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ll Sole 24 Ore: anche il terzo settore chiede garanzie per i dipendenti

L’emergenza sanitaria che sta scuotendo il paese in questi giorni porta alla luce le tante fragilità del nostro modello sociale. Legate alle esigenze primarie, come l'assistenza sanitaria e quella sociale e, in genere, al sostegno di chi è vulnerabile. Una fragilità di cui da sempre il terzo settore italiano si è fatto carico, in silenzio, e spesso senza scomodare grandi risorse finanziarie. Contando in molti casi solo sulla forza dei volontari, milioni e mezzo, sui lavoratori, quasi un milione. Ora che stiamo vivendo la fase piu acuta dell'emergenza ci chiediamo già quali saranno i pilastri intorno a cui ricostruire il tessuto sociale. Tornare alla normalità significherà far fronte prima di tutto ai bisogni di chi subirà le conseguenze economiche e finanziarie di questa emergenza.

Significherà prendere in carico con competenza e professionalità le situazioni di bisogno piu disparate, destinate inevitabilmente ad aumentare, e nello stesso tempo rianimare il tessuto sociale e culturale, a partire dalle scuole, palestre, i musei, e tanti altri settori oggi gestiti grazie anche e soprattutto al prezioso intervento del terzo settore.
Di fronte a tutto questo possiamo dire che il nostro Paese ha una risorsa ed una marcia in piu rispetto agli altri. Si chiama terzo settore. Allora se è vero questo, occorrerà fin da subito immaginare di raccogliere il grido di allarme lanciato in questi giorni dalla portavoce del Forum del terzo settore Claudia Fiaschi, affinche l'intero comparto non venga lasciato senza risorse e con le armi spuntate proprio nel momento in cui sarà chiamato a dare il proprio contributo alla collettività. Uno dei punti evidenziati è l'estensione della cassa integrazione flessibile anche ai lavoratori del terzo settore. Tema questo piuttosto sentito e che può aprire ad una riflessione piu ampia sulle politiche del lavoro in rapporto al terzo settore. Non mancano già sollecitazioni in tal senso. Ad esempio, il presidente Uisp, Vincenzo Manco, segnala la forte preoccupazione per i tantissimi insegnanti, educatori e istruttori che animano il mondo sportivo. La prevedibile flessione occupazionale, allora, potrà essere controbilanciata da un intervento piu consistente sulle attività di interesse generale a beneficio di tutti. Per fare questo si potrebbe immaginare di estendere strumenti già noti. Come, ad esempio, quello del servizio civile universale, che dà diritto ad un assegno temporaneo (da 8 a 12 mesi) nella misura massima di 440 euro, con esenzione Irpef e previdenziale, per lo svolgimento di progetti di rilevanza sociale gestiti da enti del terzo settore.

Altro aspetto è valorizzare il contributo dei volontari, specie quelli con esperienza in settori particolarmente strategici per il rilancio sociale del paese (si pensi al sanitario e socio sanitario). Per un periodo di tempo limitato si potrebbe prendere spunto dalle norme gia utilizzate per la protezione civile garantendo ai volontari una serie di garanzie nei rapporti di lavoro (rimborsi, crediti d'imposta e tutele nei rapporti con i datori). Altro aspetto riguarda le risorse. Sarebbe il caso di pensare ad un utilizzo centralizzato e omogeneo di alcuni fondi oggi a disposizione dell'Italia proprio per gli interventi di sviluppo sociale e occupazionale. I Fondi strutturali legati alla politica di coesione europea per il periodo 2014-2020 e destinati al nostro Paese ammontano a più di 33 miliardi di euro. La gran parte di questi sono destinati allo sviluppo regionale, ma al momento ne sono stati utilizzati solo un terzo. 

(Gabriele Sepio, Il Sole 24 Ore, mercoledì 11 marzo 2020)

 

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