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Valentina Petrillo alle Paralimpiadi: in bocca al lupo dall'Uisp

L'atleta sarà la prima transgender a partecipare ai Giochi paralimpici: l'Uisp è al suo fianco dall'inizio della sua avventura sportiva e sociale

 

Valentina Petrillo è la donna delle prime volte: nel 2020 è stata la prima atleta transgender a partecipare ai Campionati italiani paralimpici di atletica leggera nella categoria femminile e la prima italiana trans a correre per qualificarsi nelle Paralimpiadi di Tokyo 2021. A Parigi 2024 sarà la prima donna trans a partecipare alle Paralimpiadi.

La sua storia è stata raccontata nel film documentario “5 nanomoli - Il sogno olimpico di una donna trans”, prodotto da Etnhos e da Gruppo Trans, con il sostegno dell'Uisp e di Arcigay“L’Uisp ha condiviso con Valentina Petrillo vari momenti del suo percorso e della sua battaglia - commenta Manuela Claysset, responsabile Politiche di genere e diritti Uisp - perciò siamo molto felici che le sia stata data questa grande occasione. Si tratta di una tappa importante per lei ma anche per tutto il movimento delle sport lgbtq+, seguiremo le sue gare con entusiasmo e affetto. Nel documentario “5 nanomoli - Il sogno olimpico di una donna trans”, che abbiamo sostenuto, l’Olimpiade era ancora un sogno ed ora è diventato realtà: ottenere il riconoscimento dei suoi risultati è stato un percorso impegnativo, ma Valentina ha vinto la battaglia per gareggiare nella sua categoria rispettando tutti i vincoli imposti. Ora, e grazie a lei, si apre una nuova frontiera per i diritti delle persone trans nell'ambito delle competizioni sportive internazionali, è necessario sistematizzare le regole per permettere la partecipazione di tutte e tutti, promuovendo la serenità delle persone".

Valentina Petrillo comincia a sognare l'atletica da bambina: all'età di 7 anni resta folgorata dalla vittoria di Pietro Mennea alle Olimpiadi e inizia a immaginarsi con la maglia azzurra. Ma nel proiettarsi all'interno della gara sportiva più prestigiosa di tutte, lo fa pensandosi con un corpo diverso, con un corpo femminile. Nel 2019 fa coming out e intraprende un percorso di affermazione di genere. “A un certo punto sono scoppiata - ha racconta Valentina alla redazione del Giornale Radio Sociale che l'ha intervistata nel 2020 alla vigilia dei Campionati paralimpici di Jesolo - non ce l’ho fatta più a vivere una vita che non era la mia e ho deciso di intraprendere il percorso di transizione. La stessa cosa è successa nello sport: piuttosto smetto di correre, mi sono detta, ma non sono più disposta a violentarmi per correre tra gli uomini. Io amo correre, mi piace la corsa veloce e l’emozione che mi dà: da ipovedente le gambe rappresentano la mia sicurezza, e la corsa è il momento in cui mi sento più libera e sto bene con me stessa. Per me correre è una necessità, amo partire dai blocchi, sentire lo starter, l’emozione di essere tutti sullo stesso blocco per gareggiare insieme”.

ASCOLTA L’INTERVISTA INTEGRALE DEL GIORNALE RADIO SOCIALE A VALENTINA PETRILLO

"Io non ho avuto la fortuna di avere degli esempi davanti a me a cui potermi ispirare - dichiara Petrillo in una recente intervista rilasciata a Fanpage.it - Io cercavo un modello di trans sportiva, cioè quella che sono io. Se avessi visto Valentina come trans correre, sarebbe stato diverso il mio percorso. Io sono la prima nella storia ad aver partecipato a una competizione femminile in una categoria femminile con un documento ancora al maschile. Io sono stata proprio un prototipo. Questo mi ha dato anche delle problematiche, sono stata tanto esposta mediaticamente e ho dovuto fare una scelta a un certo punto: rendere pubblica o non rendere pubblica la mia vita, la mia storia".

"La mia presenza è un importante momento di riflessione per tutti, può essere d'aiuto anche sul fronte del linguaggio. C'è un modo corretto di parlare con le persone disabili, con le persone del mondo LGBT, con tutte le persone per così dire "diverse". Spesso il linguaggio lascia molto a desiderare, certe convenzioni fanno male alle nostre vite, come ad esempio usare il nome della nostra precedente vita (dead name). C'è discriminazione dal punto di vista linguistico verso le persone trans e disabili".

"Ci sono pregiudizi, stereotipi, stigma. C'è anche una vera e propria morbosità nelle domande. Io vorrei vivere normalmente, vorrei fare notizia non perché sono trans, ma perché sono una sportiva brava, perché faccio dei buoni risultati, perché ho raggiunto dei traguardi. Nello sport ci stiamo scontrando contro il mondo più sessista che ci sia. Lo sport italiano, in particolare per l'atletica senza disabilità, è così. Questo mondo non è pronto ad accettare le diversità come la mia. Non è pronto a livello a livello di strutture, a livello di preparazione dei giudici, su come rivolgersi, che pronomi usare. Non sono pronti gli addetti ai lavori e non c'è un regolamento pronto ad accogliere le persone transgender. Per l'atletica paralimpica è un'altra cosa, quel mondo mi ha sempre inclusa, mi ha sempre accettata, al di là dei regolamenti. A me non è stato dato un percorso facilitato, mi sono guadagnata tutto".

E il percorso è stato davvero tortuoso. Lo è ancora, data l'assenza di linee guida uniche e valide per tutti: "Non ci sono regole ben precise: quando c'è il caso lo si analizza. Quando la Federazione di basket italiano avrà una ragazza trans allora ci si porrà il problema e andranno a capire in base a quello che hanno fatto le altre Federazioni. Storicamente la questione è nata grazie al CIO nel 2015, poi nel 2019 la World Athletics (la Federazione del'Atletica Leggera Internazionale) recepisce parzialmente la normativa del CIO e quindi ci include. Io sono stata la prima a essere inclusa proprio a livello normativo per gareggiare con le donne. Fino al 2023, quando improvvisamente e senza nessuna motivazione hanno deciso di escluderci e quindi alle persone transgender purtroppo è negato il diritto allo sport di tipo agonistico. Tra l'altro nel mio caso specifico io adesso ho anche rettificato i documenti, quindi sono legalmente una donna".

Valentina Petrillo è stata la prima donna transgender a partecipare ad una competizione femminile paralimpica (di atletica leggera) segnando un primato per le persone trans nello sport in Italia. A Fanpage.it ha spiegato: "La rivoluzione avviene nel 2015 con le linee guida del CIO – Comitato Olimpico internazionale, che dice: dovete includere le persone trans. È stato dimostrato tramite degli studi che con dei valori di testosterone entro i 10 nanomoli (che poi World Athletics ha recepito in 5 nanomoli) le persone transgender sono equiparabili alle performance di una donna. Poi il CIO demanda alle varie federazioni le leggi vere e proprie, dà solo linee guida. Sono parametri che arrivano da risultati scientifici, secondo cui le persone transgender facendo una terapia ormonale sono equiparabili alle donne. Non si può dare per scontato il fatto che un qualsiasi uomo sia più forte di una qualsiasi donna. Io persona transgender non posso essere discriminata solo per il fatto di essere nata uomo, perché sarei più forte di una donna. Questa non è una regola che vale in maniera assoluta: nessuno ha mai dimostrato scientificamente che io abbia un vantaggio. I giamaicani sono mediamente i più veloci del pianeta, ma non è che facciamo una categoria per i giamaicani, quindi lo stesso vale per le persone trans le quali effettivamente in sette anni di presenza nel mondo sportivo non hanno fatto nessun risultato. Questo prova che non è un binomio assoluto essere stata maschio ed essere persona vincente. Laurel Hubbard, neozelandese sollevatrice pesi, a Tokyo è stata la prima atleta transgender a partecipare. Tutti erano convinti vincesse: alla fine non è entrata nemmeno in finale. Nel suo decalogo del 2022, il CIO al punto 5 parlava di principio di non presunzione di vantaggio: non puoi presumere che una persona abbia un vantaggio anche se è nata maschio".


Si parla dello sport come il mondo dell'accoglienza, quello dove c'è posto per tutti, un mondo dove crescere, dove potersi migliorare, dove abbracciare valori sani. L'esperienza di Valentina Petrillo, per sua stessa ammissione, non è stata così: "Il mondo dello sport deve porsi delle domande: il binarismo di genere non rappresenta più la società e lo sport non è quell'ambiente inclusivo che ci aspettiamo. Valentina fa notizia quando va a gareggiare, ma non fa notizia perché è brava a correre e credo di esserlo, fa notizia perché è stata un uomo. Ci sono tante trans nel mondo dell'atletica che arrivano coi documenti già rettificati al femminile. La differenza con me è che io ho una storia come uomo: ho vinto 12 titoli italiani come maschio. Ma ho fatto un processo di verità e trasparenza, ho raccontato la mia storia e sinceramente ne sto pagando le conseguenze". La sua forza arriva dalla sua rabbia: "Lo sport deve cambiare, deve includere. L'anno scorso chiesi a un giudice di indicarmi il bagno: mi indicò il bagno degli uomini. C'è una volontà di tenerci fuori".

Dall'altro lato, però, c'è anche il profondo desiderio di essere d'aiuto a chi verrà dopo di lei: "Non ne vale la pena. Col senno di poi ci penserei altre dieci volte, ma io devo dare una speranza alle persone che vivono nel limbo e hanno paura. Io ce l'ho fatta. Il mio messaggio è questo: io devo dare una speranza, voglio diventare il simbolo di un di un mondo che si sta ribellando. Sono convinta che porterà a qualcosa: basta vedermi a Parigi alle Paralimpiadi. Sto andando a fare la cosa più bella, quella che ho sempre sognato nella vita e non ci vado da maschio. Corro con le donne. Cioè, che cosa posso chiedere di più? Le mie Olimpiadi sono diventate Paralimpiadi, ma non fa niente. Viva le diversità, perché ci rendono unici, ognuno di noi è unico a modo suo. Io se non avessi lo sport sarei una persona spacciata nella vita, nella società avrei difficoltà. Questa è la mia rivalsa, è il mio riscatto, ci è voluto tanto per arrivarci. Immaginavo di partecipare alle Olimpiadi, di avere quella maglia azzurra, ma di farlo come donna: questo era impossibile, erano sogni di bambina irrealizzabili".

Fonte Nazionale

UISP BOLOGNA
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