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Volontariato e rimborso forfettario: recente pronuncia della Corte di Cassazione

L’erogazione ai volontari di rimborsi forfettari è vietata: un principio noto su cui di recente si è espressa la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza del 21 agosto 2025

 

L’erogazione ai volontari di rimborsi forfettari è vietata: un principio noto su cui di recente si è espressa la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza del 21 agosto 2025 n. 23665.  

Tale principio era chiaro già per le organizzazioni di volontariato ma con l’avvento del Codice del terzo settore diventa un principio categorico per i volontari degli enti del terzo settore. È necessario circoscrivere perché è stata reintrodotta la possibilità per le organizzazioni sportive – che non siano anche enti del terzo settore – di riconoscere ai volontari rimborsi forfettari seppur in presenza di determinati presupposti e nel rispetto di limiti quantitativi.  

Resta per gli enti del terzo settore la possibilità di erogare il rimborso a presentazione della documentazione attestante le spese effettivamente sostenute oltre alla possibilità di riconoscere un rimborso in autocertificazione delle spese sostenute – con conseguente assunzione della responsabilità rispetto alla veridicità di quanto dichiarato – nei limiti di dieci euro al giorno per un massimo di centocinquanta euro in un mese. Non si tratta di un rimborso forfettario ma esclusivamente di una modalità che esonera gli enti del terzo settore dall’obbligo di acquisire e conservare le pezze giustificative relativamente a tali spese anche ai fini della rendicontazione di tali spese nell’ambito di contributi pubblici. L’onere di conservare tali documenti ricade quindi esclusivamente sul volontario al fine di evitare contestazioni rispetto alla veridicità di quanto autocertificato.

La Corte di Cassazione aveva già precisato in passato che non possono essere considerati rimborsi spese - e vanno quindi qualificati come compensi, come tali soggetti a tassazione e non erogabili ai volontari - gli esborsi versati ai propri associati senza specifico collegamento con spese, singolarmente individuate, effettivamente sostenute dai percettori. Ciò implica, sul piano probatorio, che grava sulla parte contribuente che contesti la pretesa erariale (associazione, per quanto riguarda la ritenuta alla fonte, ed associato, per quanto riguarda l'intero prelievo IRPEF) l'onere di documentare il sostenimento delle spese di cui le somme erogate dall'associazione costituirebbero specifico rimborso. 

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione 

L’Ispettorato del lavoro rileva che una organizzazione di volontariato impegnata nel trasporto sanitaria eroga rimborsi forfettari ad alcuni suoi volontari impegnati come autisti/soccorritori: ciò preclude la possibilità di parlare di volontariato dovendosi invece parlare di rapporto di lavoro di natura autonoma o subordinata. 

Non si tratta di volontariato e, nel caso in esame, non si tratta neppure di rapporto di lavoro subordinando mancando i caratteri tipici della subordinazione, tra cui viene annoverata anche la quantificazione del rimborso spese pari a 25,00 euro per ciascun turno di servizio (pari a 8 ore) non indicativa della natura subordinata del rapporto per la sua modesta entità. (Fonte: “Circolare n. 4/2025-2026 – Volontariato e rimborso forfettario  Uisp – Area Riservata 2.0)