Gianmario Missaglia, l’uomo a tante dimensioni, capace di parlare di sport per tutti a chi non ne voleva proprio sapere, ai partiti ad esempio e alla politica del tempo. Capace di intrecciare i valori sociali dello sport a quelli dei pacifisti, degli ambientalisti, degli attivisti per i diritti umani. E di aprire una strada che l'Uisp ha continuato a percorrere, con coerenza, ed ancora oggi prosegue.
Perchè lo sport per tutti che immaginava era "Not only fitness", come scriveva nell'editoriale di Greensport, una delle tante riviste che inventava per provare a comunicare la cultura nuova di uno sport che non fosse ancillare al grande sport, nelle forme promozionali, o peggio ancora "di propaganda". Uno sport capace di collocarsi legittimamente nell'area dei movimenti di cittadinanza italiani ed europei. Greensport era un tabloid di quattro pagine, tutto in inglese, che veniva pubblicato nel 1995, trent'anni fa, nel bel mezzo dell'epoca dell'edonismo, dell'individualismo e del narcisismo nascente.
Erano gli anni della scelta Uisp di mutare il proprio nome da "popolare" in "per tutti", avvenuta nell'XI Congresso nazionale, quello del 1990 di Perugia. Perchè fosse chiaro che lo sport per tutti era la scelta di tutti e tutte le persone che lì ottenevano soggettività, al di là delle età, delle tecniche, delle abilità. Nuovi e vecchi cittadini capaci di esprimere cultura, rappresentanza, socialità. Vero associazionismo, formazione sociale di rango costituzionale, capace di incidere nelle scelte pubbliche, protagonista di "sussidiarietà", un pezzo di welfare dal basso che dal 2001 entrò in Costituzione, con la modifica del Titolo V, articolo 118. Terzo settore insomma, non ruota di scorta dello stato, nè dei partiti, nè del mercato.
Veniva dall’Arci di Milano Gianmario Missaglia, nel periodo della fusione con l’Uisp, quelli degli anni ’70. Andava in edicola e comprava l’Unità e la Gazzetta dello Sport, perché lo sport era il linguaggio che più lo seduceva, popolare e diretto. In testa aveva l’idea che Sport Illustrato fosse il settimanale da rifare, modernizzare e copiare. Perché lo sport era comunicazione prima di essere frontiera, fatto di emozioni prima che di fisico.
Quando divenne presidente nazionale Uisp, nel 1986, sognava un’associazione rossoverde. Rossa, perché lì batteva il suo cuore. Verde perché l'ambiente era un pilastro della nuova cultura dello sport. Insieme alla tessera Uisp e a quella dell’Arci, aveva quella di Legambiente, e fu uno dei primi iscritti quando nacque l’associazione nel 1980. In quel crogiulo di idee che era la sede nazionale di via Carrara a Roma, nella quale l’idea di terzo settore prendeva forma nei fatti, dai diritti delle “lucciole” a quelli dei migranti, da Arci Gay ad Ora d’Aria, dalla solidarietà internazionale alla militanza per la pace.
Era facile incontrarlo alle molte Marce per la Pace Perugia-Assisi insieme al suo amico e dirigente Uisp Lucio Selli (nella foto) o a Tom Benetollo, presidente Arci dal 1997 al 2004.Col quale divideva il destino del pendolare o, meglio ancora, dell’esule in una terra non sua. E se un milanese come lui o uno nato a Vigonza, Padova, come Tom, non venivano inghiottiti dalla palude della politica romana era perché praticavano il cauto distacco, la resilienza rispetto a quel sistema, la terzietà come asciutto stile mentale e di vita.
Gianmario Missaglia era terzo rispetto al sistema sportivo ufficiale, rispetto al mercato, rispetto alla politica. Anche se il Guerin Sportivo lo collocò tra le 100 persone più influenti dello sport italiano all’inizio degli anni ’90, prorpio così, tra Gianni Agnelli, Enzo Ferrari e Mario Pescante, allora presidente Coni.
La terzietà è il destino degli apolidi, e in qualche modo Missaglia lo era: romano d’adozione, senza nascondere la sua milanesità. Movimentista con grande rispetto per la politica, le istituzioni e il suo partito, il Pci. E sportivo nel terzo settore: “e ce lo dici pure”, gli avrebbe detto Nanni Moretti. E lo stesso Moretti, forse casualemente (o forse no), lo intervistò nel suo film del 1990 “La cosa”, dove raccontava i turbamenti e i mutamenti del Pci vissuti dai militati delle sezioni. Nella sua stagione romana, da presidente nazionale Uisp, alle varie via Veneto della Capitale, Gianmario Missaglia preferiva le "Tor li mortacci" come chiamava simpaticamente le periferie capitoline, dove alloggiava e la sera si rifugiava per lavorare in pace.
Missaglia era talmente convinto dello sport per tutti come identità costitutiva del terzo settore che non perdeva occasione per costruire reti e alleanze sociali di un movimento vasto, aperto, libero, autonomo. Facendo dell’Uisp un'associazione in prima fila nella manifestazione “La solidarietà non è un lusso” dell’ottobre del 1994, considerata l’atto fondativo del Forum del Terzo settore. E prima ancora, al fianco di don Luigi Ciotti, tra i fondatori della prima ora di Libera nel 1995 e primo direttore responsabile della rivista “La via Libera”. E prima ancora, nel 1994, animatore della Costituente della Strada, crocicchio interassociativo di idee che diede vita ad un supplemento mensile del Salvagente di 16 pagine che si definiva “Giornale di persone, di movimenti, di associazioni”. Ne era ideatore e vicedirettore, cedendo il ruolo direttoriale a Filippo Gentiloni e dividendo la redazione con Tom Benetollo, Giuseppe Lumia, Beppe Smorto, Vinicio Albanesi, Licio Palazzini, Ado Bonomi, Giulio Marcon, Luciano Vecchi, Stefano Duretti, Eugenio Manca e tanti altri. Mi chiamava la sera, ad ore impensabili e mi diceva: "la giornata è finita e posso finalmente dedicarmi al mio hobby preferito". Lo raggiungevo a casa sua, a "Tor li mortacci", per redazionare e impaginare.
Gianmario Missaglia morì il 1 maggio 2002, aveva 55 anni, scriveva di sé: “Penso da proletario che ha studiato. Questo è tutto. Seguo un mio filo: invece del mercato, indico come problema principale il contesto del mercato”. Quando ci ritrovammo a mettere insieme alcuni suoi scritti inediti trovammo tanti appunti dattiloscritti a cui lui diede un titolo: “Il terzo è il primo: non profit, terzo settore, cambiamento sociale”. Ne facemmo un instant book edito dall'Uisp, la scrittura è fulminante. Recentemente, nel 2022, l’Uisp ha rieditato tutte le sue pubblicazioni, dal “Baro e il guastafeste” in poi: un volume unico con prefazione di Tiziano Pesce dove si mette in luce l’attualità del suo pensiero. “Che cos’è il XXI secolo? – scriveva – il mercato contro l’economia dinastica. Il lavoro, i diritti, la meritocrazia contro il privilegio. La società aperta contro la paranoia etnica”. E ancora: “Fare pubblico, far crescere la cittadinanza attiva come nuovo soggetto del pubblico, sperimentare con generosità e con coraggio nuove forme di spirito pubblico, in ogni campo: ecco invece la sfida dell’innovazione sociale, la strada aperta verso una mano visibile più forte e più efficiente. Ogni esitazione o ambiguità su questo punto, sulla propria mission, farebbe arretrare il terzo settore, in particolare, verso un’identità debole, da benemerita espressione geografica”. E lo sport, che con lui divenne sportpertutti, aveva (ed ha) queste caratteristiche di democrazia, rappresentanza, identità. Anche per questo, a pieno titolo, lo sport sociale e per tutti è parte costituente del terzo settore.
E nel caso ci venisse voglia di un collegamento da remoto sappiamo che Mix è lì, con le maniche arrotolate, la camicia a quadri scozzesi, il sigaro in bocca. E nella tasca, matita e foglietti. Per scorrazzare in cloud tra ritagli, citazioni e tecnologie: da irregolare della vita quotidiana. (di Ivano Maiorella)