Nazionale

Piscine: dopo due anni di emergenza, la situazione è insostenibile

Uisp chiede interventi concreti e urgenti: tra calo utenza e aumento costi, migliaia di impianti sono a rischio chiusura
 
Dopo ormai quasi ventiquattro mesi di pandemia, che hanno visto lunghi periodi di totale chiusura degli impianti sportivi, calo dell’utenza e costi di gestione lievitati esponenzialmente, la già grave situazione in cui si erano venuti a trovare i soggetti gestori, e che non abbiamo mai perso occasione per evidenziare in tutte le sedi competenti, è diventata oggi, con l’ulteriore esplosione dei costi energetici, assolutamente non più sostenibile.
 
"È una situazione pesantissima che tocca tutti gli impianti ma, in modo particolare, quelli natatori, senza dubbio i più energivori - ricorda Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp - I cosiddetti ristori, che si sono succeduti nei mesi, da parte del Governo e di singole Amministrazioni locali, Regioni e Comuni, sono assolutamente insufficienti a garantire, insieme agli sforzi dei gestori, che le piscine possano continuare a restare aperte e fruibili dalla cittadinanza, oltre che dal movimento dello sport agonistico".
 
ll Coordinamento Associazioni Gestori Impianti Natatori, che riunisce molte realtà regionali, sia dell’ambito associativo che imprenditoriale, e che negli ultimi mesi ha promosso importanti iniziative di approfondimento e confronto, sostenute anche dall’Uisp, ha rilanciato in questi giorni un ulteriore grido di allarme: “Su 23 mesi di pandemia, 10 li abbiamo passati chiusi, mantenendo tuttavia costi enormi che ci hanno generato perdite molto significative” si legge nel comunicato.
 
E ancora: "Le piscine sono state le prime a chiudere e le ultime ad aprire. Le piscine sono state le prime (6 agosto 2021) ad aver imposto l’obbligo di ingresso con Green Pass e, nonostante ciò, lavoriamo ancora al 40% della capienza in ragione dei limiti COVID (di fatto mai allentati). I vari decreti ristori hanno garantito somme che arrivano nemmeno al 5% dei ricavi annuali, quando mediamente si sono registrate riduzioni di fatturato di oltre il 50-60%, somme che non bastano nemmeno a pagare un mese di utenze di luce, acqua e gas. E adesso, come se non bastasse, è arrivato il cosiddetto ‘caro bollette’ con aumenti superiori al 50%. Solo per fare un esempio: in un impianto di medie dimensioni si registravano circa 20.000€ al mese di utenze, oggi siamo ben oltre 30.000€, ciò significa 120.000€ di rincari annui su un singolo impianto! Va aggiunto che la quarta ondata pandemica sta generando una riduzione del 50% dell’utenza, ogni giorno registriamo disdette, mancati rinnovi e richieste di rimborsi, e si tratta di una dinamica che produrrà i propri effetti almeno sino al mese di maggio...”.
 
"L’Uisp ha ricordato spesso - aggiunte Tiziano Pesce - che in Italia si contano oltre 3000 piscine, la cui stragrande maggioranza è di proprietà pubblica ma le cui gestioni sono spesso affidate ad associazioni e società sportive dilettantistiche o a livelli territoriali di organismi sportivi, che in moltissimi casi si fanno carico anche di oneri di straordinaria manutenzione, oltre ai costi di gestione ordinaria, tra cui le utenze di acqua, energia elettrica e gas, con un sistema ormai al collasso".
 
Lo chiediamo, con elevato senso di responsabilità, sin dalle prime settimane di emergenza sanitaria: servono sostegni concreti e supporto da parte delle istituzioni per salvare le piscine per far ripartire realmente un settore cardine dello sport sociale, del benessere e della salute della collettività, che invece, oggi, è a totale rischio chiusura.
 
Anche le ultime misure, previste dall’articolo 9 “Disposizioni urgenti in materia di sport”, del Decreto-legge 27 gennaio 2021 n. 4, che prevedono la possibilità di destinare parte delle risorse, incrementate dal decreto stesso, del "Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano" di cui alla legge 205/2017, all’erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche maggiormente colpite dalle restrizioni, con specifico riferimento alle associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi (con una quota fino al 30 per cento della dotazione complessiva da destinarsi ai gestori di impianti per l’attività natatoria), paiono ben lontani dal rappresentare risorse minimamente sufficienti.
 
Il rischio, molto più che un rischio, è che, già a partire dalle prossime settimane, molte amministrazioni pubbliche locali si vedano letteralmente restituire le chiavi degli impianti. Cosa faranno allora, anche in termini di spesa pubblica, oltre a vedere perdere il valore inestimabile delle attività sportive, motorie, di socialità promosse in quei contesti? Serve oggi, non è più rinviabile, un piano di supporto pluriennale al sistema sportivo e sociale del territorio, con l’investimento di risorse adeguate, ascoltando gli organismi sportivi e le rappresentanze del territorio. Anche gli ultimi impegni assunti.
 
Nel frattempo, il Coordinamento Nazionale Gestori Piscine, nel lanciare “un ultimo appello al Governo Nazionale e agli Enti Locali affinché intervengano con urgenza e con misure all’altezza del problema, mostrando chiaramente cosa causerà l’indifferenza delle istituzioni: la chiusura degli impianti”, promuove, per domenica 6 febbraio, una giornata di “protesta” con la chiusura delle piscine che singolarmente vi vorranno aderire. (Clicca qui per scaricare il comunicato).
 
Istituzioni, come dice l’Uisp da tempo, non c’è più tempo da perdere!
Lo sport, lo sport sociale, quello di base, deve essere riconosciuto quale vera e propria politica pubblica.

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