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I CENTO ANNI DI PASOLINI: LO SPORT PER UN UOMO LIBERO

Nel centenario dalla sua nascita, il racconto del grande amore di Pier Paolo Pasolini per lo sport.

 

5 marzo 1922: 100 anni fa nasceva in Italia uno dei più grandi intellettuali europei del '900: Pier Paolo Pasolini

Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista, ma anche grande appassionato di sport.

Basti pensare che nel 1951, quando ottiene una cattedra alla scuola media privata "Petrarca" di Ciampino, lo sport, ed ovviamente il calcio in primis, diventa parte integrante dei suoi metodi didattici: non è raro, infatti, vedere i suoi studenti affrontarsi lungo i prati dell’Appia Antica durante l’orario di lezione. 

Nel 1971 Pasolini è protagonista della trasmissione “Terza B: facciamo l’appello” , dove alcuni personaggi dello spettacolo e della cultura italiana si confrontavano con ex compagni di scuola, amici e ricordi giovanili. In quell’occasione Enzo Biagi conduce una storica intervista, che viene censurata e relegata agli archivi Rai per circa quattro anni, a causa dei contenuti e delle profetiche parole di Pasolini sulla televisione e la libertà di espressione. Durante l’intervista Biagi gli domanda: “Senza cinema, senza scrivere, che cosa le sarebbe piaciuto diventare?” Pasolini risponde, senza esitazione: “Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri.” 

L'amore per il calcio divampa sui prati di Caprara nella natia Bologna e prosegue per tutta la sua vita, ovunque ce ne sia l'occasione. Persino durante le pause dalle riprese dei suoi film tutto il cast viene spesso coinvolto in partite improvvisate, dagli attori di punta ai macchinisti. 

Giocando nel ruolo di ala, per la sua velocità e il suo controllo di palla Pasolini viene denominato dagli amici “Stukas”, perché è veloce come i famosi aerei tedeschi della prima Guerra Mondiale. 

Negli anni in cui si trova nella capitale emiliana, Pasolini ha la fortuna di assistere alla vittoria di ben quattro scudetti di quella che rimarrà sempre la squadra del cuore, il Bologna FC.

Il 1960 è un anno molto importante per lo sport italiano: a Roma vengono ospitati i giochi olimpici. Pasolini inizia proprio allora a collaborare con il settimanale "Vie nuove" e accetta con grande entusiasmo di partecipare alle olimpiadi come inviato. Alla cerimonia di apertura descrive dettagliatamente il significato di ogni bandiera e dà una narrazione epica delle finali dei 400 e 1500 metri.

Pasolini ha soprattutto una smisurata passione verso gli sport di massa, su tutti il calcio, ma anche il pugilato e il ciclismo - che definisce "lo sport più popolare perché non si paga il biglietto".

La sua ammirazione per l’evento sportivo si divide tra la genuinità del gesto atletico e la difficoltà insita nella competizione stessa. Come intellettuale è ancora una volta in lotta tra ciò che crea la natura, la fisicità, e ciò che nasce dall’intelletto, la cultura.

Nel 1963 il racconto dell'ascesa sociale di un calciatore diviene il mezzo per indagare le contraddizioni dell’intera società italiana dopo il boom economico con il "Reportage sul Dio".

Dai campi di fortuna, tra i caseggiati popolari e le periferie, si passa ai palazzetti di provincia e poi ai grandi stadi del calcio italiano, grazie alla militanza nella Nazionale “Attori e Cantanti”. Maglia azzurra numero 11e fascia di capitano al braccio, gioca nel ruolo di ala sinistra. La stessa divisa verrà adagiata sul suo feretro durante i funerali a Roma il 5 novembre 1975, dopo il suo brutale assassinio all'idroscalo di Ostia nella notte fra il 1 e il 2 novembre.

Ma è una delle ultime partite di Pasolini, giocata il 16 marzo 1975 sul campo di allenamento del Parma a rimanere nella storia: “Novecento VS Centoventi”. È il compleanno di Bernardo Bertolucci, ormai regista affermato, scoperto da Pasolini come aiuto-regia in "Accattone". Pasolini si trova in zona per girare "Salò o le 120 giornate di Sodoma" mentre Bertolucci è sul set di "Novecento". Laura Betti, attrice e amica, decide di organizzare l'incontro anche per superare la tensione provocata, nei mesi precedenti, da alcune critiche che Pasolini aveva mosso al film "Ultimo tango a Parigi". La gara vede trionfare la squadra di Bertolucci, che si limita però a guardare la partita. Le storiche riprese dell'evento sono testimoniate nel film documentario di Laura "Betti Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno".  (di Licia Pellegrinelli)

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