Nazionale

Professione calciatrice: scelta storica ma sono ancora poche

Dal primo luglio le giocatrici di Serie A diventeranno le prime atlete professioniste nella storia dello sport italiano. Il commento di M. Claysset

 

Nel consiglio federale di martedì 26 aprile la Federazione calcistica italiana (FIGC) ha completato il passaggio al professionismo del movimento femminile. Dal primo luglio la Serie A diventerà quindi un torneo professionistico a tutti gli effetti e si verrà a creare una vera e propria professione a norma di legge, quella di calciatrice. Per la prima volta nella storia dello sport italiano, ci saranno delle atlete professioniste.

Finora tutto lo sport femminile italiano operava fuori dal professionismo e il calcio era inquadrato come dilettantistico. Di conseguenza i compensi di giocatrici e dipendenti delle squadre venivano elargiti sotto forma di rimborsi e accordi privati. Inoltre, pur svolgendo di fatto un lavoro a tempo pieno, l’assenza di veri e propri contratti di lavoro non garantiva compensi previdenziali, tutele assicurative e contrattazioni collettive.

“Finalmente, per la prima volta, una Federazione riconosce il professionismo per le donne - commenta Manuela Claysset, responsabile Politiche di genere e diritti Uisp - La decisione della Figc è una scelta storica: nel nostro Paese il professionismo sportivo non riguarda le donne e le nostre atlete da tempo hanno avviato una battaglia per avere questo riconoscimento, con iniziative che hanno visto anche l'impegno della Uisp, a partire dalla Carta europea dei diritti delle donne nello sport, così come di altre associazioni sindacali e rappresentanze di atlete e atleti, come Assist e Assocalciatori. Occorre ricordare che questa importante decisione per lo sport femminile riguarda solo una piccola parte di atlete, ovvero le calciatrici delle società di serie A del calcio, a partire dalla prossima stagione calcistica, quando la serie A sarà a 10 squadre. Riguarderà quindi poche centinaia di atlete, in un sistema sportivo che riconosce il professionismo fino ad ora solo per gli uomini, in 4 discipline e ad alto livello: calcio, golf, basket, ciclismo”. 

Con il passaggio al professionismo, consentito e agevolato dalla legge di bilancio votata due anni fa, ma rallentato dagli effetti della pandemia, tutele e compensi verranno ampliati a tutte le tesserate. In Italia il riconoscimento del professionismo, ovvero la scelta di aderire o meno al settore professionistico e al Comitato olimpico, spetta alle singole federazioni sportive. 

“Questa decisione apre comunque una fase nuova - conclude Claysset - in cui occorre finalmente mettere in campo tutte le azioni possibili per riconoscere tutele e diritti in ambito sportivo, in particolare per atleti e atlete, per quanto riguarda rischio infortuni, tutele previdenziali, malattie, maternità. Si tratta di tutele irrinunciabili e bisogna dare risposte, partendo dall'entrata in vigore dei decreti di riforma dello sport in cui sono previste decisioni importanti per il lavoro sportivo. E’ necessario rendere queste risposte sostenibili e accompagnare il sistema sportivo in questo percorso”.

Dopo il successo dei Mondiali in Francia del 2019, in cui la Nazionale femminile era arrivata ai quarti di finale, il presidente della FIGC Gabriele Gravina aveva detto di essere al lavoro ma di avere anche bisogno di tempo, dato che il professionismo richiedeva il raggiungimento di una sostenibilità economica diffusa tra squadre e campionati. Negli ultimi anni l’ingresso dei club storicamente maschili nei campionati femminili italiani ha aumentato notevolmente l’interesse del pubblico, soprattutto sulla Serie A, che nel tempo ha guadagnato nuovi sponsor e contratti televisivi. La FIGC, inoltre, finanzia il movimento con 3 milioni e mezzo di euro all’anno. Tuttavia, il campionato di Serie A è formato ancora da diverse piccole società che dovranno essere sostenute, almeno inizialmente, per reggere l’impatto dei nuovi costi.

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