Nazionale

La storia di Fabrizio Maiello, Zola e il ruolo dell’Uisp

Sul Corriere della Sera l'incontro tra Gianfranco Zola e chi nel 1994 tentò di rapirlo. A distanza di 30 anni l’abbraccio fra i due

 

La rinascita di un uomo che ha sofferto, è caduto e si è rialzato. La storia di come un pallone possa aiutare a non smarrirsi e a riprendere in mano la propria vita. La vicenda di Fabrizio Maiello rappresenta la ferrea volontà di un uomo che, nonostante gli errori, ha provato a riprendersi una parte di ciò che la vita gli aveva tolto. Ed incarna il valore sociale dello sport con l’Uisp al suo fianco.

Il Corriere della Sera riporta la notizia dell’incontro tra l'ex calciatore Gianfranco Zola e Fabrizio Maiello. Dopo aver ripercorso l’intera vicenda, ricorda le doti da grande palleggiatore di Fabrizio. “Ogni anno con la Uisp stabilisce nuovi record di palleggio”, evidenzia il quotidiano.

Fabrizio e “Magic Box” Zola, soprannome che i tifosi inglesi diedero al campione italiano per le sue giocate magiche, si sono incontrati dopo trent’anni. I due si sono rivisti nel cortile della casa-famiglia Emmaus, a due passi dall’aeroporto di Elmas, Cagliari. Fabrizio aspettava questo incontro da troppo tempo e prova “una gioia inspiegabile – come riporta il Corriere della Sera – era l’ultima tappa che mancava per chiudere il cerchio, volevo chiedergli scusa, volevo rivederlo negli occhi e ce l’ho fatta”.

Dopo aver giocato nelle giovanili del Milan e del Monza, la vita di Fabrizio viene rovesciata da un infortunio al ginocchio che spezza la sua futura carriera da calciatore. Scappando dall’intervento a cui si sarebbe dovuto sottoporre Maiello sarà privato della sua ragione di vita. Inizia così il percorso che lo condurrà in carcere di lì a poco. Il calcio era la linfa vitale che lo teneva lontano dalle cattive amicizie del suo quartiere.

Tra le altre cadute, nel 1994 ci fu il tentativo di rapire Gianfranco Zola, allora al Parma. Fabrizio avrebbe dovuto speronare la sua auto in autostrada ma l’attaccante si fermò per fare rifornimento. Fabrizio e la sua banda gli andarono incontro con la pistola dietro la schiena, lui li guardò e sorrise: "Ciao ragazzi, come va?". Sono secondi, ma a Fabrizio cambiano la vita. Gli chiese un autografo sulla carta d’identità e decise di rinunciare (come riporta il Corriere ricordando l’episodio).

Dunque, un racconto fatto di sbagli, di percorsi difficili e di cadute, però con un lieto fine. Fabrizio in tutto questo tempo ha conservato una grande capacità di ritrovare sé stesso. Questo grazie al calcio, “metafora della vita” come amava ricordare Jean-Paul Sartre.

La riconciliazione con il pallone, il suo migliore amico, non è avvenuta subito ed ha richiesto tempo. Ci sono due opportunità che Fabrizio coglie al volo, come abbiamo raccontato in un articolo pubblicato sul sito Uisp, con la storia completa di Fabrizio e del suo legame con l’Uisp. La prima è l’arrivo nel carcere di Reggio Emilia di Vivicittà, storica manifestazione nazionale dell’Uisp, che gli consente di riprendere in mano il pallone alla sua maniera. In uno spazio molto piccolo, Maiello ritrova il legame che aveva perso con il pallone e per dieci anni è l’oggetto con cui riesce ad uscire mentalmente dalla realtà del carcere. Partecipa a cinque edizioni di Vivicittà, tutte con il pallone attaccato ai suoi piedi e alla sua testa. La più importante, dal punto di vista emotivo, è quella del 2002. Fabrizio, dopo aver disputato all’esterno grazie all’Uisp una partita dei Mondiali Antirazzisti, riesce a percorrere 3 chilometri e mezzo in città a Reggio Emilia e al suo arrivo in prima fila ad attenderlo c’è la madre.

La seconda opportunità si presenta quando, a poche celle di distanza, Fabrizio conosce Giovanni, un uomo con problemi mentali ospite dell’ospedale psichiatrico giudiziario. Solo, senza nessuno che si occupasse di lui, Giovanni era uno dei bersagli preferiti degli altri detenuti e aveva deciso di lasciarsi andare. Spinto dalla coscienza, Fabrizio interviene in suo soccorso e tra i due nasce una profonda amicizia che lo cambia profondamente e gli fa ritrovare sé stesso.

L’Uisp rimane al fianco di Fabrizio e di tutti i detenuti che devono avere la possibilità di accedere ad una seconda chance anche se, spesso, ciò non avviene. Nel suo lavoro di allenatore di una squadra di ragazzi provenienti da situazioni di disagio trasmette l’importanza dell’attesa nella vita: non volere tutto e subito ma saper superare gli eventuali momenti difficili quando necessario. (A cura di Edoardo Arturo Scali)

(Foto: La Stampa)

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