tale area, tanto ricercato per anni, a causa di tali tragedie possa arrestarsi. Bisogna scongiurare tale ipotesi o sarebbe un ulteriore danno".

"I dati Ecotur (turismo sportivo nelle aree protette) a tal proposito mostrano che da qualche anno nei parchi i turisti nel 40% dei casi scelgono le località in funzione delle attrazioni sportive che offrono. Nel caso della montagna tra le tante discipline svettano l’escursionismo, il cicloturismo, l’arrampicata ed il canyoning; nel caso del mare le attività subacquee, la vela, il nuoto, la canoa… In particolare negli ultimi anni l’escursionismo nelle sue varie forme ed il cicloturismo attraggono migliaia di turisti. Escludendo un giudizio sulle responsabilità dell’evento, che sarà compito delle autorità inquirenti, mi limiterò a dare qualche indicazione su quelli che potrebbero essere gli sviluppi auspicabili per le Gole del Raganello. A mio parere nell’area Pollino, compreso il Raganello, è necessario mettere in atto una gestione complessa che favorisca la fruibilità dei luoghi entro misure di sicurezza e rischi accettabili. E’ necessario un coordinamento tra l’Ente parco, le amministrazioni locali, le pro loco, le organizzazioni che si occupano di attività di montagna (UISP, CAI, FASI, AIGAE, GUIDE…), gli operatori economici e turistici del territorio per riorganizzare la gestione e la fruizione del territorio. Un coordinamento che tenga in continuo monitoraggio i flussi turistici e le mete spontanee dei visitatori; che individui criticità e potenzialità; che sappia anticipare i bisogni e le scelte organizzando strutture, itinerari e attività. Un coordinamento con capacità di prescrivere nei vari periodi o situazioni le norme di accesso e di comportamento. Una struttura dotata di un team di primo pronto intervento nel caso in cui si verificassero incidenti".

"Ogni ambiente ha le sue caratteristiche ed è palese per gli addetti ai lavori che una forte precipitazione a monte comporti una improvvisa onda di piena a vallev - conclude Santino Cannavò - Niente di particolare o eccezionale. Così come è stato nel Raganello. Stride sentire dichiarazioni da parte degli addetti ai lavori che affermano che a Civita nel giorno della tragedia era una bella giornata. E’ risaputo che il Raganello raccoglie acque meteoriche da un impluvio enorme, che il suo corso si sviluppa per oltre 13 km e il suo letto in alcuni tratti è di soli 3 metri di larghezza con pareti laterali di oltre 50 mt. Con un temporale a monte in pochi minuti le sue gole si inondano e il ruscello diventa un corso d’acqua che può raggiungere e superare di molto i 5 mt di livello. Un'allerta meteo, un sistema di controllo degli ingressi in gola e un rilevatore pluviometrico avrebbero sicuramente evitato tale tragedia. In Italia di casi come il Raganello ne esistono tanti e la sua gestione oculata potrebbe definire una nuova stagione. Purtroppo però, come spesso capita, la sete di profitto permette a organizzazioni improvvisate, a guide locali non accreditate e a pseudo conoscitori del territorio di gestire questi flussi di turismo ambientale, mettendo così a serio rischio turisti ignari dei fenomeni naturali. Mai più. Che la tragedia del Raganello sia da insegnamento e che si inauguri un nuovo corso”.