La mamma è sempre la mamma. Lo sa bene Dilshor Nazarov, campione olimpico di lancio del martello a sorpresa sulla pedana dello stadio Engenhao di Rio de Janeiro, una medaglia d'oro che vale tanto e che in Tagikistan, uno dei Paesi che ha conquistato l'indipendenza con la frantumazione dell'Unione Sovietica all'inizio degli anni '90, non era mai arrivata. Ma allora che cosa c'entra in questo caso la mamma? C'entra perché la signora Zaytuna, questo il suo nome di battesimo, ha sempre avuto un debole per lo sport. Fino al punto di indossare la maglia della nazionale di pallamano del suo Paese quando Dilshor era veramente un ragazzino. Un ragazzino che però smaniava pure lui per andare al campo. La mamma lo incoraggiò: "Dai, vai, che aspetti".
Soltanto che quella parola, vai, non era così semplice da tradurre in pratica. Il campo di allenamento era distante dieci chilometri da casa e lui se la faceva a piedi un paio di volte alla settimana, andata e ritorno. Fino a quando non gli regalarono una bicicletta e allora tutto diventò più facile. È proprio il caso di dire: una passeggiata. Da quel momento è cominciata la lunga marcia verso la medaglia d'oro, marcia che avrebbe potuto mancare il traguardo. Dilshod ha già 34 anni, la sua Olimpiade di Rio è stata probabilmente l'ultima. Era fuori dal pronostico, ma il bello dello sport e' che le previsioni fanno spesso cilecca. Cosa accaduta anche a Rio, proprio mentre tutto lo stadio stravedeva per l'ennesimo trionfo di Usain Bolt.
A Dilshor piace lanciare il martello, una specialità dove devi combinare forza, tecnica, elasticità. A Rio ha trovato il modo di ricordare ancora una volta suo padre, soldato morto durante la guerra in Afghanistan. Nel riscaldamento, e alla fine, ha infatti indossato una maglietta con la sua foto. È stata una delle dediche, l'altra naturalmente per la mamma, la sua allenatrice (anche se ora fa pure un po' da solo) e per la gente che lo aspettava a casa, a Dusambe, in Tagikistan, per festeggiare la prima volta d'oro del Paese.