Lo Stadio Riviera delle Palme di San Benedetto del Tronto (Ap) ha ospitato giovedì 25 settembre la tavola rotonda finale del progetto SIC!-Sport, integrazione, coesione: un appuntamento di riflessione e un’occasione per trarre bilanci e spunti dopo oltre un anno di attività in 17 città italiane. La campagna di sensibilizzazione contro tutte le discriminazioni è stata promossa dall’Uisp con Unar e Lega Serie A e ha scelto di raccontarsi nella località che dal 25 al 27 settembre ospita la XVII edizione della rassegna nazionale Uisp Matti per il calcio, contro stigma e pregiudizio.
Ad aprire i lavori sono stati i saluti di Vittorio Massi, presidente della Sambenedettese Calcio, che ha evidenziato le potenzialità unificanti del calcio: “Ci siamo messi a disposizione per portare qui tutte le persone che amano il calcio - ha detto Massi - la passione per il calcio ci unisce. A me piace lo sport, mi rende felice, è vita e salute: nella vita alcune persone hanno avuto di più e altre di meno ed è giusto cercare di condividere e vivere insieme esperienze come queste”.
Daniela Conti, responsabile Uisp per le Politiche di interculturalità e cooperazione, ha poi illustrato le caratteristiche del progetto: “La nostra campagna ha voluto sensibilizzare sportivi e sportive sull’importanza di denunciare gli episodi discriminatori, sia come vittime che come testimoni - ha detto Conti - questo è l’unico modo per permetterci di conoscere il fenomeno, la sua entità, le caratteristiche, per poter proseguire con interventi sempre più mirati. Purtroppo tante persone arrivano ad abbandonare lo sport per non subire più offese o prese in giro denigratorie. Con Sic abbiamo fatto un primo passo, anche grazie al coinvolgimento della Lega serie A che ci ha permesso di amplificare questo messaggio, mostrando l’aspetto inclusivo dello sport”.
Sui numeri delle discriminazioni, sulle conseguenze e le categorie più colpite è intervenuto Davide Valeri, sociologo che si è occupato della ricerca nell’ambito del progetto Sic: “Ho realizzato interviste a persone che vivono le discriminazioni sulla loro pelle - ha raccontato Valeri - perchè spesso nelle ricerche di questo tipo la storia personale delle persone passa in secondo piano. Il report che abbiamo prodotto è la sintesi di quanto emerso dalle interviste e dei dati aggiornati. Il dato principale è che le segnalazioni aumentano in tutti gli sport e in tutta Italia, questo vuol dire che le persone si sentono più libere di denunciare ma anche che il fenomeno continua a crescere. Oltre l’80% degli episodi segnalati all’Unar riguarda il razzismo e avviene anche fuori dallo sport professionistico, fin dai tornei giovanili. Il sessismo è un’altra forma di discriminazione molto presente: mancano donne ai vertici dello sport ma la stessa partecipazione femminile rimane più bassa rispetto a quella maschile; gli investimenti sono minori quindi c’è meno crescita e minore valorizzazione, dando vita ad un processo che porta ad alimentare gli stereotipi sullo sport femminile”.
A San Benedetto è stata Valeria Locritani, giovane atleta paralimpica, a portare l’esperienza e le parole di chi ogni giorno incontra barriere e discriminazioni. “Io affronto le barriere cercando di vederle come una sfida da superare - ha detto Valeria - però il primo messaggio che trasmettono è “tu non sei la benvenuta qui”, questo impedisce alle persone con disabilità di partecipare, di unirsi alle altre persone e farsi conoscere. Io ho avuto la fortuna di vivere vicino al Centro paralimpico e quindi iniziare subito a praticare sport, ma non per tutti è così. Le persone con disabilità praticano principalmente sport agonistico, sono poche quelle che fanno sport amatoriale perchè mancano le strutture: esistono spazi dedicati all’agonismo ma pochi rivolti ai praticanti dilettanti. La narrazione pubblica è importante, c’è molto pietismo, ma a volte la colpa è anche nostra, che tendiamo a un atteggiamento vittimistico o di esagerazione, come se avessimo un valore maggiore perchè facciamo le cose nonostante la disabilità. Siamo persone, il nostro valore va riconosciuto a prescindere da una caratteristica fisica che ci distingue”.
Mettere al centro la persona è uno degli obiettivi della Uisp che, dalla sua nascita, si impegna a garantire il diritto allo sport per tutte e tutti, anche attraverso progetti e campagne rivolte a persone con disagio mentale, come accade con Matti per il calcio, che lotta contro il pregiudizio e lo stigma sociale attraverso il gioco del pallone. Lo psichiatra Italo Dosio è stato uno degli ideatori di questa formula ed è intervenuto a San Benedetto del Tronto per tracciare un bilancio di questi anni di lotta agli stereotipi. “L’idea di Franco Basaglia di cambiare la società per fare in modo che accettasse la follia, che esiste al pari della ragione, non è stata assorbita - ha detto Dosio - I pregiudizi sono ancora forti e causano lo stigma, un’etichetta che viene data alle persone e impedisce loro di essere accettate, ma ha anche conseguenze sulla società: porta a generalizzare e creare diffidenza e paura. Ne soffrono gli effetti anche le persone con disturbi mentali e le famiglie, vergogna, senso di colpa, desiderio di sparire, fino al suicidio. Come si può cambiare? I media devono sostenere questo processo, perchè possono condizionare un giudizio, sostenerlo e alimentarlo: spesso purtroppo usano rappresentazioni sensazionalistiche del disturbo mentale oppure banalizzano le patologie. Anche sui social network si parla di disturbi mentali ma con una modalità che semplifica e non affronta veramente il problema. Le forme di racconto più utili credo siano quelle legate all’autonarrazione, una modalità più consapevole e conforme alla realtà dei fatti, in cui si raccontano esperienze vissute, con la testimonianza diretta che descrive la malattia legandola alle complessità della vita che ci accomunano tutti”.
Italo Dosio ha elencato i pregiudizi più presenti nella nostra società nei confronti delle persone con disagio mentale: pericolosità, in realtà solo lo 0,2% di pazienti gravi è autore di reati, meno della media della popolazione generale, più spesso sono loro le vittime di reati, violenze e abusi; incomprensibilità, solo perchè non si ha voglia di comprendere caratteristiche e necessità delle diverse persone; inguaribilità, un pregiudizio che è una zavorra nella vita delle persone, mentre oggi la guarigione è possibile in tante forme anche gravi di disturbo; essere improduttivi, persone che non fanno nulla, in realtà sia artisti che semplici cittadini riescono a lavorare e condurre una vita autonoma anche in presenza di disagi.
Anche Omar Daffe, della Lega serie A, ha raccontato in prima persona la sua esperienza: “Sono arrivato in Italia dal Senegal, il sogno era di diventare portiere, all’epoca c’era il mito di Zoff e degli altri grandi portieri come Pagliuca. Ho inseguito questo sogno anche dal punto di vista valoriale, infatti mi occupo di diritti umani e non riesco mai a voltarmi dall’altra parte. Gli episodi di razzismo nel calcio si notano di più quando accadono nelle serie maggiori ma il razzismo affiora ovunque. La vita mi ha insegnato che non bisogna rispondere alla violenza con la violenza: in occasione di un episodio di razzismo da parte di una persona del pubblico scelsi di uscire dal campo e fui seguito da tutta la mia squadra. Questo episodio ebbe un certo rilievo mediatico e fu notato anche dalla Lega serie A che mi chiese di occuparmi di contrasto alla violenza. Da allora abbiamo portato avanti una serie di progetti contro il razzismo, l’omofobia e il sessismo. Bisogna sempre dare concretezza a questi interventi, dare voce agli invisibili, a chi non ne ha”.
L’altro partner del progetto Sic! è l’Unar-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, il direttore Mattia Peradotto è intervenuto con un video messaggio alla tavola rotonda: “Siamo orgogliosi di aver lanciato alcuni anni fa insieme a Uisp e a Lunaria, l’Osservatorio contro le discriminazioni razziali nello sport. L’attività di Sic deve consolidare e prolungare nel tempo questa azione sperimentale. A breve usciremo con un progetto nuovo e più stabile per raccogliere e analizzare le discriminazioni che avvengono in ambito sportivo. Da lì partiremo per realizzare nuove politiche di prevenzione. Lo sport è uno specchio della realtà sociale nella quale viviamo ma può fungere da amplificatore per superare barriere e discriminazioni. L’Osservatorio ci permetterà di comprendere più a fondo il fenomeno e il percorso che faremo insieme coinvolgerà sicuramente l’Uisp e tutte le realtà associative dello sport per tutti. E’ possibile denunciare in maniera permanente ogni tipo di discriminazione al numero di telefono: 8901010”.
Manuela Claysset, responsabile politiche di genere e diritti Uisp, e Vincenzo Manco, responsabile safeguarding officer Uisp, hanno presentato l’impegno Uisp nel campo della promozione dei diritti e della tutela delle persone che praticano sport con l’associazione.
“Il primo passo è dare visibilità alle persone che non si sentono accolte dallo sport - ha detto Claysset - noi lo abbiamo fatto con il tesseramento Alias e continuiamo con progetti nazionali e locali, che propongono percorsi formativi specifici e studiano spazi accoglienti per tutte le sensibilità e identità. Dobbiamo continuare ad imparare, guardando le disuguaglianze esistenti e studiando nuovi interventi. Dobbiamo coinvolgere ragazze e ragazzi mettendo in campo azioni che li interessano, per evitare che abbandonino e per farli sentire protagonisti”.
“Le politiche di safeguarding riguardano tutte le persone, di tutte le età - ha spiegato Manco - per tutelarle e predisporre ambienti che garantiscano il benessere di chi pratica attività sportiva. I responsabili safeguarding devono avere una buona capacità di relazionarsi e di indirizzare le persone coinvolte da abusi verso professionisti qualificati per eventuali percorsi di sostegno. E’ importante saper ascoltare, non avere un approccio giudicante ma riservato e professionale per gestire le situazioni conflittuali in maniera efficace con discrezione e tutelando il benessere psicologico delle persone coinvolte”.
La tavola rotonda è stata chiusa dal presidente nazionale Uisp Tiziano Pesce, che ha ricordato l’impegno Uisp in tutti i tavoli istituzionali nel chiedere per lo sport di base ulteriore rappresentanza e risorse aggiuntive, ora dedicate in grande percentuale allo sport di vertice. ”Questo progetto è la rappresentazione plastica del nostro impegno, abbiamo ascoltato voci ed esperienze che descrivono chiaramente il diritto allo sport enunciato nella nostra Costituzione. Nei prossimi giorni vedremo in campo questo approccio e questa visione concretizzati dalle squadre di Matti per il calcio: qui i valori diventano pratica quotidiana di promozione dei diritti. Il Salto triplo proposto dalla nostra campagna tesserament, ci spinge a includere, rigenerare, innovare: appuntamenti come quelli di oggi ci permettono di passare, ancora una volta, dalle parole ai fatti, ma ci danno anche la possibilità di avere una prospettiva scientifica e da lì arrivare alla pratica, al gioco, al calcio d’inizio di una nuova storia di sport e inclusione”.