Nazionale

Il rapporto dell'osservatorio sul razzismo nel calcio

Panorama.it lunedì 30 gennaio ha pubblicato un'intervista a Mauro Valeri, sociologo che ha diretto l’Osservatorio nazionale sulla xenofobia dal 1992 al 1996 e che dal 2005 è responsabile dell’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio. L'osservatorio nei giorni scorsi ha pubblicato i dati sugli episodi di razzismo relativi alla stagione 2011/2012 fin qui registrati: 28 casi di razzismo negli stadi italiani. Un numero alto che richiede una denuncia forte.
Il grave problema del razzismo nel calcio non è un’esclusiva della Serie A italiana. I recenti episodi accaduti in Gran Bretagna, che hanno coinvolto Suarez del Liverpool e Terry del Chelsea, hanno riportato l’attenzione su una piaga che anno dopo anno sembra tutt’altro che debellata. Mauro Valeri è anche l’autore del libro “Che razza di tifo”, che analizza centinaia di casi di razzismo nel calcio italiano. “In 'Che razza di tifo' – afferma Valeri - ho cercato di distinguere il razzismo da stadio in tre differenti tipologie: il 'razzismo diretto', quando i tifosi insultano i giocatori per motivi etnici, 'razziali' o religiosi; il 'razzismo indiretto' invece è quando gli insulti non hanno nulla a che vedere con quanto accade in campo, e ha soprattutto l’obiettivo di fare propaganda politica; infine il 'razzismo in campo' che è invece il razzismo messo in atto da calciatori, allenatori, e a volte anche dai direttori di gara. Quest’ultimo penso che sia il più grave. Ognuna di queste forme di razzismo dovrebbe essere combattuta con specifici iniziative. Da anni ne propongo una a costo zero. Nelle scuole calcio bisognerebbe dedicare un’ora al mese anche a spiegare che chi vuole giocare o allenare non può essere razzista. Lo dice lo stesso codice sportivo”.
“L’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio nasce diversi anni fa - spiega Valeri - come organismo autonomo e indipendente, che crede importante monitorare la realtà del calcio italiano, anche con l’intento di promuovere attività antirazziste messe in atto da alcune tifoserie, come accade un po’ ai Mondiali Antirazzisti che sono una fondamentale e quasi unica iniziativa in Europa, che coinvolge migliaia di tifosi sul tema dell’antirazzismo. La Figc ci ignora, ma, grazie anche alla rete FARE (Football Against Racism in Europe) e alla Uisp, qualche società ha iniziato a chiamarci”.
“Il dato che più mi preoccupa – conclude il sociologo - è che negli ultimi anni, fuori dagli stadi, è emerso il cosiddetto razzismo istituzionale, cioè messo in atto da istituzioni pubbliche. Qualcosa del genere c’è anche nel calcio. L’ostinazione con cui le istituzioni calcistiche continuano a non trovare una soluzione per far giocare i figli dei migranti è un brutto esempio”. (di Matteo Politanò. Fonte: Panorama.it)