Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Viaggio tra impianti sportivi e gestione pubblica. Intervista a Riccardo Breveglieri

Il responsabile di servizi e aziende Uisp Emilia-Romagna commenta i cambiamenti in corso sul territorio regionale.

Foto di Matteo Angelinidi Vittorio Martone


BOLOGNA - Da Piacenza a Rimini il territorio emiliano-romagnolo vanta un vasto numero di impianti sportivi dedicati dall'amministrazione pubblica al pubblico utilizzo, spesso tramite una gestione affidata ad associazioni e società sportive del territorio o alle aziende facenti capo ad esse. È un panorama che in tempi di crisi rischia di vedersi modificato, come dimostrano recenti casi verificatisi a Cesena e nella provincia di Rimini. Per comprendere meglio questa realtà regionale e i cambiamenti in atto abbiamo interpellato Riccardo Breveglieri, responsabile dei servizi e delle aziende per la Uisp Emilia-Romagna.

Quali sono le principali problematiche riguardanti gli impianti sportivi in regione?
"Questa regione ha una delle più consistenti dotazioni di impiantistica sportiva pubblica in Italia: una situazione frutto degli investimenti compiuti dalle amministrazioni negli ultimi quarant'anni. Da circa dieci anni - con un aggravarsi del fenomeno nei tempi recenti e con il rischio che le problematiche abbiano ulteriori riflessi futuri a causa della crisi - questa rete così vasta ha cominciato a soffrire. Si tratta infatti di un'impiantistica datata che ha bisogno di essere rivista sia per la tipologia, in alcuni casi obsoleta, sia per il grande lavoro di manutenzione ordinaria e straordinaria che essa comporta. In tale quadro l'elemento di principale preoccupazione è la difficoltà delle amministrazioni pubbliche - che comunque in questi anni hanno sviluppato forme gestionali private basate soprattutto sulla concessione delle strutture alle società sportive - a mantenere un'impiantistica pubblica efficiente consentendone un utilizzo pubblico. Ci troviamo dunque di fronte a una scommessa: pur in carenza di risorse la pubblica amministrazione deve affrontare un processo di ammodernamento dell'esistente e un ulteriore incremento dell'esternalizzazione delle gestioni sul fronte delle società sportive, continuando ripeto a garantire un uso pubblico. La qual cosa viene erroneamente data per scontata. Infatti, più l'amministrazione pubblica chiede ai gestori di farsi carico degli interventi di ammodernamento, più questi ultimi cominciano a considerare un impianto come qualcosa di destinato esclusivamente alle proprie attività. È dunque in corso una lenta e strisciante piccola privatizzazione. Questo fenomeno va contrastato: a farlo può essere solo la pubblica amministrazione mantenendo modalità di assegnazione con convenzioni trasparenti riservandosi la titolarità degli impianti nella definizione dell'accesso e dell'utilizzo agli impianti".

Da diverso tempo alcuni "colossi" commerciali dello sport stanno provando a radicarsi nel mercato regionale. Qual è la ragione di questo interesse?
"Bisogna innanzitutto sottolineare il fatto che alcune amministrazioni pubbliche devono affrontare il tema dell'impiantistica complessa, come i centri polisportivi o gli impianti di nuoto, che muovono costi e ricavi in maniera significativa. L'assegnazione di questi impianti ha cominciato a essere incentrata sul risparmio per gli enti locali come unico elemento significativo nei criteri della gara pubblica d'appalto. Ciò in controtendenza rispetto a indicazioni nazionali ed europee che affermano la centralità della qualità dei servizi alla persona rispetto al valore economico in gare di tale tipologia. Al riguardo, chiarisco che nel caso degli impianti complessi parliamo di gara e non di convenzione proprio perché abbiamo impianti a rilevanza economica. Se manca nei criteri delle gare il rispetto di queste norme (vedi i link allegati a fondo testo, ndr) è evidente che si sviluppa la possibilità per imprese private di gestire gli impianti con criteri esclusivamente economici eliminando i risvolti sociali e aggregativi che società sportive e aziende non profit come quelle della Uisp tengono invece in considerazione. Questo può produrre casi particolari come quelli verificatisi in Romagna a Rimini e Cesena, in cui alcune gare d'appalto sono state perse anche perché i criteri di assegnazione degli impianti erano o esclusivamente economici, come nel caso di Cesena, o, come nel caso di Rimini, pari al 60% del punteggio dell'intera gara".

L'Emilia-Romagna in questo momento è dunque territorio di conquista? E se questa conquista dovesse realizzarsi, quali sarebbero le prospettive per l'associazionismo sportivo in regione?
"Certamente se questi criteri di assegnazione degli appalti dovessero prevalere e diventare abituali alcune aziende private provenienti da regioni vicine potrebbero trovare molto spazio in questa realtà, in cui quasi tutta l'impiantistica complessa è gestita, sempre con gara d'appalto, da associazioni o aziende di proprietà delle associazioni. Per naturali logiche di mercato le aziende private lombarde e venete, cresciute in regioni in cui il mercato è ormai saturo, per contiguità territoriale hanno interesse a diffondersi in Emilia-Romagna, soprattutto se percepiscono che qui cambiano i meccanismi di gara. È evidente poi che aziende che non si pongono il sociale come elemento centrale del proprio operato diventano competitori complicati per noi, che pur avendo raggiunto un buon livello di efficienza teniamo al centro della nostra considerazione la socialità e i cittadini. Il problema è che se il territorio perde questa vocazione sociale si perde anche l'opportunità di sviluppare attività imprenditoriali non profit, impedendo anche la presenza diffusa dell'associazionismo e dei liberi cittadini negli impianti. Si rischia di passare quindi dall'idea della piscina come punto di sviluppo e aggregazione sociale a semplice luogo deputato all'attività motoria, anche se a pari livello di qualità. Se poi a cascata questo approccio terminasse con l'investire anche l'impiantistica medio-piccola è evidente che si restringerebbero anche gli spazi di partecipazione e accesso allo sport per le fasce che in periodo di crisi già oggi segnalano problemi a garantire ai figli attività".

E quali strumenti può adottare la Uisp per scongiurare questi rischi?
"Noi abbiamo sempre spinto per una gestione sociale degli impianti che determinasse al contempo un risparmio per la pubblica amministrazione. E credo che negli ultimi vent'anni questo traguardo sia stato raggiunto. Adesso dobbiamo chiedere con forza che l'amministrazione svolga un ruolo fermo nei criteri che determinano gli utilizzi degli impianti, che non si possono delegare al miglior offerente dimenticando il concetto di 'servizio alla persona'. Per cui la formula è chiara: lavoro di gestione diretta sugli impianti di base classificati non a valenza economica e, per gli impianti complessi, rispetto della legge che prevede gare basate non esclusivamente o in maggioranza su elementi di valutazione economica. Nelle gare deve essere quindi chiara e centrale la funzione sociale delle attività, con riferimenti diretti al coinvolgimento delle categorie con maggiori difficoltà fisico-sociali. In più, ricordo che per gli interventi di ammodernamento è sempre percorribile la strada di un investimento da parte delle società sportive o delle loro aziende con le sole garanzie fornite dalla pubblica amministrazione attraverso le fideiussioni".

Legge nazionale n. 289 del 2002 (articolo 90; comma 24 e 25)
Legge regionale n. 11 del 06/07/2007
Per aggiornamenti sull'impiantistica in regione consulta la rassegna stampa Uisp Emilia-Romagna

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