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Riforma dell’ordinamento sportivo, prima parte di approfondimenti

Un primo contributo sulla definizione delle caratteristiche delle associazioni e società sportive dilettantistiche e del rapporto tra la qualifica di organizzazione sportiva ed Ente del Terzo Settore

 

Sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 67 del 18 marzo è stato pubblicato il Decreto legislativo 28/2/2021 n. 36 attuativo della legge di riforma 86/2019 dell’ordinamento sportivo con riferimento alle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo.

Il provvedimento prevede l’entrata in vigore dal 2 aprile fatta eccezione per la maggior parte delle disposizioni relative al lavoro sportivo la cui efficacia è posticipata al primo luglio 2022. Il Decreto sostegni (decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 art. 30) prevede però il rinvio dell’entrata in vigore del decreto al 1° gennaio 2022, fatta eccezione per le disposizioni lavoristiche sopra citate.

L’iter travagliato di adozione del testo, condizionato da cambi di Governo, fa presagire possibili ed auspicabili interventi correttivi. Il testo, d’altro canto, presenta alcune criticità ma anche dimenticanze che appaiono come meri refusi, tra queste la circostanza che non sia più indicata la cooperativa tra le forme giuridiche che possono essere adottate dalle società sportive dilettantistiche.

Le presenti note quindi si fondano su un testo che potrebbe essere oggetto di importanti modifiche.

L’ipotetica riforma
Ci soffermiamo qui sulla definizione delle caratteristiche delle associazioni e società sportive dilettantistiche e del rapporto tra la qualifica di organizzazione sportiva ed Ente del Terzo Settore esaminando in particolare i seguenti aspetti:

  1. chi può assumere la qualifica di ente sportivo dilettantistico?
  2. quali caratteristiche devono avere gli statuti delle ASD e SSD?
  3. quale identità del tesserato?
  4. come si assume la qualifica di ente sportivo dilettantistico?
  5. chi effettua i controlli rispetto alla qualifica di ente sportivo dilettantistico?
  6. quali aspetti attenzionare per le ASD/SSD Enti del Terzo Settore?

 

  1. Chi può assumere la qualifica di ente sportivo dilettantistico?

L’articolo 6 del provvedimento contempla

a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del Codice civile;

b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato;

c) società di cui al libro V, Titolo V, del Codice civile, che disciplina le seguenti tipologie societarie:

  1. società semplice
  2. società in nome collettivo
  3. società in accomandita semplice
  4. società per azioni
  5. società in accomandita per azioni
  6. società a responsabilità limitata

ma non le società cooperative, disciplinate dal Titolo VI. Non è stata pertanto accolta la richiesta di emendare il testo reintroducendo tra le diverse tipologie societarie anche le cooperative anche se non se ne comprende la ratio, rappresentando la forma cooperativa uno strumento naturale di gestione delle attività sportive da parte di soci lavoratori o anche da soci consumatori rappresentati per esempio dai genitori degli atleti.

 

  1. Quali caratteristiche devono avere gli statuti delle ASD e SSD?

Con l’entrata in vigore del Decreto vengono abrogati alcuni commi dell’articolo 90 della Legge 289/2002 ma parte dei relativi contenuti vengono riportati nel testo del nuovo Decreto in diversi articoli.

All’interno degli statuti delle ASD/SSD è necessario indicare:

  1. denominazione,
  2. sede legale,
  3. oggetto sociale con specifico riferimento all'esercizio in via stabile e principale dell'organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica.

Si evidenzia come rispetto alla formulazione dell’articolo 90 della Legge 289/2002 ci sono alcuni aspetti di novità: si parla di “organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistica”, stessa locuzione adottata dal Codice del Terzo Settore nell’individuare questa come attività di interesse generale, e non solo di organizzazione di attività sportive.

La formulazione precedente inoltre includeva espressamente le sole attività didattiche, la nuova formulazione rinvia a concetti più ampli quali “la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica”.

Resta da comprendere se con il passaggio dal Registro CONI al Registro tenuto dal Dipartimento dello sport si possa superare il vincolo introdotto dal Regolamento di funzionamento del Registro che richiedeva il contemporaneo svolgimento delle attività sportive (intese come attività agonistiche/competitive) e delle attività didattiche e se sia possibile pertanto svolgere per gli enti sportivi anche solo una delle attività elencate, situazione che fotograferebbe la realtà del mondo sportivo costellato di organizzazioni che possono limitarsi a promuovere la partecipazione dei soci ad attività competitive (es: ciclismo, motociclismo)e realtà che si limitano alla promozione delle attività didattiche (es: asd che promuovono attività fisica adattata per la terza età).

Il testo inoltre non offre una definizione di formazione, per cui si ipotizza di poter rinviare alla definizione offerta dal Regolamento di funzionamento del Registro CONI come attività “finalizzata alla formazione dei tesserati dell’Organismo sportivo nonché le attività di divulgazione, aperte anche ai non tesserati, relativamente ad argomenti pertinenti la tecnica e l’ordinamento sportivo”. Ci si chiede pertanto se l’introduzione delle attività formative tra le attività tipiche delle ASD/SSD consenta un loro diretto coinvolgimento nella formazione degli operatori sportivi, ricordando che con riferimento ai Direttori di gara viene previsto dal Decreto in esame che “2. Il reclutamento, la formazione e la designazione dei direttori di gara spetta ad articolazioni interne delle Federazioni Sportive Nazionali, delle Disciplina Sportive Associate e degli Enti di Promozione Sportiva, dotate di autonomia operativa” mentre “I tecnici e dirigenti sportivi sono tenuti osservare le norme dettate dal CONI, dal CIO, dal CIP, dal IPC, dalla Federazione internazionale e nazionale o dall'Ente di Promozione Sportiva di appartenenza” e pertanto potrebbero intervenire i relativi statuti e regolamenti per subordinare lo svolgimento dell’attività nel proprio interno al possesso di determinate qualifiche.

Lo statuto dovrà inoltre indicare se si intendono svolgere eventuali attività diverse da quelle sportive, a condizione che tali attività abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti che saranno definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

  1. attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione;
  2. l'assenza di fini di lucro. Questo concetto viene meglio declinato all’articolo 8 dove vengono introdotti elementi di novità rispetto al passato.

Assenza di scopo di lucro significa destinare eventuali utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all'incremento del proprio patrimonio e al contempo non effettuare alcuna distribuzione anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto.

Viene però prevista per le SSD la possibilità di riconoscere al socio il rimborso del capitale effettivamente versato ed eventualmente rivalutato o aumentato nei limiti delle variazioni del FOI (indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall'Istat) per il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti, oppure in misura comunque non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

  1. norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive che assumono la forma societaria per le quali si applicano le disposizioni del Codice civile.

Poiché la disciplina tributaria di favore resta definita dall’art. 148 del Testo unico delle imposte sui redditi, si ritiene che resti vincolante l’introduzione della clausola di intrasferibilità delle quote contemplata dalla disposizione citata come condizione di accesso alle agevolazioni;

  1. obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché indicazione delle modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;
  2. la definizione delle modalità di scioglimento dell'associazione;
  3. l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni.

La Legge 289/2002 introduceva una deroga alle disposizioni citate con riferimento ai gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 31 marzo 2000, n. 78, firmatari di apposite convenzioni con il CONI. Tale delega non viene riportata nel Decreto in commento ma vengono riconosciuti espressamente, all’articolo 2, i Gruppi sportivi delle Forze di Polizia dello Stato e dei Vigili del Fuoco ed i Gruppi sportivi militari della Difesa per cui le caratteristiche di tali Gruppi sportivi potrebbero beneficiare di una disciplina speciale all’interno del Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche istituito presso il Dipartimento per lo sport.

All’interno dello statuto è possibile – alcuni organismi sportivi lo indicano come obbligatorio – disciplinare il tema delle incompatibilità delle cariche, istituto che viene diversamente disciplinato dal Decreto in esame non per le realtà affiliate alle Federazioni e Discipline sportive ma per quelle affiliate agli Enti di promozione sportiva dove l’incompatibilità si configurava solo nel caso in cui il componente l’organo amministrativo facesse parte dell’organo amministrativo di altra ASD/SSD operante “nell'ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva”. Il Decreto Legislativo prevede infatti che “è fatto divieto agli amministratori delle associazioni e società sportive dilettantistiche di ricoprire qualsiasi carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell'ambito della medesima Federazione Sportiva Nazionale, disciplina sportiva associata o Ente di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI” equiparando così gli affiliati ad Enti di promozione sportiva a quelli affiliati a Federazioni e Discipline sportive associate.

 

  1. Quale identità per il tesserato?

In primo luogo, il decreto sembra voler mettere in discussione la possibilità che un tesserato possa essere un non socio.

Non viene offerta una definizione di tesseramento ma avvalendoci della nozione indicata dall’art. 2 del Regolamento di funzionamento del Registro CONI, deve intendersi tale il rapporto esistente fra le persone fisiche (c.d. tesserati) e l’organismo sportivo e prescinde dal vincolo sportivo o da fattispecie giuridiche equipollenti.

La formulazione della norma non appare di immediata lettura, prevedendo che “Con l'atto di tesseramento l'atleta instaura un rapporto associativo con la propria associazione o società sportiva o, nei casi ammessi, con la Federazione Sportiva Nazionale o Disciplina Sportiva Associata”. Da un lato infatti sembra affermarsi la circostanza che al tesserato debbano essere riconosciuti diritti associativi o per il rapporto associativo diretto con l’ASD o SSD o in quanto socio diretto dell’Organismo sportivo affiliante (la norma si è dimenticata di indicare anche gli Enti di promozione sportiva, carenza già segnalata sulla bozza del Decreto anche nel dossier curato dal servizio studi della Camera dei deputati). Dall’altro appare difficile ipotizzare che il praticante l’attività sportiva presso una società di capitali sportiva dilettantistica ne diventi socio, da cui la necessità che l’Organismo sportivo affiliante qualifichi il praticante come proprio socio diretto.

Questo implica la necessità per gli Organismi sportivi di rivedere le proprie procedure di tesseramento per verificarne la congruità rispetto a questa disposizione.

 

  1. Come si assume la qualifica di ente sportivo dilettantistico?

La qualifica di ente sportivo dilettantistico si assume, come oggi, attraverso l’affiliazione ad una Federazione Sportiva Nazionale, Disciplina Sportiva Associata o Ente di Promozione Sportiva e attraverso l’iscrizione nel Registro che non sarà più il Registro CONI ma quello tenuto dal Dipartimento per lo sport, il quale trasmette annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia delle entrate l'elenco delle società e delle associazioni sportive ivi iscritte.

 

  1. Chi effettua i controlli rispetto alla qualifica di ente sportivo dilettantistico?

Il Dipartimento per lo sport, avvalendosi del supporto della società Sport e salute S.p.A.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le norme di coordinamento necessarie al fine di assicurare l'unicità, la completezza, la periodicità e l'efficacia dell'attività ispettiva.

Nel caso in cui si accertino violazioni rispetto ai vincoli qualificanti gli enti sportivi dilettantistici, il Dipartimento per lo sport diffiderà gli organi di amministrazione degli enti dilettantistici a regolarizzare i comportamenti illegittimi entro un congruo termine, comunque non inferiore a venti giorni e nel caso di irregolarità non sanabili o non sanate entro i termini prescritti, il Dipartimento per lo sport procederà a revocare la qualifica di ente dilettantistico.

 

  1. Quali aspetti attenzionare per le ASD/SSD Enti del Terzo Settore?

Il provvedimento rassicura in merito alla possibilità che gli organismi sportivi possano assumere anche la qualifica di enti del terzo settore e di impresa sociale, con il vincolo che in questo caso le norme contemplate nel Decreto in esame siano applicabili solo in quanto compatibili con lo status di ente del terzo settore.

L’assunzione della doppia qualifica consente di partecipare ai percorsi di coprogrammazione e coprogettazione con la Pubblica Amministrazione, anche realizzati di impulso degli stessi Enti del Terzo Settore, di stipulare convenzioni con Pubbliche Amministrazioni ai sensi della Legge 241/1990, di fruire in via stabile di contributi pubblici nonché di garantire ai donatori maggiori agevolazioni fiscali, di accedere – se si assume la qualifica di associazione di promozione sociale – delle agevolazioni fiscali equiparabili a quelle previste per le associazioni sportive dilettantistiche, ivi incluso il regime forfettario di liquidazione delle imposte alternativo a quello disciplinato dalla Legge 398/1991, in ogni caso operativo quanto meno fino al 31/12/2021 .

Il decreto sport introduce alcuni elementi di novità da cui non si può prescindere.

 

Quali attività può svolgere una ASD/SSD che sia anche ETS o impresa sociale?

La scelta della doppia qualifica poteva essere particolarmente appetibile per quelle realtà che promuovono una pluralità di scopo: si pensi alle associazioni sportive dilettantistiche che realizzano anche attività culturali (corsi di musica, canto e teatro) ed educative (come il dopo scuola).

Questo è ovviamente sempre possibile ma il decreto sport introduce il vincolo della secondarietà delle attività diverse da quelle sportive rinviando ad un dpcm attuativo ma senza contemplare una deroga per gli Enti del Terzo Settore rispetto alle attività diverse da quelle sportive che si qualifichino come di interesse generale.

Ne consegue la necessità di verificare che l’attività sportiva risulti comunque l’attività prevalente dell’associazione per poter mantenere la qualifica di ASD, in attesa di esaminare il Decreto attuativo che potrebbe essere redatto sulla scorta di quello previsto per le c.d. attività diverse esercitabili dagli Enti del Terzo Settore (provvedimento non ancora in Gazzetta Ufficiale) e quindi secondarietà legata alla circostanza che i ricavi delle attività diverse dalle sportive non siano alternativamente superiore al 30% delle entrate complessive dell’ETS o al 66% dei costi complessivi dell’ETS, intendendo tali anche i costi figurativi dei volontari (quanto sarebbero costati se fossero stati pagati?), il valore delle erogazioni liberali anche in natura, la differenza tra il costo normale dei beni ed il costo effettivamente sostenuto (es: beni scontati o regalati).

 

Una ASD/ETS può erogare compensi sportivi?

La risposta è sì in quanto non è espressamente vietato dal Codice del Terzo Settore. Se la ASD si qualifica come associazione di promozione sociale (APS) o come organizzazione di volontariato (ODV) si ritiene che i collaboratori che percepiscono i c.d. compensi sportivi non debbano essere computati come lavoratori ai fini del computo del rapporto con i volontari o, nel solo caso delle APS, dei soci atteso che il decreto che disciplina il RUNTS prevede che debbano essere comunicati solo i dati dei dipendenti e/o parasubordinati con apertura di posizione assicurativa (tra i quali non si annoverano neppure le c.d. collaborazioni amministrativo – gestionali che seppur qualificate come collaborazioni coordinate e continuative non sono assoggettate ad oneri assicurativi).

Questa situazione potrebbe mutare con l’entrata in vigore, a partire dal primo luglio 2022, della disciplina del lavoro sportivo contenuta nel decreto sport.

Il provvedimento introduce infatti la nuova disciplina delle prestazioni amatoriali, qualificate come attività di volontariato con riferimento alle quali è possibile riconoscere “premi e compensi occasionali in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive, nonché indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfettari”. L’istituto appare infatti incompatibile con la disciplina degli ETS atteso che l’articolo 17 del Codice nega espressamente il riconoscimento di rimborsi forfettari ai volontari.

Appare in ogni caso prematuro fare valutazioni su un istituto che potrebbe essere emendato e che tra l’altro viene fortemente ridotto nella sua portata non solo economica (la qualifica è subordinata alla circostanza che non si superi il plafond di euro 10.000 complessivi annui, pena la qualificazione del rapporto come di natura professionale con conseguente assolvimento degli oneri previdenziali per l’intero importo) ma anche della platea dei potenziali beneficiari. Si parla infatti di premi e compensi occasionali (quindi si ritiene non continuativi) in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive (quindi di istruttori/allenatori impegnati in attività sportive che implichino necessariamente la partecipazione ad attività competitive/agonistiche con erogazione dell’emolumento condizionata ai risultati agonistici raggiunti), nonché indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfettari (legati quindi alle trasferte). Sugli aspetti lavoristici avremo pertanto tempo di effettuare tutte le valutazioni del caso.

Sulla piattaforma ‘Servizi per le associazioni e le società sportive’ dell’Area Riservata web Uisp 2.0, a cui possono accedere i dirigenti dei sodalizi affiliati, sono tempestivamente pubblicati riferimenti normativi, approfondimenti e circolari sull'emergenza Covid-19 e sugli aspetti gestionali-fiscali di associazioni e società sportive. La comunicazione ripresa in questa pagina è contenuta nella Circolare n. 88/2020-2021. (E.Fr.)