Nazionale

Il discorso della dignità riguarda anche lo sport sociale

Dignità, diritti e uguaglianza sono al centro del dibattito politico. L'attualità della "pari dignità" dello sport sociale e per tutti

 

“Il discorso della dignità”: prima di arrivare al tema che interessa questo articolo, lo sport sociale e per tutti, partiamo da qui, dal contributo dell’articolo di Luca Gori e Emanuele Rossi, della Scuola Sant’Anna di Pisa, su Corriere Buone Notizie di questa settimana. Titolo esplicito ed incisivo: il significato della parola dignità è al centro dell’agenda politica e del dibattito pubblico. Con importanti riflessi nel terzo settore. Ne ha parlato il presidente Mattarella, richiamandone il valore costituzionale e citandola diciotto volte, declinandola con i temi dei diritti umani, dell’uguaglianza, dell’integrazione, contro le morti sul lavoro e contro la povertà.

Alla cerimonia per i Collari d’oro 2021, il presidente del Consiglio Mario Draghi, ha declinato la parola dignità con quella “sport”: "E’ un elemento talmente importante nelle nostre vite che può avere dignità costituzionale, come l'ambiente". Anche papa Francesco nella sua intervista alla Gazzetta dello sport ha parlato della difesa della dignità di ogni persona, soprattutto in riferimento alle degenerazioni del “doping che annulla ogni dignità umana”.

La dignità umana è sinonimo di diritti uguali per tutti, meritevoli di tutele ovunque perché universali. All’idea di pari dignità tra esseri umani si associa l’idea di pari dignità tra diritti collettivi, intesi come beni collettivi. Tra questi, lo sport sociale e per tutti, diritto di “quarta generazione”, diritto alla salute e al benessere per tutti. Ma anche diritto al loisir e alla socializzazione, al pane e alle rose per dirla con uno slogan caro al movimento operaio europeo. Ecco il punto: lo sport sociale e per tutti chiede pari dignità rispetto allo sport campionistico e di eccellenza. Pari dignità culturale e legislativa. L’Uisp dello “sport per tutti” è nata con una visione europea nel 1990, traendo slancio e identità dall’Uisp dello “sport popolare”, fondata dal 1948.

Gianmario Missaglia, presidente dell’epoca, protagonista di quell’intuizione, scriveva nel 1998: “il primo ostacolo da abbattere è il tenace pregiudizio che associa alla parola sport per tutti l’idea del pressappoco, dell’empirismo, della faciloneria. La costruzione dello sport per tutti richiede un programma scientifico e tecnico multidisciplinare per l’innovazione delle pratiche e delle discipline, per la formulazione di un modello organizzativo non piattamente tratto dallo sport di prestazione”. Ecco il punto: pari dignità per milioni di persone che attraverso lo sport esprimono soggettività, rappresentanza, cittadinanza, protagonisti di un fenomeno sociale che è diventato dirompente. Per questo l’Uisp da trent’anni chiede una riforma che riconosca pari dignità allo sport sociale e per tutti, pari legittimità, pari risorse.

E non si tratta soltanto dell’idea isolata di un’associazione sociale e sportiva tra le più grandi d’Europa, ma si tratta di una tendenza europea. Nel 2007 Scheerder e altri ricercatori dell’Università di Lovanio elaborano un modello del sistema sportivo europeo chiamato a “chiesa”, alternativo a quello della “piramide”, incompatibili tra di loro. Da una parte c’è la piramide dello sport competitivo-selettivo del modello sport-istituzione (in Italia rappresentato dal Coni e più in generale dal Cio) e dall’altra “identifica un sistema sportivo caratterizzato dalla pari dignità tra diverse e compresenti culture e diverse modalità di pratica della contemporaneità. Il fenomeno viene ricostruito da “Lo sport degli Europei” – cittadinanza, attività,motivazione” di Anna Maria Pioletti e Nicola Porro, Franco Angeli, 2013. Questa tendenza, ricostruita storicamente e sociologicamente dai due studiosi italiani, contesta implicitamente il potere ordinativo dello sport-istituzione e solleva un’importante questione di rappresentanza e di regolazione dei sottosistemi una volta caduta quella configurazione tolemaica che si basava su un presunto assetto unitario, sulla centralità dello sport-istituzione novecentesco e sul ruolo egemonico delle sue burocrazie.

Non a caso è proprio del 2007 il Libro Bianco sullo sport licenziato dalla Commissione UE e richiama una nuova attenzione alla “questione sportiva” come diritto di “quarta cittadinanza”, insieme ai diritti per l’ambienti, culturali, per le pari opportunità, 

Il documento comunitario del 1999, quello di Helsinky, riproponeva l’identificazione tra olimpismo e movimento sportivo europeo, ignorava le altre numerose “sorgenti” dello sport mondiale come le ginnastiche scandinave non competitive, i giochi popolari, il salutismo operaio, l’escursionismo come ritorno alla natura. In sostanza descriveva lo sport europeo come fenomeno unitario, confondendo le reti organizzative esistenti (Cio e sport olimpico) con il ben più “esteso e variegato arcipelago di praticanti”. La conclamata unitarietà non esiste, esiste invece una straordinaria eterogeneità, “una polifonia di voci e un mosaico di culture non facilmente componibili in una qualche” classificazione, scrivono Pioletti e Porro nel loro libro.

Negli anni che precedono il Trattato di Lisbona del 2007 si affacciano i primi dubbi su quel modello, piramidale e unitario. La rete dello sport per tutti incomincia a chiedere cittadinanza ad un nuovo sistema di welfare capace di riconoscere lo sport come stile di vita attivo, chiede pari dignità e costruisce reti internazionali. Il Libro Bianco dimostra che l’espansione della pratica sportiva si deve a nuovi attori aggregati da una serie di altri fattori che il sistema “piramidale” tenderebbe ad espellere, anziché aggregare. Si parla dell’accresciuta pratica femminile e della diminuita sedentarietà della popolazione adulta ed anziana, con una preferenza per attività sportive a bassa codificazione tecnica e in ambiente naturae. “La teologia della piramide deve fare i conti con l’eresia dello sport per tutti”: nel recente decennio l’Uisp ha rafforzato la sua azione politica e culturale per chiedere una riforma del sistema sportivo capace di dare voce e rappresentanza allo “sport di cittadinanza”, allo sport di base e del territorio, per chiedere un nuovo interesse delle politiche pubbliche e un riequilibrio delle risorse a sostegno della funzione sociale che il fenomeno sportivo ha saputo esprimere.

Nel 2021 con una lettera al presidente della Repubblica, il presidente Uisp Vincenzo Manco chiedeva "sostegno e dignità per le società sportive e asd , capitale umano per la costruzione di una comunità solidale". Martedi scorso, 15 febbraio, il presidente Uisp Tiziano Pesce, insieme ai presidenti di altri sette Enti di promozione sportiva, lanciava un appello a Mattarella e al presidente del Consiglio Mario Draghi, "L’aumento spropositato del costo dell’energia sta mettendo letteralmente in ginocchio questa grande infrastruttura sociale ed ha già fatto registrare chiusure di tante realtà associative locali che non hanno retto all’impatto della crisi sanitaria, con conseguente allentamento dei sistemi di coesione sociale nelle nostre comunità".

Lo sport sociale e per tutti chiede definitivamente pari dignità. E potrebbe essere proprio questa la strada attraverso la quale lo sport potrebbe trovare legittimo e condiviso riconoscimento costituzionale: pari dignità. (di Ivano Maiorella)

nella foto: particolare della copertina de "Il baro e il guastafeste" di G.Missaglia