Giovedì 16 ottobre si è tenuta a Bologna, presso la sede della Regione Emilia-Romagna, la conferenza di avvio di Differenze in gioco-Cambiamo lo Sport per Tutt*. Il progetto promosso da Uisp Emilia-Romagna in collaborazione con Giulia Giornaliste, Arcigay, Genderlens e co-finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, è orientato al contrasto alla violenza di genere e alle discriminazioni omolesbobitransfobiche.
La conferenza, moderata da Manuela Claysset, referente delle politiche associative di Uisp Emilia-Romagna, ha visto la partecipazione di numerosi Comitati territoriali della regione, insieme a Enrico Balestra, presidente Uisp Emilia-Romagna, e Enrica Francini, vice presidente nazionale, realizzando così un momento di confronto partecipato, ricco di spunti e collaborazione.
Dopo una breve introduzione sulle precedenti edizioni di Differenze in gioco, Chià Rinaldi, coordinatore del progetto e responsabile della progettazione Uisp Emilia-Romagna, ha presentato le Linee guida per spazi sportivi ideali, una guida contenente strategie per rendere gli spazi e le attività sportive più adatti ad esigenze e corpi diversi. Le linee guida, che raccolgono le esperienze accumulate durante le varie edizioni progettuali, si soffermano su aspetti spaziali, relazionali e di strutturazione delle attività sportive che influenzano l’accessibilità, in senso ampio, dello sport, provando ad elaborare strategie alternative. L’obiettivo è quello di promuovere una cultura sportiva meno binaria, meno orientata alla performance e più equa e accogliente rispetto alle differenze.
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Dalle linee guida si sono poi aperte le riflessioni di accademici, sportivi e rappresentanti delle associazioni sul significato di accessibilità dello sport e sulla sperimentazione.
Il primo contributo è stato quello di Alessia Tuselli, sociologa e ricercatrice, che ha sottolineato come lo sport continui a essere raccontato e vissuto al maschile: “corri come un uomo” diventa sinonimo di forza, mentre “corri come una femminuccia” resta un’offesa. Anche la sessualizzazione dei corpi contribuisce all’abbandono sportivo delle ragazze in adolescenza, quando il cambiamento fisico viene vissuto come un limite più che come evoluzione. Eppure, anche le donne considerate “troppo” forti, brave o semplicemente diverse, spesso donne nere o atlete di alto livello, vengono sottoposte a sex testing o messe in discussione per il loro corpo. Così scompaiono i cognomi delle donne, il linguaggio si infantilizza e si alimenta un circolo di esclusione. Per cambiare, lo sport di base deve slegarsi dalla sola logica della performance e diventare spazio di sperimentazione, dove il corpo e le regole non siano gabbie, ma strumenti di libertà.
Successivamente è intervenuta Elisa Virgili, ricercatrice in studi di genere e teorie queer e pugile, che ha raccontato come il mondo del pugilato sia fortemente connotato al maschile e come il corpo femminile venga spesso percepito come “mascolino”. Da qui è nato il suo interesse per le categorie di genere nello sport.
Virgili ha sottolineato come molte atlete, fuori dal ring o dal campo, sentano il bisogno di rimarcare la propria femminilità attraverso l’abbigliamento o il modo di presentarsi, quasi a dover giustificare ciò che sono al di fuori del contesto sportivo. Ha, inoltre, evidenziato l’importanza di una maggiore formazione per gli insegnanti, in particolare uomini, affinché sviluppino una conoscenza più profonda e consapevole del corpo femminile e delle sue esigenze. Anche gli spazi pubblici, ha osservato, sono spesso pensati a misura di uomo: attrezzi troppo alti, strutture progettate per esercizi come le trazioni, che rispecchiano un modello maschile di forza.
Infine, Virgili ha proposto di superare il concetto di “accessibilità” per parlare invece di “permeabilità”: non più uno sport “per tutti”, ma uno sport “di tutti”, in cui ogni corpo possa trovare piena e attiva partecipazione.
L’intervento di Francesca Vitali, di Assist, docente dell'Università di Verona e tra le 100 esperte di sport, ha richiamato il tema del safeguarding, obbligatorio nel mondo olimpico ma non in quello paralimpico, sottolineando come queste politiche di tutela riguardino non solo violenza fisica, psicologica o sessuale, ma anche incuria e mancanza di conoscenza, ed ha quindi evidenziato il ruolo fondamentale dell'Uisp in questo ambito.
Ricollegandosi all’iniziativa “Nuotiamo misti”, svoltasi all’interno dell’annualità precedente di Differenze in gioco, Vitali ha concluso sostenendo che occorre promuovere giochi e attività miste anche al di fuori del nuoto, oltre a creare spazi sicuri gestiti con delicatezza per rendere lo sport non binario e realmente inclusivo.
Infine, l’intervento di Natascia Maesi, presidentessa Arcigay Nazionale, ha evidenziato come la costruzione delle Linee guida sia partita proprio dalle soggettività LGBTQIA+, ponendo al centro il loro punto di vista e le loro esperienze. Maesi ha sottolineato l’importanza di partire dal pensiero di queste persone, di chiedere loro come si sentano e di ascoltare le loro esigenze: questo, ha affermato, deve diventare il modello di approccio per chi opera nello sport e nelle politiche sociali.
Ha poi concluso il suo intervento, e l’incontro, con un monito significativo: “Dobbiamo considerare gli spazi sportivi come luoghi in cui costruire la propria identità, sentendosi rafforzati e sostenuti nei percorsi di affermazione di sé. Questo è possibile solo grazie a relazioni solide con chi guida e gestisce le attività”. (a cura di Giulia Bergamini, Uisp Emilia Romagna)