Quanti Bar e quante Italie ha raccontato l’irregolare Stefano Benni? E' morto oggi a Bologna (sua città natale), lo scrittore, giornalista, poeta e sceneggiatore, a 78 anni, dopo una lunga malattia. Ironia faceva rima con sport e lui ne raccontava odori, sapori e gesta, forse prendendo spunto da quell’Italia-Germania 4-3 del 1970 che animò per molto tempo le cronache del quartiere sottocasa, quelle di un Paese intero che c’era allora e si ritrovava nei bar.
Un immenso “Bar Sport”, come il titolo del suo primo libro, una raccolta di sketch e scenette quotidiane, è del 1976. E proprio in quel Bar sport si ritrovavano “Quelli che” di Beppe Viola ed Enzo Jannacci, con l’Italia che aspettava Bartali con la polvere nei sandali, con l’Italia che “rideva e cantava e parlava di sport nei bar” di Giorgio Gaber. Ecco, sembra di rivederli tutti insieme, adesso che li ha raggiunti Stefano Benni. Con lo sport che diventava filosofia e spunto, mai macchietta, anzi: una cosa tragica e comica, la commedia attraverso la quale raccontare l’Italia, i colori non solo piombo di quegli anni ’70.
Serio come lo era il Regolamento della pallastrada: quattro giocatori più il portiere compongono le squadre che devono rispettare il “regolamento unico e segreto” stilato dall’inventore della pallastrada. Ne “La compagnia dei Celestini” (Feltrinelli, 1992) c’è l’invenzione della pallastrada, a cui Benni dà voce, un modo di giocare antichissimo che l’Uisp ripropose per davvero. Proprio così, era il 1 marzo il 2014 a Viareggio, per una giornata intera il Comitato Uisp Lucca Versilia riunì “appassionati di calcio di tutte le età accorsi per ri-scoprire il fascino delle interminabili partite a pallone nei cortili e nelle strade, in questo caso rappresentati da mini campi da gioco allestiti di fronte al palco di Re Carnevale”.
L’Uisp non ha smesso di ispirarsi a quel regolamento: anche l’Uisp Genova nel 2013 ne fece una delle attività del progetto “A scuola aperta” diretto all’infanzia e all’adolescenza, per promuovere “uno sport più inclusivo, con regole e campi il più possibile lontani da quelli del calcio professionistico, troppo spesso esasperato anche tra i più giovani”. E’ giusto ricordare che, tra una citazione di George Lucas (Guerre Stellari) e un’altra di Alex Langer, il Regolamento della pallastrada trovi spazio anche nel libro “Il baro e il guastafeste” del 2002, in un capitolo in appendice che Gianmario Missaglia dedicò alle “Regole” (il capitolo 17) nel quale l’indimenticato presidente dello sportpertutti Uisp affiancava Stefano Benni e la sua “Compagnia dei Celestini” a Philip Roth.
Ricordiamo anche che, all’interno del Manuale realizzato dall’Uisp per il progetto “Calciastorie” (2015) c’è una selezione di brani dedicati all’antirazzismo, tra questi anche alcuni passaggi di “Saltatempo” (Feltrinelli 2001), di Stefano Benni (“…il razzismo è sempre complesso segreto di inferiorità, travestito da senso di superiorità”).
Se vuoi saperne di più sulla Pallastrada vai a pagina 66 de "La Compagnia dei Celestini" (chi non ne possiede una copia?) e lì ci troverai parecchi risposte. A che cosa? Al fatto che siamo rimasti incollati al “gioco misterioso e selvatico” che si fa in strada, senza campi nè porte, con le ginocchia sbucciate dall’asfalto, con le figurine dei calciatori e le biglie in tasca, quelle con i nomi dei ciclisti. E’ il richiamo della strada. E del gioco libero: l’Uisp è nata e si è sviluppata così.
E a pagina 66 ci trovi la spiegazione della pallastrada, dello sport popolare, del calcio fuori da ogni schema, arancione come il Super Santos: che cosè la pallastrada? “E’ il cancro della nostra gioventù da anni e anni. E’ nemica dell’obbedienza, del catechismo, dell’applicazione scolare e del Totocalcio – spiega Don Bracco – col suo subdolo richiamo allontana i giovani da noi. Invano abbiamo dotato tutte le parrocchie di campi confortevoli, per qualche diabolico motivo i ragazzi fuggono verso vicoli scomodi, spazi ghiaiosi, terrazzi condominiali. Spesso anche preti degenerati si uniscono a loro. La palla strada si dà regole sue e disprezza le nostre…”.
Grazie Stefano Benni, profeta di quello sport e quei giochi “dove le regole non le fanno gli altri!”. Grazie Stefano Benni, profeta di libertà attraverso lo sport: citiamo a questo proposito l’incipit di un libro dello storico Sergio Giuntini: “Lo sport è uno dei due linguaggi interclassisti, interraziali e internazionali. L’altro è il denaro”. Parlava così l’egoarca Mussolardi ne La Compagnia dei Celestini, fiutando la possibilità di speculare sulla Pallastrada, il calcio dei ragazzini giocato in spazi estemporanee e con regole arbitrarie”. Grazie per sempre. (a cura di Ivano Maiorella)