Non è facile accendere i riflettori su questa malattia sociale costituita dal doping. Le vicende del doping si alternano nel tempo con una rara regolarità ma poi tutto o quasi torna ad essere come prima. Gli aspetti normativi, seppur necessari, da soli non bastano. Esiste il libero arbitrio, ma esistono anche le leggi. L’educazione alla legalità trascende il concetto di liberalizzazione”. “Gli aspetti culturali risultano determinanti – prosegue Davi - l’educazione alla legalità è prima di tutto processo educativo e culturale verso il quale tutti dovremmo sentirci responsabilizzati. Il discorso va oltre il doping ma occorre partire dallo sport e inchiodare il sistema sportivo alle sue responsabilità. Il risultato non deve essere mai “a qualunque costo”. Tendere ad andare oltre il limite può essere una bella sfida, ma ciascuno deve saperne valutare i rischi. In pratica occorre definire intenzionalmente qual è il nostro obiettivo, la prestazione o l’uomo che la compie?” “L’attività motoria e sportiva deve tendere alla salute – conclude Davi - il corpo è il primo ambiente che abitiamo, il movimento ci consente di entrare in relazione con altri ambienti. Il benessere non va inteso solo come assenza di malattia, ma come occasione di felicità. La dipendenza non sarà mai nè salute, ne felicità. Scriveva Darwin: 'Ciò che l’uomo ottiene con artifizi è ottenuto anche dalla natura con altrettanta efficacia, anche se più lentamente'. Scrivono i ragazzi della I A dell’Istituto Comprensivo Matteo Ripa di Eboli che hanno partecipato al progetto Uisp Sport pulito/Inviati sul campo: 'Il ricorso al doping è un’infrazione sia all’etica dello sport, sia a quella della scienza medica'. I saggi e i ragazzi qualche volta andrebbero ascoltati”. (I.M.)