Il parkour è una disciplina nata in Francia, grazie alla quale il corpo si rianima e decide di andare oltre, tracciando un proprio percorso. Il termine parkour deriva dal francese ‘parcour’ ovvero ‘percorso’ e chi lo pratica è detto ‘traceur’ ovvero “colui che traccia il percorso”. È una vera e propria filosofia di vita che sprona i giovani a non arrendersi di fronte alle difficoltà. Ne sanno qualcosa i ragazzi palestinesi di Gaza Parkour che in questi giorni sono in tour in Italia (Roma, Bologna, Milano, Bergamo e Palermo) grazie al programma “Sostegno a spazi verdi e attività sportive a Gaza”. E ne sanno qualcosa anche i giovani bolognesi coinvolti dalla Uisp, attraverso l’associazione Eden Parkour, nei corsi gratuiti di avvicinamento al parkour realizzati nell’ambito di “Abbasso l’abbandono! Giovani in movimento”. Obiettivo del progetto è coinvolgere gli adolescenti non solo in discipline sportive tradizionali, ma anche in quelle innovative come appunto il parkour. “Il 50% degli adolescenti che pratica sport a livello agonistico lo abbandona tra i 15 e i 18 anni – spiega Paola Paltretti, vicepresidente Uisp Bologna – Ecco perché è necessario mettere in campo attività che non hanno le regole dello sport agonistico e che si rivolgono ai giovani non solo con un approccio basato su benessere e stile di vita sano, ma su divertimento e aggregazione: il parkour ha queste caratteristiche”.
Più che una disciplina, uno stile di vita. Gli ostacoli diventano punti di appoggio da superare in maniera fluida, un insegnamento per i giovani che imparano così a sfruttare le difficoltà per proseguire la marcia verso il proprio obiettivo. “Il parkour non permette solo di sviluppare la percezione del proprio corpo – spiega Gabriele Manca, presidente dell’associazione bolognese Eden Parkour – ma anche di riavvicinarsi all’ambiente, reinterpretando gli ostacoli”. Il rispetto per l’ambiente è fondamentale, dunque. Lo conferma anche Carlo Balestri, responsabile politiche internazionali Uisp. “Il parkour va incontro all’esigenza particolare di una città più a misura d’uomo – dice Balestri – dove gli spazi e gli ostacoli urbani entrano nel movimento del corpo”. E a chi ha qualche dubbio sulla sicurezza di questa disciplina, Manca assicura che questo è proprio uno dei temi che stanno più a cuore all’associazione. “Il parkour si è diffuso via internet e il rischio è che i ragazzi lo imparino nel modo sbagliato – spiega – Il nostro impegno è di insegnarlo nel modo corretto perché non siamo dei pazzi che si buttano giù da palazzi o che saltano sui muri. La ricerca si basa anche sull’autoconservazione, sulla conoscenza e sul superamento dei propri limiti: mi fa piacere che il parkour abbia permesso ai ragazzi di Gaza si superare i ‘limiti’ in cui sono costretti a vivere”. (Fonte Redattore sociale)