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Rapporto Ecri sul razzismo in Italia: anche l'Uisp tra le realtà ascoltate

Il rapporto rileva che in Italia permangono situazioni di forte discriminazione e intolleranza. L'approfondimento di Daniela Conti

 

Grande dibattito ha suscitato nelle scorse settimane il rapporto dell’ECRI sulla situazione in merito a razzismo e discorsi di odio in Italia. Come sempre, alcune forze politiche hanno voluto snaturare il senso profondo di questo monitoraggio, che viene svolto ogni 6-7 anni dalla Commissione Europea Contro il Razzismo e l’Intolleranza, istituita dal Consiglio d’Europa come organismo indipendente.

L’opera di monitoraggio viene svolta da una serie di esperti in materia di diritti umani (giuristi, scienziati sociali, politologi, antropologi) provenienti da diversi stati europei che, in preparazione del rapporto, fanno diversi sopralluoghi nel paese e hanno colloqui con le istituzioni nazionali e locali, con enti e organizzazioni preposte al lavoro di lotta contro razzismo e discriminazione,e  con eventuali centri di monitoraggio. Per la prima volta anche l'Uisp è stata invitata a partecipare ad uno di questi colloqui, in cui abbiamo potuto portare tutti i nostri materiali di ricerca e il racconto delle nostre esperienze concrete sul campo.

Il rapporto è quindi un concentrato dei molti documenti consultati e di un’analisi comparativa dei dati, della situazione sociale, delle denunce verificate da UNAR-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali nell’ambito del lavoro di monitoraggio sulle discriminazioni e dall’OSCAD-Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, istituito dal ministero dell’Interno.

Cosa ci dice esattamente questo sesto monitoraggio e cosa ha fatto tanto scalpore nel dibattito, anche parlamentare?

Purtroppo, per certi versi non ci dice nulla di nuovo: permangono situazioni di forte discriminazione e intolleranza soprattutto per le persone di origine Rom e per le persone della comunità LGBT+ che sono spesso vittime anche di aggressioni fisiche.

Ecco alcune delle raccomandazioni più importanti destinate alle nostre istituzioni:

  • promuovere programmi scolastici obbligatori a tutti i livelli di istruzione che includano le questioni relative all'uguaglianza LGBT+
  • garantire che il processo di riconoscimento giuridico del genere sia rapido, trasparente ed accessibile e che non sia subordinato ad una verifica abusiva sulla sussistenza dei requisiti, come avverrebbe nel caso di assoggettamento a procedure mediche e/o diagnosi sulla salute mentale
  • organizzare una campagna di sensibilizzazione contro i discorsi di odio
  • promuovere l'uguaglianza, la diversità ed il dialogo interculturale e interreligioso
  • adottare misure volte ad incrementare il sostegno ai bambini con background migratorio nel campo dell'istruzione
  • affrontare la difficile situazione abitativa dei Rom

Tutte raccomandazioni che si trovavano an che nel rapporto precedente e che evidentemente la commissione non giudica del tutto risolte, nonostante gli anni trascorsi.

Inoltre, ECRI ha segnalato la necessità di una maggiore indipendenza degli organismi di monitoraggio legati alle istituzioni che li hanno promossi, perché il direttore è nominato dal Consiglio dei Ministri e i finanziamenti sono troppo legati ai ministeri di riferimento. Quindi, la dipendenza totale dagli organi di governo potrebbe compromettere l’imparzialità nella gestione dei progetti e delle campagne da promuovere.

Quello che ha davvero suscitato scalpore è stata l’introduzione, nel rapporto, della denuncia di attività di profilazioni razziali da parte delle forze dell’ordine, in particolare verso la comunità Rom e africana. In molti si sono scandalizzati, hanno gridato alla faziosità, ma per tutte le associazioni del terzo settore che operano in questo ambito questa affermazione non ha suscitato alcuno stupore, anzi ha avvalorato ancora di più i dati emersi nel nostro lavoro quotidiano.

Nei tanti progetti che l'Uisp ha portato avanti negli anni (SportAntenne, Osservatorio contro le discriminazioni, Sentry Sport, Monitora) abbiamo evidenziato come una delle difficoltà maggiori sia sempre stata quella di ricevere le denunce da parte delle vittime di discriminazione, anche per paura di non essere credute dalla forze dell’ordine. In molti, in colloqui riservati hanno detto di essere stati fermati per strada o davanti alle fermate dell’autobus, solo in virtù del colore della pelle, con richieste di documenti e permessi di soggiorno, a volte non credendo che i documenti fossero veri. In molti, hanno denunciato di essere stati aggrediti con frasi tipo “se ti comporti male ti rimandiamo al tuo paese” e spesso a ricevere questi insulti erano persone di seconda o terza generazione, quindi italiani.

 

Il monitoraggio lancia un allarme e chiede al governo italiano di investigare su queste pratiche, non punta il dito direttamente su nessuna forze dell’ordine, non scrive che queste istituzioni sono razziste o hanno un chiaro disegno politico, ma è una constatazione basata sui dati forniti non solo dalla società civile, ma dalle stesse istituzioni preposte al monitoraggio.

Già dal quinto monitoraggio Ecri si è soffermato sulla situazione dello sport in Italia in merito al tema discriminazione e, fra le cose maggiormente evidenziate, emerge un numero elevato di episodi di odio di vario genere in molti sport. Purtroppo, rispetto al rapporto precedente sono minori le raccomandazioni che Ecri si è sentita di fare nello specifico, accennando solo brevemente all’importanza del monitoraggio attraverso l’Osservatorio contro le discriminazioni nello sport e plaudendo alle iniziative delle istituzioni e della società civile contro il razzismo nello sport.

Da questo punto di vista ci saremmo aspettati qualcosa di più, ma permane una certa sottovalutazione da parte delle istituzioni di questo pezzo di società. Lo sport è parte integrante di quanto avviene oggi nelle nostre città, leggere gli episodi che accadono ci aiuta molto a capire quanto profondo sia il cambiamento che sta avvenendo, riportandoci ad un periodo oscurantista di razzismo, odio, paura della diversità. Purtroppo, lo sdoganamento dell’uso di alcuni linguaggi palesemente offensivi e intolleranti da parte delle forze politiche ha dato vita ad un aumento del fenomeno dell’hate speech, soprattutto sui social media e fra i giovanissimi.

Come Uisp siamo convinti che continuare a promuovere progetti si sensibilizzazione ed educazione al rispetto delle culture, dei generi, dei credo religiosi o politici di tutte e tutti sia fondamentale per costruire una società democratica e aperta, e in questo lo sport può fare la sua parte. Auspichiamo che il progetto SIC!-Sport, Integrazione, Coesione, che mira a valorizzare il ruolo sociale dello sport quale strumento di inclusione e coesione sociale, con la sua vasta campagna di comunicazione possa contribuire ad un cambio di atteggiamento nel nostro paese. (Daniela Conti – responsabile Politiche per l’interculturalità e la cooperazione Uisp)

Fonte: Uisp nazionale

UISP BOLOGNA
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