Le parole della presidente dell'UISP di Sassari Loredana Barra, scritte nel suo diario di viaggio durante i giorni trascorsi a Suceava, al confine tra Romania e Ucraina. Ha deciso di condividere con la sua associazione questi racconti carichi di emozione e lacrime che non possono non farci riflettere. Con una delegazione UISP ha portato aiuti, medicinali e materiali sportivi. Corso Vivicittà per la pace. Tutti insieme hanno deciso di donare il loro tempo per provare a regalare sorrisi ai bambini che si trovano nei campi profughi. Un atto di grande coraggio ma anche di consapevolezza di quanto lo sport possa essere uno strumento di inclusione, di speranza e di pace.
Vi racconto una storia... di una bambina che non voleva passare il confine... piangeva e tirava la mano della mamma verso l'Ucraina, mentre la mamma cercava di andare dall'altra parte, verso la Romania. A Siret, il punto di confine con la Romania succede questo. Mi avvicino e le do un peluches e un succo che abbiamo comprato qui, dei dolcetti. La guardo e sorrido, col cuore già spezzato in due. Lei mi guarda e mi abbraccia. Sorride anche lei. Il sorriso è l'unico modo per affrontare le cose più difficili, perché contagia. Parto da qui per raccontare le mie giornate e quelle della delegazione Uisp a Suceava dal 2 al 4 aprile per organizzare Vivicittà, al fianco dell’associazione rumena.
Primo giorno. Partire per noi sardi è un po' come morire, nel vero senso della parola. Per mancanza di coincidenze parto alle sette del mattino da Alghero per arrivare a Fiumicino alle 8. Aspetto con pazienza i miei compagni di viaggio che abitano a Roma per partire verso la Romania alle 19.15. Ho imparato il tempo dell'attesa... 11 ore. Arriviamo alle 22.30 ora locale a Bacau, a 140 km da Suceava. Tre ore di viaggio in macchina, perché la Romania non ha costruito autostrade per timore dell'attacco russo. Si vive nel timore di un uomo prepotente che vuole decidere sopra le teste di altri uomini. Tagliandole magari, se si sollevano un po' di più. All'aeroporto ci accoglie Mihiai, rumeno, di madre ucraina, professore di educazione fisica e impegnato socialmente in questa emergenza. Due ore di racconti, paure, emozioni che vibrano nell'abitacolo. Per loro è la prima volta che accolgono. Sono stati migranti fuggitivi ma non terra di accoglienza. Sono 70mila i profughi che sono arrivati in questi piccoli paesi di confine... stanno in bilico tra un paese e l'altro sperando di ritornare al più presto. Mihai è molto preoccupato per i bambini, perché ha la sensazione che le loro emozioni, tutte le loro emozioni, si siano spente. Non piangono e non ridono, non urlano e non si muovono.... travolti da uno tzunami che non riescono a tirar fuori. Domani vedremo questi bimbi rifugiati.
Secondo giorno. Oggi abbiamo fatto il cammino a ritroso da Suceava fino ad arrivare al confine. La comunità è attiva si dà da fare nonostante le scarse risorse di questo paese. Ma tanti sono i volontari che dedicano il loro tempo. I ragazzi del liceo sabato e domenica non vanno a scuola e si spargono nei campi e nei centri di accoglienza organizzati alla meglio per dare una mano alle varie comunità. Stamattina alle 9 erano già lì, pulivano stanze, rifacevano letti, giocavano con i bambini. Abbiamo incontrato Miriam,17 anni, nata e vissuta a Roma fino all'anno scorso. L'albergo italiano ha chiuso e non riuscivano più a vivere in Italia, così sono tornati in Romania, dove non è stato facile per il padre iniziare a lavorare. La comunità li ha aiutati e ora lei aiuta la comunità, con un sorriso contagioso. Non è italiana perché quando è andata via non aveva ancora 18 anni, ne aveva sedici. Ci ha detto che vorrebbe ritornare perché ha tutti gli amici lì e perché si sente italiana. Lo sei Miriam italiana, anzi sei molto di più: appartieni ad una razza che rischia l'estinzione, la razza umana. E questa è solo una delle tante contraddizioni del nostro paese. A Dumbraveni entriamo in un centro sportivo, un enorme campo polifunzionale coperto e riscaldato. Per terra ci sono dei materassi per dormire, quei materassi ora sono "casa" di quelle donne e di quei bambini. Sono i profughi poveri. La terza ondata. Da un lato ci sono box pieni di vestiti che loro possono prendere. Gli spogliatoi sono i loro spazi di intimità. La comunità offre quattro pasti al giorno a persona. L'impatto emotivo è un terremoto. Vedere un luogo di sport trasformarsi in luogo di accoglienza, nel vero senso della parola, è quello che Uisp fa giorno dopo giorno: le regole del gioco possiamo deciderle noi. Ci dicono di fare silenzio, di guardare, mentre loro guardano questi estranei che in qualche modo hanno invaso il loro spazio... Ma l'emozione è movimento e la mia emozione è troppo forte. Non posso solo guardare. Ed è in questo momento che il mio corpo comanda alla mia mente di fare qualcosa: apro il mio zaino, tolgo il disegno di Andrea e di Gaia fatto per i bimbi ucraini, un quadernetto dell'Uisp "Movimenti insieme", dei pennarelli colorati, dei timbrini per bimbi a forma di cuore, stella, piedini, tre palloncini. Mihai tira fuori cerchi e palloni li poggia lì e succede una magia. Bimbi piccoli e grandi si avvicinano e insieme giochiamo, disegnamo e comunichiamo con i nostri corpi che parlano la stessa lingua. Giochiamo tanto ad acchiapparello sino a quando ci manca il fiato. E quando andiamo via una famiglia ci chiede di trovare una casa per loro ...sono in 10. Questa è la guerra... Ci spingiamo a Siret punto di confine con l'Ucraina dove a tutte le ore del giorno e della notte arrivano donne e bambini. Vengono accolti, coperti e nutriti e viene dato loro il necessario. Alcuni arrivano a piedi solo col passeggino o con i bimbi in braccio. Salgono nei pullman e li portano in uno stadio per i documenti. Se sono in regola e possono andar via li fanno andare via, altrimenti restano qui sino a quando non trovano sistemazione. Da una casa ad una tenda basta un Putin.
(Loredana Barra - Presidente UISP Sassari)
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