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La mia strada senza cronometro(Il racconto di Mirella) Non so esattamente quando ho smesso di divertirmi. |
Poi, una mattina di primavera, mi sono svegliata e ho pensato: oggi no.
Niente allenamento, niente cardiofrequenzimetro, niente obiettivi. Ho preso la bici, ho messo due cose in una borsa e sono uscita. Senza una meta, senza sapere dove dormire quella notte. Solo io, la strada e il vento che prometteva libertà.
All’inizio mi sentivo quasi in colpa. Ogni volta che rallentavo, una voce dentro di me diceva: “Stai perdendo tempo”. Ma poi ho cominciato a guardarmi intorno: i campi gialli di colza, i cani che correvano nei cortili, le persone che salutavano dai balconi.
Era tutto lì, e io non l’avevo mai davvero visto.
Pedalavo piano, mi fermavo spesso.
In un piccolo paese delle Marche, una signora mi ha offerto una fetta di crostata e un bicchiere d’acqua fresca. Abbiamo parlato per ore sotto un pergolato di uva, come se ci conoscessimo da sempre. Quella sera ho dormito in un vecchio ostello, con la bici accanto al letto, e per la prima volta da anni ho sentito di essere nel posto giusto.Giorno dopo giorno, ho smesso di contare i chilometri.
Mi sono lasciata guidare dal sole, dal profumo del pane appena sfornato, dal suono delle ruote sull’asfalto. Ho scoperto che la lentezza non è una mancanza: è uno spazio in cui succedono le cose più vere.
Quando sono tornata a casa, la mia bici era piena di polvere e il mio viso di lentiggini. Non avevo vinto niente, eppure mi sentivo leggera, come se avessi ritrovato una parte di me che credevo perduta.
Ora, quando qualcuno mi chiede se mi mancano le gare, sorrido.
«No», rispondo. «Ho trovato un modo migliore per arrivare: pedalare senza sapere dove sto andando».
Tratto da Le storie di Mirella