Nella Settimana di azione contro il razzismo, UISP Genova e il suo Presidente Marino De Filippi hanno intervistato il calciatore del Genoa, Junior Messias, nell’ambito del progetto "SIC! - Sport, Integrazione e Coesione" condotto in partnership con Lega Serie A e UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). Si parte dalla sua esperienza personale, che lo vide arrivare in Italia, nel torinese, accolto dal fratello.
“Penso che non sia facile per nessuno arrivare in un paese straniero, dove non conosci la lingua, dove non conosci le culture, quindi diciamo che è tutto diverso, tutto nuovo. Però è anche una cosa piacevole, perché inizi a vivere esperienze nuove. Non è facile integrarsi, perché imparare la lingua all'inizio è difficile, ma questo è per tutti, non solo per chi viene in Italia, ma anche per gli italiani che magari vanno all'estero o vanno in Brasile e che non riescono a capire la lingua. Non è facile integrarsi, però è quello che ho voluto fare: sono 14 anni che sono in Italia, diciamo che mi sono integrato abbastanza bene. I problemi di partenza sono proprio quelli collegati al nuovo contesto sociale”.
Dal punto di vista sportivo, attraverso il suo collega di lavoro, entra a far parte della famiglia UISP partecipando ai campionati di calcio. Com'è stata quell'esperienza? Quanto lo ha aiutato ad inserirsi in un contesto sociale nuovo?
“Quando inizi a giocare, quando inizi a fare qualsiasi sport, l’integrazione è più facile perché convivi con le persone, impari alcune culture perché in squadra non c’erano solo italiani, ma ho vissuto all'inizio l'UISP con tanti sudamericani, con tanti africani, quindi ho conosciuto diverse culture. Il linguaggio del calcio è universale, sì, però diciamo che in Italia il calcio, soprattutto in UISP e in campionati più piccoli, diciamo così, aiuta tanto i ragazzi ad arrivare poi in alto. Se dobbiamo guardare al Brasile, in Brasile non ci sono così tante categorie. In Brasile ci sono tanti, ma tanti giocatori di talento che non riescono ad arrivare perché non hanno le stesse opportunità che magari potrebbero avere qua in Italia. Perché qua ci sono tante categorie, i giocatori si possono fare vedere. Quindi è più facile”.
Il tema delle discriminazioni razziali, nel calcio, è un tema caro a Junior Messias, che ha la sua idea molto precisa e chiara. “Negli stadi o così per strada, non ho mai vissuto questi episodi. Però sappiamo tutti come funzionano i social. E qualche messaggio mi è arrivato, ma pesante. Queste persone non hanno un cervello, non hanno un cuore. Perché insultare una persona per la sua provenienza, da dove proviene, o per il colore della pelle, questo è ciò che fa una persona che non ha un cervello. Siamo tutti uguali, siamo tutti figli di Dio. Secondo me si parla tanto, si parla tanto, ma si fa poco. Bisogna agire di più. Perché questo non dipende da me, non dipende dai miei colleghi calciatori, ma da chi è sopra di noi, da chi decide le leggi. Bisogna fare di più. Perché comunque si parla sempre, si parla sempre, però alla fine continua a succedere. Bisogna cambiare le regole, le leggi, e far sì che queste cose finiscano”.